Compie oggi 36 anni Lebron James, il Prescelto, volto dell’NBA, cestista fenomenale e atleta già immortale per ciò che ha fatto sul campo.
Se c’è una persona che non si cura del peso dell’età, è proprio Lebron James. Gli anni passano, ma LBJ è sempre dominante, ogni sera in campo, con i suoi numeri, le sue schiacciate, le sue invenzioni. Una storia straordinaria di un uomo nato dal nulla e arrivato ad essere tra i più grandi non solo del basket, ma dello sport in generale, un atleta che, sicuramente, verrà ricordato per generazioni e generazioni. Nasce ad Akron, nell’Ohio, nel 1984, alla periferia dell’America, in una città famosa, prima di lui, solo per l’industria pneumatica. Il contesto non è facile, Lebron cresce con la mamma, dato che del padre non sa neanche il nome, scappato dopo aver messo incinta la donna e tuttora sconosciuto. Come accade spesso in questi casi, il basket salva la vita di un ragazzo venuto su in un contesto povero di occasioni. Lebron però non è come tutti gli altri. Mentre frequenta la high school, il suo nome è già conosciuto da tutto l’America, dato che mantiene medie altissime per un teenager, guidando i suoi e ricevendo diversi riconoscimenti come miglior giocatore dell’Ohio. Nel 2003, a 18 anni, senza neanche fare il college, si rende eleggibile per il draft di quell’anno, a cui arriva da superstar assoluta. Il destino ci mette lo zampino: la prima scelta è dei Cleveland Cavaliers, franchigia che mai aveva vinto un titolo prima d’ora, in una città anche abbastanza sfortunata per quanto riguarda lo sport in generale, che finalmente aveva trovato il suo condottiero, il figlio della sua terra, chiamato con la prima scelta. James è inarrestabile: nel suo primo anno raggiunge già i 21 punti di media, cifra a cui mai andrà sotto in carriera. Schierato come ala piccola, in realtà la sua abilità gli consente di coprire tutti i ruoli del campo. Vince il premio di rookie dell’anno, e dopo due stagioni senza playoff, nel 2006 arriva a 31 punti di media, trascinando i Cavaliers alla post-season. È la prima serie, di 13 consecutive, che Lebron gioca, e la affronta come se fosse un veterano, guidando i suoi fino alla semifinale, eliminati dai Pistons. L’anno successivo va ancora meglio: Cleveland è alle Finals per la prima volta nella sua storia, ma la favola si scontra con la dura realtà: San Antonio è troppo forte, e vince 4-0.
Nei tre anni dopo, dal 2007 al 2010, James sarà due volte l’MVP della regular season, senza riuscire, però, a riportare i Cavs alle Finals. Dopo sette anni con Cleveland Lebron diventa free agent, e decide, nell’estate del 2010 di traslocare a Miami. “The decision”, la decisione, trasmessa in diretta nazionale, provoca grande malumore e rabbia tra i tifosi dei Cavs, che considerano Lebron un traditore, andato via per la gloria personale, in una squadra nettamente favorita. In Florida, con Wade e Bosh, Lebron forma i big three, e i successi non tardano ad arrivare: 4 Finals consecutive, vinte le due in mezzo contro Oklahoma e San Antonio, due volte MVP della regular season, due volte MVP delle finali. LBJ a Miami ha coronato il suo sogno, ma non è soddisfatto. Vuole riprovare, da uomo ormai maturo, a centrare l’obiettivo fallito anni prima: vincere un titolo con i Cavs. Il suo ritorno a Cleveland nel 2014 viene festeggiato come una festa nazionale, con Irving e Love, la squadra può puntare al titolo. Tuttavia a Ovest ci sono i fortissimi Golden State Warriors, guidati da Curry, Thompson, Green, e successivamente anche da Durant. La stagione diventa un corollario delle Finals: Cleveland e Golden State si fronteggiano per 4 anni di fila, con i californiani che vincono nel 2015, 2017 e 2018. Ma nel 2016, l’incredibile accade. I Warriors sono avanti 3-1, nessuna squadra ha mai vinto una serie con questo svantaggio. I Cavs riescono a pareggiare, e si presentano in gara 7 a Oakland contro un’arena ostile. La stoppata di James su Iguodala a due dalla fine diventa iconica, così come i 27 punti che consentono ai Cavaliers di ribaltare la serie, e di vincere il loro primo titolo della storia. “Cleveland, this is for you!”, urla James commosso in camera, in un momento già leggendario. Nel 2018 il quadriennale da 154 milioni che lo lega a Los Angeles, sponda Lakers, per 4 anni, probabilmente gli ultimi. In una prima annata problematica, Lebron non centra i playoff per la prima volta dal 2005, il secondo anno, pur in una stagione scombussolata dal Covid, King James riporta il titolo ai losangelini, nell’anno della scomparsa di Kobe Bryant. 13 volte nell’NBA first team, due ori olimpici, terzo miglior marcatore di sempre nella stagione regolare: uno dei più grandi, se non il più grande, che il basket abbia mai avuto.