È passato più di un anno da quando Alex Zanardi è caduto vittima di un incidente – l’ennesimo – mentre si allenava con la sua handbike in vista delle Paralimpiadi.
Posticipate di un anno a causa della Pandemia, non vedranno comunque protagonista quello che è senza alcun dubbio il miglior interprete della propria disciplina, nonché uno degli atleti e uomini più amati nel panorama sportivo nazionale e internazionale.
Nel 2008 fu ospite di David Letterman, nel famoso show serale da quest’ultimo ideato e condotto. La puntata fu un unicum nel panorama della stagione, ed ebbe ampia risonanza in tutto il mondo. «Ho avuto in dote un inguaribile ottimismo», ha rivelato con gli occhi lucidi di felicità al conduttore televisivo.
La sua dolcezza, il suo sorriso perenne, il suo strabordante e contagioso buonumore, ne fanno uno dei volti più iconici del panorama sportivo italiano. Per chi conosce la sua storia, la cosa risulta tanto più sconvolgente e miracolosa.
Le origini di Zanardi: la scalata alla Formula 1
Il papà di Alessandro era un idraulico, «un uomo non colto, ma molto intelligente», che ha insegnato al piccolo l’Alex l’arte del duro lavoro, l’importanza del sacrificio e del sudore quotidiani. Quello che Zanardi è stato nello sport, a livello agonistico, lo era il papà a livello lavorativo. Entrambi stacanovisti, entrambi con la passione per la velocità. Che Alessandro sperimenta da piccolissimo, già quando a 13 anni inizia a correre su Kart – una prima tappa obbligata per chi sogna in grande coi motori.
Bolognese, classe 1966, gareggia in Formula 3 vincendo un campionato nel 1990, e arrivando poi alla Formula 3000 sotto il team del Barone Rampante. Un nome che è puramente casuale, ma che descrive benissimo l’animo gentile ma scaltro di Alex.
Dalla fine del 1991, appena un anno dopo, Zanardi inizia a correre in Formula 1. La sua scalata al grande mondo delle corse vale doppio, perché a differenza di tanti piloti già ricchi da piccoli, Alex il percorso lo deve sudare tutto, davvero. Come gli ha insegnato il papà. In Formula 1 prima gareggia col team Jordan, poi con Lotus. Due anni dopo il suo primo terribile incidente durante il Gran Premio del Belgio, ma già un anno dopo torna a correre nel Gran Premio di Spagna.
Quando alla fine dell’anno la Lotus fallisce, Zanardi si ritira dalla Formula 1. Ma non smette di correre, anzi.
Viene infatti assunto come pilota di Formula Kart – una sorta di Formula 1 che oggi si chiama Champ Car. Al capo della sua squadra arrivano alcune voci malfidate. Zanardi è il classico pilota italiano, si dice. Ha grande cuore, ma poca testa. È coraggioso, ma lo è anche troppo.
Eppure Zanardi fa ricredere tutti – ad esclusione del boss, che non aveva ascoltato le malelingue. Nel 1996 arriva secondo, nel 1997 primo. Nel 1998 si ripete. Un triennio straordinario, che lo rilancia nel mondo delle corse.
Alex, nomen omen, parla molto bene l’inglese, e negli Stati Uniti se ne accorgono. Grazie a questo fattore e a quello caratteriale – è un animo modesto e simpatico –, diventa presto un pilota molto conosciuto nel circuito sportivo a stelle e strisce. Il ritorno in Formula 1 è vicinissimo, Alex lo sa.
E infatti nel 1998 torna in pista, ma come nella precedente esperienza i risultati non sono eccezionali. Un incidente a Imola e la stagione del ’99 chiusa con 0 punti lo fanno riflettere sull’addio. Ma Zanardi non vuole saperne di abbandonare le corse.
Lascia la F1 ma torna alla Formula Kart.
