Situazione paradossale quella legata ad Andrea Iannone: oggi la Federmoto ha deciso di squalificarlo per 18 mesi perché risultato positivo ad un controllo antidoping. La situazione
Andrea Iannone è stato condannato ad una squalifica di 18 mesi, dal 17 dicembre 2019 fino al 16 giugno 2021, dalla Federmoto internazionale perché è risultato positivo al controllo anti doping del 3 novembre scorso, prima del Gp di Malesia sul circuito di Sepang. La decisione sembra appunto paradossale perché i giudizi hanno ammesso che il pilota abruzzese è stato vittima di contaminazione alimentare – ‘decisiva’ in tal senso è stata la carne mangiata in un ristorante – che ha portato a rilevare tracce di drostanolone nel sangue.
Al pilota del Team Aprilia è stato dunque imputato il fatto di non aver fatto ricerche e controlli delle sostanze vietate mentre alla stessa casa di Noale doveva vigilare circa il comportamento del suo ‘impiegato’. La difesa, guidata dall’avvocato Antonio De Rendis, ricorrerà in appello al TAS di Losanna con l’obiettivo di ricevere il verdetto entro la fine dell’estate in modo tale da poter pensare di rientrare già nel 2020. Ad oggi, però, non è ancora dato sapere quando e se il campionato di MotoGP 2020 inizierà, per via del coronavirus che sta colpendo il mondo intero. Iannone, dal canto suo, spera che la risposta del TAS sia positiva in modo tale da poter correre le gare che la Federazione deciderà di organizzare una volta terminata l’emergenza. In caso contrario, l’ex pilota Ducati dovrà attendere oltre un anno prima di poter tornare in pista e non è detto che il suo futuro sia proprio in Aprilia, sia per la carta d’identità (nel 2021 saranno 32 anni) sia per il contratto con la casa italiana che, in giornata, ha emesso anche un comunicato ufficiale: “La sentenza ci lascia sconcertati”, le parole di Rivola che poi aggiunge: “I giudici hanno riconosciuto la totale buona fede di Andrea e la inconsapevolezza nella assunzione, confermando la tesi della contaminazione alimentare. Per questo la pena inflitta non ha alcun senso. Alla luce delle motivazioni scritte dagli stessi giudici Andrea avrebbe dovuto essere assolto, come sempre è capitato agli altri atleti contaminati. Questo quadro però ci lascia tante speranze per il ricorso”.