Nato il 19 settembre 1953 senza la mano destra, è stato uno dei protagonisti della Major League di baseball inanellando una serie di record
Spesso lo sport ci regala storie affascinanti. Storie dove con carattere e determinazione l’uomo riesce a superare limiti apparentemente impossibili. E’, questa, la solida base sulla quale poggia la storia di Jim Abbott nato il 19 settembre del 1957 a Flint, nel Michigan, privo della mano destra. Un disagio che non impedì al giovanotto di diventare uno dei giocatori di baseball più apprezzati della storia. Jim Abbott si diplomò alla Flint Central High School in Michigan nella cui squadra di baseball eccelse nel ruolo di lanciatore. Giocò anche a football americano come quarterback (fatto piuttosto insolito per un atleta senza una mano) e portò la sua squadra al campionato nazionale del Michigan. Giocò per tre anni, dal 1985 al 1988, con la squadra dell’università (i Michigan Wolverines) guidata dall’allenatore Bud Middaugh contribuendo ad ottenere due piazzamenti tra le “Big Ten” della National Collegiate Athletic Association. Nel 1987, vinse il Premio “James E. Sullivan” come miglior atleta dilettante negli Stati Uniti, diventando il primo lanciatore a vincere questo premio. Abbott fu nominato portabandiera per gli Stati Uniti ai Giochi Panamericani del 1987 a Indianapolis. Convocato con la nazionale in partenza per le Olimpiadi di Seul, Abbott tornò negli States con la medaglia d’oro al collo e la “firma” messa nella finale vinta col Giappone, grazie al “complete game” messo a segno. Il suo anno d’oro si concluse ai Campionati del Mondo disputati in Italia e con la nomina di “Atleta dell’anno” che gli fu conferito dalla Big Ten Conference. Gli ottimi risultati ottenuti sul diamante lo convinsero a passare professionista: così Jim non disputò l’ultima stagione di baseball universitario e venne scelto 8° assoluto al draft dai California Angels che gli proposero un contratto da 207.000 dollari. Un investimento mirato, quello degli Angels che nel 1989 inserirono Abbott nel roster della prima squadra senza che il giovane potesse “farsi le ossa” nelle Minor League. Jim Abbott diventa così il 15° giocatore della storia ad esordire direttamente nella Major League. Gli Angels chiudono la stagione al terzo posto e non disputano i play off. Ma le performance di Jim Abbott non passano inosservate: il ragazzo del Michigan riceve il premio “Rookie of the Year” nell’ambito della sua squadra. Jim Abbott resta agli Angels dal 1989 al 1992 collezionando il record personale di 47 vittorie e 2 sconfitte. Chiusa la parentesi californiana, nel 1993 Abbott entra a far parte degli Yankees di New York, franchigia con la quale non riesce ad esprimere pienamente il suo potenziale a causa di rapporti non facili con la dirigenza. Ma è a New York che il 4 settembre Abbott piazza una no-hitter che lo catapulta sulla ribalta. L’idillio con New York però non scoppia mai e nel 1995 Jim Abbott passa metà stagione con i Chicago White Sox e l’altra metà tornando in California dagli Angels. Le prestazioni risentono di una stagione travagliata e per la prima volta Jim viene escluso dalla prima squadra e va a lanciare nelle Minor League. E’ solo l’inizio di una parabola discendente perché gli Angels interrompono il contratto col giocatore che compie 29 anni e si trova senza squadra, cosa mai accaduta prima. Jim Abbott cerca allora fortuna nelle Minor League dove gioca solo 18 partite con la maglia dei Chicago White Sox che gli offrono un posto in prima squadra. Abbott viene schierato in cinque occasioni, i White Sox vincono sempre, ma Chicago non se la sente di confermare il giocatore che entra nelle mire dei Milwaukee Brewers. E’ il 1999 e per la prima volta in carriera, Jim Abbott si trova nel box di battuta perché i Brewers partecipano alla National League Central, lega che ha regole diverse. Tra queste c’è quella che non prevede la figura del battitore designato. Abbott non si scoraggia, Anzi: il 15 giugno del 1999, 50 anni dopo Pete Gray, diventerà il primo battitore senza una mano a segnare una valida nel corso di una partita della Major League. Exploit che serve a ben poco: nemmeno Milwaukee se la sente di scommettere su Abbott che decide così di appendere il guantone al chiodo. Nel 2007, Abbott entrò nella National College Baseball Hall of Fame , premio per il prezioso contributo dato all’Università del Michigan.