L’Emilia Romagna, nella Formula Uno, come tutti sanno fa rima con “Ferrari”, la vettura che nei motorsport ha fatto la storia più di qualsiasi altra.
Però c’è un’altra scuderia emiliana che, a suo modo, ha fatto la storia nelle quattro ruote: è la Minardi, azienda faentina nata dalle ambizioni dell’imprenditore Giancarlo Minardi.
Una famiglia da sempre nei motori
La famiglia Minardi, fin dagli anni ’20, era sempre stata legata ai motori: prima con una concessionaria FIAT, poi nel tempo con svariate partecipazioni a competizioni di velocità, come la Formula Italia o la Formula Tre.
Il primo importante passo avviene nei primi anni ’70, quando Giancarlo prende il controllo dell’azienda di famiglia e stringe un rapporto con la ditta “Everest” (di ricambi per auto), con le cui risorse si iscrive alla Formula Due. Iniziò un periodo di cinque anni, nei quali con Giancarlo Martini alla guida, la scuderia raccolse risultati interessanti per la categoria; nel 1980 Everest si defilò e la vettura prese il nome di “Minardi”.
Arrivarono a quel punto le prime vittorie in Formula Due, in particolare col giovane Michele Alboreto alla guida.
Il grande salto era pronto: nel 1984 l’Alfa Romeo si dice pronta ad affiancare Minardi per l’esordio in Formula Uno.
L’esordio in Formula Uno
Giancarlo Minardi riesce a strappare un buon contratto ad Alfa Romeo, così gli 8 cilindri dell’azienda milanese saranno montati sulla Minardi di Pierluigi Martini dai 22 meccanici agli ordini dell’Ingegner Caliri. Dopo i primi buoni test in estate, Minardi pensa di esordire prima della fine della stagione, solo per qualche gara, ma poi Alfa Romeo ci ripensa e scioglie la sponsorizzazione.
Il progetto però era avviato, così nel 1985 fu la Cosworth a collocare il suo motore nella Minardi M185 in occasione del Gran Premio del Brasile.
In seguito, nasce la collaborazione con la Motori Moderni di Carlo Chiti, esule dall’azienda Autodelta, che fornisce a Minardi un interessante 6 cilindri.
Tuttavia, nonostante l’impegno dei tecnici e l’alternanza al volante di ottimi piloti azzurri (dal già citato Martini, a De Cesaris ad Alessandro Nannini), il binomio italiano non riesce a decollare, e in tre stagioni si collezionano quasi solo ritiri.
I primi punti iridati
Nel 1988, Minardi trova l’accordo con Ford per l’utilizzo del motore DFZ Cosworth. Dopo un inizio di stagione col duo spagnolo Perez-Campos, quest’ultimo lascia la scuderia italiana dopo cinque deludentissime gare, per lasciar posto a Nannini, pilota “di casa”.
Ed è il secondo esordio del pilota senese quello concomitante con l’appuntamento con la storia: a Detroit, in occasione del Gran Premio degli Stati Uniti del 1988, Nannini coglie un inaspettato straordinario sesto posto , peraltro levandosi la soddisfazione di sdoppiarsi da Ayrton Senna nel corso dell’ultimo giro.
Tra mille difficoltà, economiche e strutturali, con grande entusiasmo nel 1989 Minardi si affida all’Ing. Nigel Coweperthwaite , che dopo un inizio di stagione complesso, si toglie una grande soddisfazione cogliendo, con la scuderia faentina, il miglior risultato fino a quel punto della sua giovane storia: a Silverstone, col duo Martini-Sala, Minardi coglie un clamoroso doppio piazzamento a punti; Martini quinto e Sala sesto portano 3 punti straordinari alla piccola scuderia azzurra.
Anni 90’ Minardi: lenta ascesa tra le difficoltà
Il 1990 non si rivela una stagione colma di soddisfazioni: nonostante una prima fila in qualificazione di Nannini nel Gp degli Stati Uniti (in una sessione molto piovosa) non ci saranno piazzamenti a punti, e i ritiri saranno numerosissimi.
L’attesa è per il 1991, quando Ferrari decide di motorizzare la scuderia Minardi.
La monoposto, guidata dal duo Martini-Morbidelli, colleziona due ottimi quarti posti a Imola ed in Portogallo, che contribuiscono al settimo posto finale nella classifica costruttori.
Nel 1992, è Lamborghini che si apparenta con Minardi, che può fregiarsi di schierare alla guida nientemeno che Emerson Fittipaldi, ma se si esclude il sesto posto in Giappone, la stagione non è da ricordare.
Discorso diverso nel 1993, quando torna il motore Ford: nell’anno economicamente più difficile per la scuderia emiliana (che per essere salvata dalla mancata iscrizione trova nella sponsorizzazione di svariate aziende emiliane un salvagente indispensabile), Minardi trova ben quattro piazzamenti a punti (con Fittipaldi e Barbazza), ma in generale la vettura sembra maggiormente affidabile, grazie anche al lavoro del giovane Ingegner Aldo Costa (di cui sentiremo ancora parlare, in Ferrari ed in Mercedes).
