Compie oggi 49 anni uno dei centri più dominanti della storia dell’Nba, il quattro volte vincitore dell’anello, l’immenso Shaq.
Un cestista devastante, una personalità sopra le righe, una figura amata e odiata dentro e fuori dal campo, Shaquille O’Neal è nel novero dei giocatori immortali del basket americano. 216 cm per 147 kg, l’arrivo di Shaq nella lega più importante al mondo è stato come un tornado che si è abbattuto sulle difese avversarie. O’Neal era un centro nel senso più classico del termine, un fisico enorme che lo rendeva difficilissimo da marcare e da contenere. Abilissimo a giocare in post, tanto da essere paragonato recentemente a Lukaku per la sua abilità nel liberarsi dall’uomo partendo di spalle, le sue schiacciate erano talmente potenti che in qualche occasione ha anche fatto collassare il canestro. Giocatore tra i più vincenti della storia, inserito nella Naismith Basketball Memorial Hall of Fame, è all’ottavo posto nella classifica dei migliori marcatori Nba, 28.596 punti per lui in carriera. L’unico suo tallone d’achille sono sempre stati i tiri liberi, tant’è che gli avversari spesso facevano fallo su di lui per mandarlo in lunetta, e ovviamente i tiri da tre, una cosa normale in un’epoca dove era molto più raro vedere i lunghi mettere dentro triple su triple, come accade oggi. A tal proposito va ricordato come Shaq abbia tentato 22 tiri da tre in tutte le sue 19 stagioni in Nba, segnandone solamente uno. Ma di lui si può anche dire che è sempre stato una star a tutto tondo: ha fatto il rapper, incidendo cinque album, il dj, ha effettuato comparsate in diversi film e anche nel mondo del wrestling, di cui è sempre stato appassionato. Insomma, una storia che merita di essere raccontata, che prende forma a Newark, città statunitense nello Stato del New Jersey a pochi chilometri dalla Grande Mela. La sua storia cestistica non intrecciò mai quella di New York, anche perché si spostò a lungo da piccolo, per via della professione del patrigno. Il padre biologico di Shaq, finito anche in carcere per problemi di droga, cedette la custodia legale del figlio al nuovo compagno della madre, un sergente che portò con sé il ragazzo durante il suo servizio militare.
O’Neal, già un gigante in adolescenza, frequentò le high school in Texas, dove condusse la sua squadra al record di 68 vittorie e una sconfitta. Confermò medie altissime anche nei tre anni alla Louisiana State University, venendo selezionato con la prima chiamata assoluta al draft del 1992 da Orlando, per vestire la maglia dei Magic. Furono anni dominanti quell in Florida, O’Neal fu eletto rookie dell’anno nel ’93, mantenne medie superiori ai 25 punti a partita, diventando il faro della squadra con cui disputò le finali Nba nel 1995, battuta dai Rockets di un altro grande centro, Hakeem Olajuwon. Erano gli anni dei Bulls di Jordan a Est, così Shaq decise di passare ai Los Angeles Lakers nel ’96, una scelta scontata, vista anche la sua ammirazione per il campione gialloviola Magic Johnson e per le enormi opportunità nel mondo dello spettacolo che può dare una città come LA. Il suo arrivo, praticamente contemporaneo alla nascita della stella di Kobe Bryant, fece vivere ai losangelini uno dei periodi più rosei della loro storia. Guidati dal grande Phil Jackson, O’Neal e compagni furono campioni Nba per tre anni consecutivi, tra il 2000 e il 2002, Shaq fu straordinario con i suoi 30 punti di media, venendo eletto Mvp delle finali in tutte le occasioni, e anche miglior giocatore della regular season nel 99/00. Lasciò Los Angeles nel 2004, al termine di un rapporto conflittuale con Bryant, per tornare in Florida, questa volta a Miami, dove promise almeno un titolo agli Heat, guidati fino allora da Dwyane Wade. Detto fatto: dopo la sconfitta in finale al primo anno con i Pistons, arrivò il primo titolo assoluto per Miami nel 2006, dopo il trionfo sui Dallas Mavericks. Shaq a fine carriera giocò anche per Phoenix, Cleveland e Boston, prima di ritirarsi nel 2011. Al suo attivo anche 8 inserimenti nell’All-Nba First Team, 14 convocazioni di fila all’All-Star Game e una medaglia d’oro olimpica, quella vinta con la Nazionale Usa ad Atlanta ’96. Da allora ha mantenuto una certa popolarità grazie al suo ruolo di opinionista e commentatore televisivo, oltre alle tante attività parallele cui si dedica.