Compie oggi 61 anni il direttore di gara celebrato come il migliore della storia del calcio dalla storica rivista France Football nel 2020.
Pierluigi Collina è uno dei pochi arbitri la cui fama supera anche quella dei calciatori stessi. In un ruolo in campo in cui è convinzione comune che bisogna farsi notare il meno possibile, Collina si è invece fatto apprezzare per bravura, fermezza e decisione con cui sapeva sempre tenere in pugno il match, indifferentemente dalla categoria in cui arbitrava. Che fosse Champions League o Serie B poco importava al fischietto di Bologna, sempre preciso e puntuale nel dirigere al meglio la gara. Una capacità riconosciuta da tutti, soprattutto dall’Iffhs, l’istituto di storia e statistica sul calcio, che lo ha eletto miglior arbitro dell’anno tra il ’98 e il 2005, i suoi anni d’oro. Eppure la carriera di Collina ha rischiato di non partire proprio, a causa del suo problema tricologico, trasformatosi poi in un tratto distintivo. Nato il 13 febbraio 1960 a Bologna, cresce nel capoluogo emiliano con una grande passione per il basket, in particolare per la Fortitudo, squadra che divide la fede dei cittadini con la Virtus. Ha iniziato ad arbitrare a 17 anni iscrivendosi alla sezione Aia della sua città, continuando nel frattempo a studiare. Nel 1984 si laurea in Economia e Commercio con 110 e lode all’Università di Bologna, una grande gioia in un’annata in cui deve fare i conti con l’arrivo dell’alopecia, una malattia che in neanche un mese gli porta via tutti i capelli, a 24 anni. Una condizione che viene notata dai dirigenti dell’Aia, i quali sono preoccupati del come potrebbe reagire il pubblico a un arbitro così giovane senza capelli. L’anno dopo dirige Latina – Spes, partita dell’allora interregionale, e come facilmente prevedibile, il pubblico non diede particolare attenzione alla testa calva di Collina, diventata poi il particolare più riconoscibile, insieme ai suoi occhi di ghiaccio, dell’arbitro bolognese. Lo stesso Collina afferma di ricordare quella partita molto più di altre, soffermandosi su come fosse assurdo che il suo futuro in questo mondo potesse dipendere da quello più che dalle sue effettive qualità.
Dopo tre anni tra C1 e C2, venne promosso in Serie A nel 1991, anno in cui si trasferì a Viareggio per esercitare la professione di consulente finanziario. Durante la sua prima partita, un Verona – Ascoli terminato 1-0, mostrò il rosso al bianconero Piscedda, mostrando subito carattere. Collina bruciò le tappe, tant’è che nel ’94 era già diventato internazionale. Ormai al top della Serie A, arbitrò la finale Argentina – Nigeria dei Giochi Olimpici ’96, e la finale di Champions League del ’99 tra Bayern e Manchester United, con la clamorosa rimonta dei Red Devils nei minuti di recupero. Nel 2000 l’episodio più controverso della sua carriera: la decisione di sospendere per 71 minuti, e poi far ripartire, Juventus – Perugia, partita decisiva per lo Scudetto, vinto poi dalla Lazio a causa del gol di Calori che decretò la sconfitta dei bianconeri. Una decisione sempre difesa da Collina, che ha sempre sostenuto come, nonostante il nubifragio abbattutosi sulla città umbra, all’epoca la decisione di giocare fu condivisa da tutti. Nello stesso anno subì una dura contestazione anche da stampa e tifosi della Repubblica Ceca, contro la quale Collina fischiò un rigore contro nel match di Euro 2000 contro l’Olanda. I giornali gli attribuirono una sgradevole somiglianza con Mussolini, i tifosi furono più ironici, indossando maschere con le sue fattezze nel match successivo. Un’ultima grande soddisfazione della sua carriera fu quella di arbitrare la finale del Mondiale 2002, in cui una doppietta di Ronaldo piegò la Germania dando il quinto titolo assoluto al Brasile. Si ritirò polemicamente nel 2005, a seguito di alcune critiche rivoltegli per aver firmato un contratto di sponsorizzazione con la Opel, allora presente sulle maglie dei giocatori del Milan. La carriera di Collina post-ritiro continuerà comunque alla grande, dal 2010 al 2018 è stato infatti il responsabile della commissione arbitrale dell’Uefa, compito di grande responsabilità che lui ha, come sempre, svolto al meglio. Decisione, fermezza, correttezza, rispetto: questi sono i valori con cui Pierluigi Collina ha costruito una vita e una carriera di successo, con buona pace della calvizie.