Nel giorno dei suoi 54 anni tutti sperano che il campione bolognese si riprenda il più presto possibile grazie alla forza che lo contraddistingue.
Resilienza. È una delle parole che si sente di più negli ultimi anni, ma a volte viene erroneamente considerata come un sinonimo di “resistenza”. In realtà resilienza significa letteralmente “autoripararsi dopo un danno”, e chi se non Zanardi può impersonificare al meglio questo concetto. In poco più di mezzo secolo Alex ha già vissuto ben più di una vita, quella che tocca ai comuni mortali, vincendo sempre la sua partita, come tutti speriamo faccia anche questa volta. Non potrà festeggiare il suo compleanno oggi, ma sicuramente starà lottando come da quattro mesi a questa parte, nonostante rimanga in terapia intensiva all’Ospedale San Raffaele di Milano. I suoi amati motori gli hanno dato tutto, ma gli hanno anche posto davanti le sfide più difficili della sua vita. Alex scelse questo mondo con smisurata passione nonostante a soli 13 anni sua sorella perì, proprio in un incidente stradale. Iniziò a guidare i kart quando era ancora un adolescente, ma quello che all’inizio fu semplicemente un regalo del padre, si trasformò presto in un mezzo con cui Zanardi vinceva corse sui circuiti prima italiani e poi mondiali. Dopo aver impressionato gli addetti ai lavori, decise di passare alle macchine, dove mantenne la competitività, e dopo un paio d’anni in Formula 3000 arrivò nel circus della Formula 1. L’esperienza in questo campo maturata a inizio anni ’90 non riservò però molte gioie: in un anno con la Jordan, uno con la Minardi e due con la Lotus riuscì a conquistare un solo punto al Gran Premio del Brasile 1993, correndo sempre però con macchine non di primo piano. Rimasto senza contratto non si diede per vinto, e decise di correre in Formula CART, campionato automobilistico basato negli Stati Uniti d’America. Qui si laureò campione per due volte consecutive, e continuò le corse anche dopo un ultimo fugace ritorno in F1 con la Williams. È proprio nella CART che il 15 settembre 2001 successe l’episodio che gli cambiò la vita. Sul circuito del Lausitzring, in Germania, Zanardi era primo quando uscì dai box dopo aver effettuato l’ultima sosta. Appena uscito però qualcosa andò storto, sostanze liquide sulla pista fecero andare in testacoda l’auto di Alex, centrata poco dopo in pieno dalla vettura di Alex Tagliani. Da lì il buio.
In molti pensarono che tutto fosse finito lì. Il colpo fu talmente forte che i medici dovettero immediatamente amputargli le gambe. Il cappellano preposto gli diede l’estrema unzione. La situazione era effettivamente disperata. Alex rischiò di morire dissanguato, ma venne portato immediatamente all’Ospedale di Berlino, dove iniziò il suo ricovero. Ha subito sette arresti cardiaci e dovuto affrontare più di quindici operazioni, ma ce l’ha fatta. Dopo neanche due mesi era fuori dall’ospedale per ricominciare a vivere e a stupire il mondo. Nel 2005 tornò a correre con una macchina appositamente modificata, e non aveva alcuna intenzione di fare il comprimario, anzi, voleva continuare a primeggiare, come ha sempre fatto. E come farà in handbike, lo sport che gli ha dato la sua grande occasione di riscatto. Dodici ori mondiale, cinque argenti e un bronzo, c’è bisogno di aggiungere altro? A cui vanno aggiunti i due ori e l’argento alle Olimpiadi di Londra 2012, replicati poi ai giochi di Rio 2016. Mentre il mondo lo guardava meravigliato, Alex continuava ad andare come un fulmine, come quando era un ragazzino. Anche a 50 anni ha dimostrato a tutti quanto è importante prendere in mano la propria vinta e non darsi mai per vinti, anche quando ti è stata già dato l’ultimo saluto. Quattro mesi fa, nei pressi di Pienza, uno scontro con un camion ha messo di nuovo in serio pericolo la vita di Zanardi. Anche allora la situazione sembrava irrimediabilmente compromessa. Ma il coma farmacologico e le operazioni non hanno ancora fiaccato la voglia di Zanardi di tornare e di autoripararsi. Anche questa volta tutti speriamo che la sua resilienza sia decisiva.