Oggi ci lasciava l’uomo che diventò un simbolo per la sua vittoria correndo scalzo nella maratona alle Olimpiadi di Roma 1960.
Ci sono immagini che rimangono per sempre nella memoria. Immagini che travalicano anche l’aspetto sportivo, giungendo cristallizzati nella memoria collettiva. Abebe Bikila che taglia il traguardo scalzo, al termine della maratona di Roma, è una di quelle. È stato un momento storico, commemorato dalla capitale italiana con una targa nei pressi del Palatino e una strada a lui dedicata. Una storia particolare quella che intrecciò la vita di Bikila con il trionfo nel nostro Paese, che iniziò molti anni prima. Bikila nacque nel 1932, a Jato, un Paese nella tortuosa regione dell’Amara, dominata dagli oltre 4000 metri del monte Ras Dascian. Al momento della sua nascita l’Etiopia è un impero guidato dal negus Hailé Selassié, in carica da due anni, e destinato a un lungo periodo di potere. Questo periodo si interruppe bruscamente nel 1936, quando l’Italia fascista invase il Paese, per ampliare il proprio dominio sull’Africa, conquistando quegli importanti terreni situati nella parte orientale del continente nero. Selassié decise di esiliare in Gran Bretagna, e Bikila crebbe con la bandiera italiana a sventolare nel cuore della capitale, Addis Abeba. Dopo lo scoppio della Guerra nel ’39, furono proprio i britannici nel ’41 a riconquistare l’Etiopia, riconsegnando il trono al negus, che non si schioderà dalla sua postazione per più di trent’anni. Bikila ebbe la possibilità di mostrare al mondo le sue doti di atleta grazie anche al fatto che, oltre che agente di polizia, era anche la guardia personale di Hailé Selassié, situazione che gli permise di essere selezionato tra i dieci partecipanti, tutti uomini, in partenza per Roma 1960. La città capitolina ottenne l’assegnazione dei Giochi cinque anni prima, superando al ballottaggio la svizzera Losanna. Fu una grande occasione per Roma, all’inizio del decennio che diede il via al boom economico italiano. Fu anche la prima Olimpiade moderna in Italia, dopo che la stessa Roma rinunciò ai Giochi del 1908, e anche l’ultima ad oggi, visto che l’ultima volta che la fiamma è venuta nel nostro Paese è stato nel 2006, per i Giochi invernali di Torino.
Fu un’Olimpiade caratterizzata da tanti campioni e campionesse: Cassius Clay, il futuro Muhammad Ali, vinse l’oro nei mediomassimi, Wilma Rudolph, la gazzella nera, trionfò sulla velocità nonostante sia stata colpita da giovane dalla poliomielite, Larisa Latynina arrivò sei volte sul podio nella ginnastica, vero simbolo del dominio dell’Unione Sovietica in quei Giochi. L’Italia arrivò terza nel medagliere, sotto solo alle due potenze URSS e USA, trionfando in larga parte nella scherma, nella boxe, nel ciclismo e nell’equitazione. Le sorprese più grandi arrivarono però dall’oro del Settebello nella pallanuoto e dal successo di Livio Berruti nei 200 metri piani, primo europeo a farcela. Tutti questi eventi accaddero prima della maratona, che come di consueto andò a chiudere le Olimpiadi il 10 settembre 1960, sedici giorni dopo il loro inizio. La corsa di 42,195 km sarebbe terminata all’Arco di Costantino, e non allo Stadio Olimpico, scelta rivoluzionaria degli organizzatori. Bikila è fondamentalmente uno sconosciuto, è solo alla sua terza maratona, e desta curiosità il suo correre scalzo, su cui negli anni si plasmarono diverse leggende metropolitane, quando fu una precisa scelta tecnica concordata con il suo allenatore Niskanen. Dopo un inzio in gruppo, l’atleta etiope al quindicesimo kilometro iniziò a scattare, e si lasciò dietro prima tutti gli altri, poi anche il marocchino Abdesselam, giunto poi secondo. Abeba taglia il traguardo all’Arco di Costantino in 2 ore, 15 minuti e 16 secondi, record olimpico e primo oro nella storia africana, un’immagine fortissima di rivalsa del continente nero dopo anni di colonialismo europeo, non ultimo quello appunto dell’Italia sul suo Paese. Bikila emozionò il mondo tagliando il traguardo senza scarpe, in un momento consegnato alla storia. Abebe conquisterà l’oro olimpico anche a Tokyo ’64 con record mondiale annesso, ma nel ’69 rimase vittima di un incidente che lo paralzzerà dalla vita in giù. Continuò comunque a praticare sport, ma il 25 ottobre 1973, quarantasette anni fa, dovette arrendersi a un’emorragia cerebrale. Due anni dopo cadde anche l’impero etiope, con Selassié che venne ucciso a seguito di un colpo di Stato. Si chiudeva così una pagina importante della storia d’Etiopia, una nazione che dopo anni di invasione fu portata sul tetto del mondo per la prima volta da un fantastico corridore scalzo.