Accadde esattamente 63 anni fa una delle pagine più tristi della storia calcistica, il disastro di Monaco che colpì gli allora giovani Red Devils.
Era la squadra più forte di Inghilterra, probabilmente avrebbe potuto diventare una delle migliori della storia, quel Manchester United di metà anni Cinquanta. Non era un periodo facile per i Red Devils e per tutto il Paese, la Seconda Guerra Mondiale era finita da pochi anni, e aveva lasciato macerie ovunque. Il mitico Old Trafford, stadio dello United fin dal 1910, era stato fortemente danneggiato dai bombardamenti tedeschi, tant’è che i rossi dovevano condividere l’impianto con i cugini del City. Proprio nel City aveva giocato Matt Busby, un buon mediano a cavallo delle due guerre, ritiratosi nel ’40 dopo più di 300 presenze in First Division e attuale allenatore dello United. In un contesto non facile in termini di uomini e mezzi, Busby, insieme al fido Jimmy Murphy, responsabile delle giovanili, attinge il più possibile alla Primavera per creare una squadra dall’età media molto bassa, soprannominata proprio questo motivo Busby Babes, i bambini di Busby. La scelta si rivela vincente, dato che oltre a una Fa Cup, nel 1952 lo United diventò campione d’Inghilterra, ripetendosi 41 anni dopo l’ultima volta grazie ai suoi ragazzi. Erano tanti i potenziali grandi campioni di quella squadra, tutti under 30, ma tra tutti spiccavano sicuramente Bobby Charlton, un attaccante che rimarrà nella storia del calcio inglese, e Duncan Edwards, a soli 16 anni e mezzo il suo debutto in prima squadra, centrocampista di grandissima qualità selezionato anche dalla Nazionale poco dopo. Tutto andava per il meglio: nel ’56 lo United vinse di nuovo la First Division, bissando il successo l’anno successivo, in cui debuttò in Coppa dei Campioni, torneo che visse la sua prima edizione nei due anni precedenti. Eliminati dal Real Madrid in semifinale, i Red Devils ci riprovarono la stagione successiva, in cui puntavano nettamente al successo europeo. Erano arrivati di nuovo in semifinale, dopo aver sconfitto la Stella Rossa di Belgrado 2-1 a Manchester, e aver ottenuto un 3-3 in terra slava, doppio risultato che valeva l’ingresso tra le migliori quattro, insieme a Real Madrid, Vasas Budapest e Milan, la prossima sfidante.
La tragedia accadde proprio nel ritorno in Inghilterra dalla trasferta serba. L’Airspeed Ambassador che decollò dall’aeroporto Nikola Tesla di Belgrado, fece scalo a Monaco di Baviera, dove trovò gelo e neve sulla pista a ostacolare la partenza. Il motore sinistro non riusciva a raffreddarsi, così il capitano James Thain decise di accendere il motore il più tardi, compiendo un tratto di pista più lungo del normale. La scelta si rivelò fatale: il ghiaccio fece scivolare l’aereo, che non aveva forza sufficiente per decollare, e andò così a sfondare una recinzione, schiantandosi contro una casa e un camion di pneumatici e carburante, che esplose causando un terribile incendio. Dei 44 passeggeri, 22 non riuscirono a sopravvivere. Quattro membri dell’equipaggio, otto giornalisti, tre membri dello staff della squadra e otto giocatori dello United, tra cui Duncan Edwards, perito due settimane dopo in ospedale. Il portiere Harry Gregg e il futuro capitano Bill Foulkes tornarono nelle fiamme per salvare più persone possibili, gli stessi Busby e Charlton furono salvati dalla morte grazie allo straordinario spirito di abnegazione dei giocatori. Dei giocatori sopravvissuti molti non giocarono più, altri ripresero a giocare a calcio, non scordandosi mai della tragedia passata. Busby rimase più di un anno in ospedale prima di riprendersi, ma lo fece, ricostruendo la squadra proprio sugli ultimi rimasti, Foulkes, Charlton, Gregg. Dopo anni difficili lo United si riprese, anche grazie all’arrivo di campioni assoluti come lo scozzese Dennis Law e il nordirlandese George Best. Rivinta la Fist Division nel ’65 e nel ’67, rimaneva solo un obiettivo per chiudere il cerchio, vincere quella Coppa dei Campioni per dedicarla ai tanti ragazzi rimasti vittime di quell’incidente. Nel 1968 lo United eliminò il Real Madrid in semifinale, prima di sfidare il Benfica all’ultimo atto. La partita finì 1-1 al termine dei tempi regolamentari, ma nell’extra time George Best, Brian Kidd, e proprio Bobby Charlton segnarono le reti che consentirono allo United di vincere la loro prima Champions League. Busby si ritirò pochi anni dopo, rimanendo comunque nei Red Devils e venendo commemorato nella Hall of Fame del calcio inglese otto anni dopo la sua morte, avvenuta nel 2004. Bobby Charlton, Pallone d’oro ’66 e leggenda dello United, oggi ha 84 anni ed è l’unico giocatore sopravvissuto alla tragedia che ha piegato, ma non distrutto, i Busby Babes.