Compie 39 anni oggi il miglior marcatore e assistman di sempre nella storia dei Miami Heat, il tre volte campione Nba Dwyane Wade.
In principio fu Flash. Un suono, un’immagine che più di tutte evoca la velocità, la rapidità con cui Wade fulminava gli avversari, lasciandoli sul posto. Un soprannome che lo stesso Dwyane non ha mai amato particolarmente, tuttavia perfettamente calzante per il tipo di giocatore che è stato. Una guardia tiratrice che faceva del dinamismo e dell’esplosività le sue doti migliori, oltre a una grande efficacia al ferro che gli ha consentito di mantenere una media intorno ai 20 punti a partita per tutto l’arco della sua carriera. La sua storia inizia in maniera difficile, per usare un eufemismo: nato nella South Side di Chicago, zona nota per il proliferare della microcriminalità e della violenza tipica delle gang da strada, Wade ha solo quattro mesi quando i suoi genitori si separano. I primi anni di vita li vive con la madre, la quale però, entrata nella spirale della droga, è spesso in prigione, non riuscendo a dare una prospettiva ai suoi figli. La sorella Tragil , fondamentale per la crescita del ragazzo, lo inizia a una nuova vita insieme al padre e alla matrigna, all’età di nove anni. Wade si dedica allo sport, al football e al basket, allenandosi con grande impegno e disciplina, in un periodo in cui Chicago era il centro del basket mondiale, visti i successi dei Bulls di Jordan. Arrivato al college, iniziò a farsi un nome, tanto che il secondo anno fu inserito nel quintetto ideale All-American. Era il momento del grande passo, e nel 2003, in uno dei draft più ricchi di talento della storia, Wade venne scelto da Miami con la quinta scelta, dopo fenomeni come Lebron James, Carmelo Anthony e Chris Bosh. Già il primo anno guadagna l’attenzione di tutti, il suo è un vero e proprio debutto col botto, dato che riesce a portare la franchigia della Florida grazie ai suoi 16 punti a partita di media, venendo inserito anche nel First Team dei Rookie a fine stagione.
L’arrivo di Shaquille O’Neal, il più forte centro della lega, cambia la sua storia e quella di Miami. Anzitutto fu Shaq a soprannominarlo Flash, e dopotutto i due dimostrarono una grande chimica in campo, grazie al quale gli Heat arrivarono fino alle finali di Conference, dove vennero eliminati dai Pistons. Era solo questione di tempo: nel 2005-2006 Wade fece una stagione straordinaria, e in coppia con O’Neal riuscì a portare il primo titolo in Florida, grazie al 4-2 nella serie finale contro i Dallas Mavericks, in cui Dwyane vinse il titolo di Mvp. Seguirono anni di transizione per gli Heat, in cui la squadra uscì sempre al primo turno dei playoff, mentre Wade era diventato a tutti gli effetti l’uomo-franchigia, essendo anche il miglior marcatore Nba nel 2009 con 30,2 punti di media. Nel 2010 arrivarono agli Heat Lebron James e Chris Bosh, e i Big Three dominarono la lega. Calarono le medie di Wade, ma quattro Finals di fila, di cui due vinte, valgono bene il sacrificio. Diventato tre volte campione della lega, Wade lascia Miami nel 2016, dopo 13 anni, solo per andare ai Bulls, una scelta di cuore. Il figlio di Chicago finalmente vestiva la maglia dei tori, e per quanto questa parentesi sia durata solo un anno, è stata comunque un’esperienza positiva quella con la squadra dell’Illinois. Dopo un altro singolo anno ai Cleveland Cavaliers, di nuovo in coppia con Lebron James, le ultime due stagioni della sua carriera Wade le ha vissute di nuovo in maglia Heat, ritornando nella squadra che gli ha dato tutto a livello cestistico e non solo. Chiaramente non è più titolare e non ha più l’esplosività di una volta, ma Dwyane dà comunque un grosso contributo, chiudendo la sua ultima da pro’ con 15 punti di media dalla panchina e con una tripla doppia nella sua ultima partita, giocata il 10 aprile 2019 contro i Brooklyn Nets, prima di ritirarsi definitivamente a 37 anni. Dwyane Wade, dal nulla al tetto del mondo, un’altra meravigliosa storia della palla a spicchi.