Il 10 settembre 2000 Michael Schumacher trionfava a Monza con la Ferrari raggiungendo Senna a 41 GP vinti. Poche settimane dopo si laureava campione
E’ il 10 settembre del 2000. L’Italia intera si colora di rosso come succede tutte le volte che le monoposto della Formula Uno arrivano a Monza per disputare il Gran Premio d’Italia. Il campione finlandese, Mika Hakkinen della McLaren Mercedes aveva conquistato la corona iridata nelle due stagioni precedenti un traguardo che Michael Schumacher inseguiva dal 1996. Il 2000 sembrava essere l’anno buono, anche se Hakkinen era determinato a riconfermarsi iridato per la terza volta consecutiva e grazie alla vittoria di Spa aveva allungato in classifica portandosi a quota 74 contro i 68 punti del pilota tedesco. A Monza, sul tracciato “amico” però le F12000 avevano dominato le qualifiche con Schumacher in pole davanti al compagno Rubens Barrichello per soli 27 millesimi. Più staccato Hakkinen, terzo e a seguire Jacques Villeneuve sulla Bar-Honda e poi Coulthard sulla seconda McLaren. Molto ottimismo regna al box della Ferrari anche se l’imbuto della prima variante nascondeva come sempre non poche insidie. Il 71° Gran Premio d’Italia prende il via alle 14 ed è il poleman teutonico andare in testa. Barrichello fa invece pattinare le ruote e deve lasciare strada alle due McLaren e alla Jordan-Mugen di Trulli partita sesta. Tutto fila liscio alla prima variante ed il serpentone di monoposto si lancia nel curvone in direzione della variante della Roggia. Mentre Schumacher e Hakkinen guadagnano sugli inseguitori, Barrichello attacca Trulli, ma allo stesso tempo deve guardsarsi alle spalle dal determinato Frentzen che con la gomma anteriore destra centra la ruota posteriore sinistra del compagno Trulli. La ruota della monoposto del tedesco, completa del cerchione, del portamozzo e del gruppo pinza e freni, si stacca dalla vettura rompendo il cavo di ritenzione e vola verso il lato sinistro della pista. Una traiettoria assassina che colpisce in pieno il trentatreenne Paolo Gislimberti, uno dei “Leoni” della CEA. Nel frattempo sulla pista si scatena il caos. La Jordan di Trulli si schianta contro le barriere, mentre Frentzen finisce contro Barrichello e successivamente prende in pieno Coulthard. Come in un’esplosione, i pezzi delle macchine volano ovunque. Contemporaneamente sopraggiunge la Arrows di De La Rosa che decolla sulla ruota di Herbert, urta la McLaren di Coulthard per atterrare capovolta sulla Ferrari di Barrichello. Una sequenza terrificante. La direzione gara decide in pochi attimi di chiamare in pista la safety car al fine di consentire ai commissari di liberare le vie di fuga dalle monoposto incidentate. La gara non è però sospesa, dal momento che la pista non appare ostruita. La decisionbe è quella di ripulire l’asfalto dai tanti detriti sparsi. Nel frattempo però a pochi metri dal luogo dello schianto si stava consumando la tragedia. Le condizioni di Gislimberti appaiono subito disperate ai soccorritori giunti tempestivamente. Gli viene praticato un massaggio cardiaco e condotto d’urgenza al centro medico dove arriva in coma. Da qui la decisione di trasferire il paziente all’ospedale San Gerardo di Monza, dove giunge però privo di vita. La corsa, sospesa momentaneamente riparte dopo una decina di giri. Anche in questo frangente, purtroppo si rischia un altro botto. Quando la safety-car spegne le luci prima di rientrare, il leader Michael Schumacher esegue due improvvise accelerazioni con frenata che sorprendono il gruppo di vetture alle sue spalle. A farne le spese è Button che per evitare Villeneuve finisce sull’erba e poi contro le barriere: un contatto fatale che avrebbe poi messo fine alla sua corsa. Una volta ripartiti, “Kaiser Schumi” riprende la sua marcia solitaria seguito da Hakkinen, Villeneuve, Ralf Schumacher, Fisichella e Wurtz. La situazione di testa rimase immutata anche dopo le soste. Hakkinen fa registrare il giro più veloce, ma non fu mai in grado di impensierire il leader della gara, che conquistò la sua quarantunesima vittoria in carriera. Un dato per nulla banale, perché col successo monzese, Schumacher eguaglia il grande Ayrton Senna diventando così uno dei due piloti col maggior numero di GP vinti. Alle spalle di Michael arriva Hakkinen e subito dietro suo fratello Ralf. Un traguardo storico per Schumi che in conferenza stampa si abbandona ad una crisi di pianto, nel momento in cui un giornalista gli chiede che sensazione vivesse nell’aver raggiunto un mito come Senna. Una reazione dettata sicuramente dalla tanta tensione accumulata, ma non dovuta alla tragedia della Roggia. «È stata l’emozione di vincere davanti a questo pubblico» spiegò Schumi. Di quanto accaduto alla Roggia, i piloti vennero informati durante il consueto incontro coi media al ring e rimasero sconvolti. “Un disastro…” si limitò a dire Hakkinen, mentre Schumacher interruppe le interviste: «una vicenda terribile, parlare non ha più importanza…». Si chiude così una pagina terribile, che a volte ci riservano sport rischiosi come quelli dei motori. Archiviata Monza, il mondiale avrebbe affrontato gli ultimi tre appuntamenti, decisivi per la corsa iridata. Alla fine la spuntò Schumacher, trionfando in Giappone davanti ad Hakkinen. A Maranello si poteva finalmente festeggiare il titolo piloti che mancava dal lontano 1979.