L’incidente
La scelta gli risulterà fatale. Il 15 settembre del 2001 a Lausitz, Germania, disputa una delle sue migliori gare di sempre. Dopo una partenza in fondo alla pit lane riesce a recuperare una posizione dopo l’altra, piazzandosi in testa alla gara. Dopo un pit stop, probabilmente troppo posticipato, rientra in pista cercando di non perdere posizioni. Ma a causa di un colpo di acceleratore si ritrova di colpo in mezzo alla pista. Di traverso.
Un primo pilota riesce a schivarlo miracolosamente, ma un altro, il canadese Alex Tagliani, non si accorge dell’auto di Zanardi, e franandogli addosso taglia di netto il muso di quest’ultima. È un incidente terribile. Zanardi perde entrambe le gambe, e quasi ¾ del sangue presente nel suo corpo.
Un miracolo, solo un miracolo dei medici, dopo un primo disperato pronto intervento, riescono a salvargli la vita. Il pilota rimane incosciente per oltre una settimana.
Poi, il risveglio: «Quando mi sono risvegliato senza gambe ho guardato la metà che era rimasta, non la metà che era andata persa». Questo lato di Alex Zanardi non era mai uscito fuori a reti unificate, ma il suo incidente fa il giro del mondo.
Ancora nessuno è in grado di spiegare come abbia fatto a salvarsi. Miracolo dei medici, certamente, miracolo del cielo, pure. «Dico spesso che la vita va amata riempiendola di tentativi e che anche quando ti impone delle difficoltà impreviste, devi continuare e sorridere. È l’unico modo per far accadere le cose». E molte cose, in effetti, accadono dopo l’incidente.
Zanardi decide che le protesi in commercio non lo soddisfano, così disegna da solo un paio di nuove gambe artificiali, con l’obiettivo di tornare a gareggiare. Ci riesce appena due anni dopo l’incidente, nel 2003, proprio sulla pista che nel 2001 lo stava uccidendo. L’auto è una Gran Turismo e la sua era una corsa di prova, ma fosse stata vera gara Alex avrebbe ottenuto il quinto miglior risultato.
Qualcosa però, al di là dei freddi numeri, questa prova lascia. La sensazione, sempre più forte in lui, di poter tornare a sognare. Diventa così un pilota BMW, di cui diventerà ambassador, utilizzando un’auto modificata per poter essere guidata senza gambe. Corre cinque campionati ottenendo diverse vittorie, fino ad annunciare il ritiro.
Una nuova vita, una nuova carriera
Nel 2007 una nuova avventura si affaccia sulla sua straordinaria esistenza: l’handbike, la bicicletta a tre ruote spinta con le braccia. Dopo sole 4 settimane di allenamento, proprio nel 2007, Zanardi arriva quinto alla maratona di New York nella divisione handbike. Un risultato eccezionale, ma a norma dell’uomo.
Zanardi conquisterà 8 titoli mondiali, due medaglie d’oro e una d’argento nella staffetta a squadre miste alle Paralimpiadi di Londra del 2012.
Ai mondiali di Nottwill in Svizzera, vince l’oro in tutte le gare a cui partecipa. Spazza via ogni record anche nella Maratona di Roma, vinta per la quinta volta nel 2016 nella categoria handbike.
Nello stesso anno, per le Olimpiadi di Rio, entra nella storia vincendo un altro oro. «Sono oggi un personaggio strano, un misto tra Padre Pio e Raffaella Carrà», ha dichiarato qualche anno fa.
Zanardi, nel giugno del 2020, era rientrato in BMW. La celebre azienda automobilistica tedesca aveva infatti annunciato il ritorno al volante di Alex per la finale del Campionato Italiano GT serie Endurance a Monza, che si sarebbe tenuto dal 6 all’8 novembre.
L’incidente ha nuovamente fermato tutto. Stavolta probabilmente per sempre. Con Zanardi mai dire mai, ma ora la vera sfida è quella per la sopravvivenza.
Gli auguriamo di non mollare, e sappiamo bene che difficilmente lo farà. Forza Alex, campione eterno.