Le due stagioni successive, con Alboreto ed un budget consistente, non generano però piazzamenti soddisfacenti.
L’arrivo del duo Briatore-Rumi
Nella seconda metà degli anni ’90, Minardi va incontro ad una serie di difficoltà finanziarie, che costringono il patron Giancarlo a cedere una grossa parte delle quote aziendali al duo Briatore-Rumi.
Nelle stagioni successive, nonostante un turbinio di ingegneri e di motori differenti (e un’alternanza piuttosto clamorosa di piloti, dal momento che passano in Minardi i vari Fisichella, Trulli, Nakano, Badoer, Genè), non si riuscì a cavare un ragno dal buco, pur combattendo dignitosamente nelle retrovie. L’unico sorriso è legato alla prestazione di Marc Genè , che in un pazzo Gp d’Europa del 1999, fortemente condizionato dalle condizioni atmosferiche, riporta la Minardi a punti finendo al sesto posto, ponendo fine ad un triennio di soli ritiri e risultati insoddisfacenti. Nella stessa gara, sono rimaste nella storia le lacrime di Luca Badoer, che – posizionato addirittura quarto a una manciata di giri dal termine – rompe il cambio sul più bello, disperandosi come non mai per sé stesso e per la scuderia.
Il nuovo millennio, tra (pochi) soldi e (tanta) passione
La passione della famiglia emiliana, purtroppo, non sembra essere sufficiente a permanere in Formula Uno, anche solo ambendo a risultati minimi: l’anno 2000, con alla guida il duo Genè-Mazzacane, è più che altro ricordato per le lunghe ed infruttuose trattative di Rumi di cedere la scuderia ad investitori spagnoli.
Nel 2001, ad un passo dal fallimento totale, Rumi riuscì a cedere Minardi all’australiano Paul Stoddart, magnate proprietario della compagnia aerea “European Aviation”, che in questo modo tiene viva la scuderia emiliana.
Il primo effetto fu l’arrivo (sempre sotto la supervisione di Giancarlo Minardi, che ha dimostrato di avere un fiuto eccezionale per il reclutamento di nuovi talenti del volante) dei promettenti giovani Alonso nel 2001 e di Webber nel 2002, duo di futuri protagonisti della Formula Uno. Quest’ultimo, all’esordio nella gara di casa, coglie addirittura un fantastico quinto posto, mandando in visibilio il pubblico australiano.
Gli ultimi anni
I tifosi della Minardi ricordano con particolare affetto la stagione 2003, pensando all’ultimo acuto della scuderia faentina, in occasione del Gran Premio di Francia: durante una sessione di qualifica bagnatissima, che –complice il regolamento di quell’anno- ha costretto i piloti ad uscire scaglionati nella finestra del venerdì; gli ultimi ad uscire furono i piloti Minardi Verstappen e Wilson, che intuendo un miglioramento climatico provarono a montare le gomme da asciutto. Il risultato fu straordinario, con Verstappen in pole e Wilson al secondo posto.
Purtroppo, la sessione del sabato riportò in testa i piloti di vertice, ma quel venerdì è rimasto, nell’immaginario dei tifosi Minardi, come l’ultima grande gara.
Minardi saluta nel 2005, prima di cedere l’intero pacchetto azionario alla Red Bull (che la trasformerà in ‘Toro Rosso’), non prima però di correre il pazzesco Gran Premio di Indianapolis 2005, quando coglie un quinto e sesto posto con Friesacher e Albers, complice ad onor del vero anche la natura della folle gara statunitense.
Il mondo della Formula Uno non può che ricordare con piacere l’avventura di Giancarlo Minardi e della sua scuderia nella classe regina; alimentata da pura passione e senza troppi fini speculativi, forse ultimo esempio virtuoso in uno sport troppe volte condizionato dai pesanti miliardi di investitori e sponsor.
I risultati di Minardi in Formula Uno
Esordio: Gp del Brasile 1985
Primo arrivo nei punti: Gp di Gran Bretagna 1988 (6° posto con Pierluigi Martini)
Miglior posizione in gara: 4° posto (raggiunto in tre occasioni: 2 volte con Martini nel 1991 e una volta con Fittipaldi nel 1993)
Miglior posizionamento nella classifica costruttori: 7° posto (1991 con 6 punti)
Miglior punteggio finale: 7 punti (risultato raggiunto due volte, nel 1993 e nel 2005)
Ultimo arrivo a punti: Gp Usa 2005 (5° e 6° posto con Christijan Albers e Patrick Friesacher)
Ultima gara: Gp Cina 2005 (chiuso al 14° e 16° posto)