Nel giorno della vigilia di Natale compie 46 anni il Matador Salas, il miglior attaccante cileno della storia, protagonista in Italia con la Lazio.
Marcelo Salas, negli anni ’90, è stato indicato dall’IFFHS, l’istituto di storia e statistica sul calcio, come il miglior attaccante sudamericano del decennio, dopo Ronaldo e Romario. È vero che, a differenza dei due, si sono perse un po’ le tracce di lui, ma Salas è stato un attaccante di cui vale la pena ricordare le sue gesta. Seconda punta sgusciante, alto poco più di un metro e settanta, faceva dell’opportunismo e degli inserimenti la sua arma migliore. Il suo soprannome richiama proprio la sua freddezza sottoporta, tipica di quella del torero nella corrida, da cui ha preso il suo modo di esultare, il celebre inchino con l’indice rivolto verso il cielo. Salas, nato a Temuco, nel sud del Cile nel 1974, inizia a giocare a calcio nel club della sua città, fino a quando, per compiere il salto di qualità, il padre lo porta nella capitale Santiago, dove si aggrega all’Universidad de Chile, una delle Società più antiche e titolate del Paese. Il suo apporto di 76 gol in 126 partite aiuta la squadra a conquistare due campionati consecutivi, spianando la strada per una nuova avventura più competitiva. Nel 1996 passa al River Plate, storico club di Buenos Aires, dove esplode definitivamente. Rimane solo due anni con la maglia dei millonarios, ma entra definitivamente nei cuori dei tifosi biancorossi per la sua grinta, con cui porta la squadra a vincere Apertura ’96, Clausura ’96 e Apertura ’97. Proprio quell’anno fu nominato calciatore sudamericano dell’anno, precedendo in classifica molti dei suoi compagni del River. Insomma, era tutto pronto per poter sbarcare in Europa, la culla del calcio, e l’occasione la coglie la Lazio, squadra in rampa di lancio grazie agli investimenti del Presidente Cragnotti. Salas viene acquistato per più di 20 milioni di Dollari nel gennaio del 1998, ma non può aggregarsi subito ai biancocelesti, lo farà in estate, anche perché prima c’è il Mondiale in Francia.
I cileni arrivano ai Mondiali molto agguerriti, forti di una coppia d’attacco che, oltre a Salas, è formata da Zamorano, in forza all’Inter. Oltretutto i biancorossi sono nel girone dell’Italia, e proprio una doppietta del Matador blocca gli Azzurri sul pareggio nel match d’esordio. Salas segna anche contro l’Austria, la squadra pareggia tre partite e passa agli ottavi contro un Brasile troppo forte, che vince 4-1. In ogni caso, Salas si presenta carico a mille per la sua avventura italiana. Il primo anno regge praticamente da solo il peso dell’attacco laziale almeno nel girone d’andata, dato che il bomber Christian Vieri si infortuna subito e salta dodici partite. Annata amara per i biancocelesti: a +7 sul Milan a sette partite dalla fine, perderanno il campionato di un punto, nonostante la doppietta di Marcelo all’ultima giornata. Contribuisce in ogni caso, con 4 reti, alla vittoria dell’ultima Coppa delle Coppe, abolita dopo quella stagione. La stagione successiva va’ ancora meglio: nonostante la partenza di Vieri, la Lazio compie una straordinaria rimonta sulla Juve, andando a vincere il suo secondo e ultimo Scudetto, per ora, approfittando del nubifragio di Perugia. Nell’estate 2000 l’arrivo di Crespo e Lopez chiudono lo spazio a Salas, che gioca meno, ma riesce a comunque a realizzare 7 reti. In totale sono 49 con la maglia dei capitolini, con cui vince due Supercoppe Italiane, una Coppa Italia e una Supercoppa Europea, decisa da un suo gol contro il Manchester United. Nell’estate 2001 passa a sorpresa proprio alla Juventus, che lo paga ben 55 miliardi di Lire. In bianconero Salas vince due Scudetti, ma lascia ben poche tracce di sè, segnando appena 4 gol in due anni, complice anche un brutto infortunio con interessamento dei legamenti. Si ritira nel 2008, dopo aver fatto ritorno ai due club del suo continente, il River Plate e l’Universidad de Chile. Tuttora, è diventato Presidente e Direttore Sportivo del Deportes Temuco, la squadra della città in cui è nato e cresciuto calcisticamente, dando inizio alla storia del Matador che si inchinava dopo ogni gol.