Compie oggi 53 anni l’ex cestista serbo, uno dei primi giocatori europei a sfondare in una Nba decisamente meno multiculturale di adesso.
Sedici anni in Nba. Era davvero difficile per un giocatore non americano sfondare nella massima lega statunitense, composta per la sua quasi totalità da giocatori autoctoni. E invece Vlade Divac divenne un punto di riferimento in tutte le squadre in cui ha giocato, tanto da essere inserito nella Naismith Hall of Fame. Dotato fin da bambino di un fisico imponente, abbondantemente sopra i due metri e dieci di altezza, Divac era un centro con una visione di gioco non comune, chiaramente devastante al ferro, ma anche in grado di dispensare ottimi assist ai compagni, una guardia nel corpo di un centro. La sua carriera, in cui non ha mai vinto un anello ma ha trionfato spesso con la sua Nazionale, è legata anche a episodi storici, come il rapporto di amore-odio con il compianto Petrovic e lo scambio con l’allora liceale Kobe Bryant. Ma riavvolgiamo i fili, partendo 3 febbraio 1968, il giorno in cui Vlade nasce a Prijepolje, nella Serbia occidentale, allora Jugoslavia. Come detto, difficile non sfruttare un fisico così strutturato in uno sport che più di tutti lo esalta, ovvero la pallacanestro. Dopo i suoi inizi nelle squadre minori, arriva la chiamata del Partizan Belgrado, una delle squadre maggiori dell’immenso Stato. Qua si toglie le sue prime soddisfazioni, soprattutto a livello internazionale, ottenendo un argento ai Giochi Olimpici del 1988, sconfitta in finale contro l’Unione Sovietica, e un oro agli Europei del ’89 e del ’91, oltre che ai Mondiali in Argentina del 1990. La finale, vinta questa volta contro l’Urss, verrà appunto ricordata per il rigetto con cui Divac tratta una bandiera croata che gli viene mostrata durante i festeggiamenti, episodio che macchierà per sempre il rapporto con Petrovic, guardia di origine croata con cui aveva, fin lì, avuto un ottimo rapporto, arrivando anche insieme nell’olimpo dell’Nba, ma che non sarà mai perdonato dal diavolo di Sebenico, scomparso nel ’93 in un incidente stradale. Uno dei più grandi rimpianti di Divac, come dichiarato nel documentario “Once Brothers” dedicato al loro rapporto, è quello di non esser mai riuscito a riappacificarsi con il suo ex amico.
Tornando al campo, nel 1989 viene chiamato dai Los Angeles Lakers con la ventiseiesima scelta assoluta al Draft. I gialloviola sono squadra di valore assoluto, ma non hanno più il fuoriclasse Kareem Abdul-Jabbar, uno dei migliori centri della storia del gioco, ritiratosi e sostituito proprio da Divac. Nonostante le critiche per il suo cadere a terra un po’ troppo facilmente, il serbo lega bene con l’ambiente e in particolar modo con Magic Johnson, giungendo, al secondo anno, anche alle Finali, dove i Chicago Bulls di Michael Jordan vincono il primo dei sei titoli consecutivi. Con l’addio di Magic, per la sua positività all’Hiv, e dell’altra colonna James Worthy, i Lakers non riusciranno a ripetersi negli anni successivi, tanto da fallire anche l’accesso ai playoff nel ’94, un fatto mai accaduto nei dieci anni precedenti. Divac comunque cresce, diventa fondamentale per la squadra, di cui è anche il miglior realizzatore, seppur mantenendo sempre una media intorno ai 15 punti a partita. Neanche il ritorno di Johson rivitalizza i losangelini, e così, con l’obiettivo dichiarato di portare Shaquille O’Neal nella città delle stelle, Divac viene mandato agli Charlotte Hornets, in cambio dei diritti su Kobe Bryant. Una mossa folle, da senza cervello, dichiarerà Vlade, chiaramente non potendo sapere di ciò che Kobe sarà in futuro, ma comprensibilmente arrabbiato per essere stato scambiato con un liceale. Con gli Hornets vive una buona stagione, 54 vittorie nel 96/97, ma un’eliminazione al primo turno dei playoff spegne tutto l’entusiasmo. Difatti la sua esperienze in Nord Carolina dura poco, perché nel ’98 torna in California, questa a Sacramento, con la maglia dei Kings. Sicuramente un grande periodo della sua carriera: raggiunta la piena maturità cestistica, il serbo giocherà da titolare tutti i suoi anni in viola, insieme a campioni quali Stojakovic e Webber. Presenza fissa ai playoff, il grande rimpianto è del 2002, quando i Kings, in vantaggio 3-2 nella serie, vengono eliminati in gara 7 dai Lakers di Bryant e O’Neal, in una serie di partite ancora adesso ricordate per l’intensità dei loro protagonisti. Dopo un breve ritorno ai Lakers, Divac lascerà il basket giocato nel 2005, 16 anni dopo il suo arrivo in America. Oltre ad essere stato Presidente del Comitato Olimpico Serbo dal 2009 al 2017, è entrato a far parte dei Kings come vice presidente e general manager, guidandone le operazioni fino al 14 agosto 2020, giorno in cui ha lasciato il suo posto a Joe Dumars.