Tra le dinastie sportive che hanno fatto la storia della Formula1, quella della famiglia Rosberg ha sicuramente qualcosa di particolare.
Di fatto sia papà Keke che Nico sono riusciti a diventare Campioni del Mondo, sfruttando al massimo quell’unica occasione che gli è stata concessa. Destino, fortuna o predestinazione poco importa, quello che è certo è che entrambi i Rosberg sono riusciti a trovarsi nel posto giusto al momento giusto, portando oltre a innegabili qualità al volante, soprattutto una caparbia abnegazione e un comportamento quasi sempre esemplare, dentro e fuori dall’abitacolo.
Keke Rosberg, una vita in retrovia
La carriera di Keke Rosberg è fatta di tanta gavetta iniziale, facendosi le ossa prima sui Kart e poi in tutti i vari step intermedi di Formula2 e Formula3.
Il suo esordio in Formula1 avviene con la Theodore nel 1978, proseguendo poi con la Wolf prima e con la Fittipaldi poi, dove ottenne anche il suo primo podio (terzo in Argentina alla gara di esordio del 1980).
Stagioni complicate fatte di tante battaglie nelle retrovie, per lui che di fatto era invece un pilota piuttosto aggressivo che sfruttava la macchina al massimo (non sono mancati diversi ritiri infatti).
Malgrado tutto, la sua grande occasione arriva nel 1982, quando grazie al ritiro di Alan Jones, proprio Keke arrivò in casa Williams diventando di fatto la prima guida dopo che anche Reutemann lasciò le gare dopo i primi due Gran Premi di stagione.
Il Mondiale del 1982
La storia purtroppo, ci consegna una stagione drammatica e stregata, soprattutto per le Ferrari. La tragica scomparsa di Gilles Villeneuve al Gran Premio del Belgio, mette il lutto nero al cavallino per tutta la stagione, che sembra avviata però al successo con Didier Pironi in vetta alla classifica. Ma anche il francese subisce un grave infortunio che lo tiene fuori dai giochi per tutte le ultime cinque corse.
“The show must go on”, si dice. Per cui i rivali della rossa non possono stare a guardare l’occasione che il destino (beffardo) ha offerto. Proprio Keke Rosberg sembra l’unico in grado di arrivare in vetta, visto che tutti gli altri compiono prestazioni altalenanti, al contrario della costanza del finlandese, che corona l’arrivo al vertice con la vittoria in Svizzera.
Sarà l’unica vittoria stagionale per la sua Williams, sufficiente però a consegnarli il titolo di Campione del Mondo, in una stagione davvero pazzesca e totalmente da dimenticare. Per tutti, tranne che per lui.
Fine dei giochi
Paradossalmente, quel successo sarà però anche l’unico momento di gioia per la carriera di Keke, che negli anni successivi in Williams non riuscirà più a mantenere quel livello di competitività, strappando appena altre 4 vittorie.
In tutto saranno 5 i successi di Keke nelle sue 128 apparizioni in Formula1. Compreso il suo ultimo anno passato in McLaren con appena 22 punti raccolti e un solo podio stagionale.
Era arrivato il momento del ritiro, che per Keke significava in realtà il ritorno alla sua vita reale, fatta ancora di corse e competizioni ma solo come manager per altri giovani piloti scandinavi. Lehto, Hakkinen e, ovviamente, suo figlio Nico.
Tale padre tale figlio
Con un nome importante sulle spalle e una vita passata a bordo pista, per Nico Rosberg il passaggio alla guida fu immediato e quasi automatico. Fin da undici anni già alla guida dei Kart, già nel 2006 ad appena 21 anni, divenne il più giovane pilota di Formula1 guidando una Williams, come suo padre.
Gli esiti però non furono gli stessi, certo non solo per colpa dell’inesperienza di Nico. La Williams di quegli anni infatti non si mostrò minimamente competitiva, anche se il ragazzo mostrava se non altro una buona continuità e affidabilità, tanto da piazzare comunque il suo primo podio a inizio stagione 2008 e addirittura un secondo posto a Singapore nello stesso anno.
