Compie oggi 39 anni Ricardo Izecson dos Santos Leite, per tutti Kakà, uno dei giocatori stranieri più amati dal popolo milanista.
Alla soglia dei 40, Kakà sembra ancora un ragazzino. La sua carriera è stata caratterizzata da questa caratteristica, il suo volto pulito lo ha sempre fatto sembrare più giovane di quanto fosse in realtà, ora come quando di compleanni ne aveva festeggiati la metà. È proprio questo che ha conferito a Kakà quell’alone magico di un bambino che si diverte giocando a pallone, con la fantasia e il tocco tipico dei brasiliani, per cui nulla è impossibile. Era piccolo quando il fratello Digao (anche lui passato al Milan con poca fortuna), gli coniò quel buffo soprannome, perché il nome Ricardo proprio non gli riusciva di pronunciarlo. Talento precoce, asso già al San Paolo, nell’ottobre 2000 scampò la paralisi dopo la frattura della sesta vertebra a seguito di un colpo alla testa. Da quel momento la religione, insieme al calcio, diventarono le cose più importanti della sua vita. Campione del mondo con il Brasile nel 2002, anche se giocò solo una manciata di minuti, Leonardo lo segnalò al Milan che non se lo fece scappare nell’estate dell’anno dopo. I risolini per il suo nome furono ben presto messi a tacere dal “bambino” che in una sola stagione si prese il suo primo Scudetto, facendo sembrare superflua gente come Rui Costa e Rivaldo.
Nei suoi anni con i rossoneri fu fenomenale: è stato soprannominato “Smoking bianco” per la sua eleganza palla al piede, un diamante in una squadra vincente, soprattutto in Europa. Difficile dimenticare le sue prodezze nella Champions del 2007, come la doppietta di Manchester, un anno magico, in cui fu eletto Pallone D’Oro e Fifa World Player. Quando nel 2009 sembrava fosse stato venduto al Manchester City scoppiò una rivolta. Kakà rifiutò il trasferimento, salvo accasarsi sei mesi dopo al Real Madrid dei nuovi Galacticos, i quali spesero 67 milioni di euro per il suo acquisto. Ha vinto molto con i blancos, ma complice un rapporto non idilliaco con Mourinho, non si è mai sentito a casa in Spagna. Il suo cuore è rimasto al Milan, in cui tornò nel 2013, accolto a furor di popolo. Non fu un anno brillante per i rossoneri, ma il brasiliano arrivò a 100 gol con la maglia dei milanesi. Si ritirò poco tempo dopo, dopo il ritorno al San Paolo e l’esperienza americana a Orlando. Attualmente si divide tra la fede e il sogno di una carriera manageriale. Auguri Kakà, il bambino con la faccia d’angelo che fece grande il diavolo.
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