C’era però bisogno di una nuova occasione per fare il salto di qualità. Cosa che avvenne nel 2010, con il suo passaggio in Mercedes a fianco niente meno che di Michael Schumacher.
Una crescita esponenziale
Già in quel primo anno di Mercedes, qualche soddisfazione riuscì a metterla da parte. Tre podi, settimo posto nella generale davanti proprio al suo compagno di squadra Michael Schumacher. Stessa cosa si ripete anche la stagione successiva, dove la scuderia è comunque la quarta forza del campionato, dietro le irraggiungibili Red Bull (oltre alla McLaren e la Ferrari).
La competitività della macchina sembra però in crescita, tanto che nel 2012 arriva finalmente la sua prima vittoria in Formula1, nel Gran Premio della Cina, fuoco di paglia che lo porterà a un sesto posto finale. La strada però è quella giusta, e dal 2014 può finalmente puntare a essere protagonista.
Purtroppo per lui, il suo compagno di squadra ora si chiama Lewis Hamilton, prima guida della scuderia che dominerà il campionato vincendo 16 delle 18 gare della stagione (5 per Nico e 13 per Lewis). Il dominio Mercedes è sempre più assoluto e i due piloti si ripetono anche nella stagione seguente, con Nico a migliorare ancora il suo record vincendo 6 gare di cui tutte le ultime 3 di fila di stagione.
Il 2016 sembra confermare ancora una volta il canovaccio precedente. Non fosse che il pessimo avvio di Lewis Hamilton lascia aperto lo spiraglio per Nico, che mette la zampata vincente in tutti e quattro i primi Gran Premi di stagione. E da quel momento hai voglia a parlare di gerarchie in scuderia.
La Mercedes non ha rivali, per cui è gara a due per tutta l’annata, con Hamilton che sembra tornato a macinare vittorie e volersi riprendere il Titolo. Si gioca punto a punto con Nico che a Singapore centra la nona vittoria stagionale, contro le sei di Lewis fino a quel momento.
Mancano quattro gare alla fine, dove la Mercedes fa passerella sul podio aggiudicandosi sempre le prime due posizioni: Hamilton le vince tutte, ma non basta. Nico piazza quattro secondi posti di fila che mantengono il rivale-compagno a cinque punti di distanza in classifica alla fine.
Nico Rosberg è Campione del Mondo, 34 anni dopo suo padre.
Il ritiro da Campione
Con il titolo in tasca, le motivazioni di Nico Rosberg si azzerano al punto che appena cinque giorni dopo la vittoria, Nico comunicò il suo addio alle corse e alla Formula1.
Un ritiro da campione in carica, come in passato avevano fatto solo Hawthorn, Stewart, Mansell e Prost. E bissando le orme del padre come solo il duo Damon e Graham Hill avevano fatto fino a quel momento.
Dietro il ritiro certo, la certezza di aver ottenuto il traguardo voluto fortemente fin dal principio. Ma anche la convinzione che a Nico quel circo di Formula1 poi stesse un po’ stretto.
La presenza fin troppo ossessiva del padre era una spada di Damocle giornaliera, e si vocifera che il pur buono e cordiale Keke fosse viceversa un despota molto più assillante dal punto di vista lavorativo.
Tutti felici e contenti però, perchè alla fine Keke ha ottenuto il massimo da un talento ottimo per la guida, ma forse non certo eccelso come molti altri Campionissimi, mentre il talento di Nico è stato forse molto di più cristallino in certi momenti, fomentato probabilmente da una voglia di arrivare al traguardo (quello della vittoria finale) senza pari.
Con buona pace di Lewis Hamilton, che senza più un rivale all’altezza in casa propria, ha potuto infilare una striscia di altri quattro Mondiali vinti.