Essere figli d’arte non è affatto facile. Se tuo papà è stato un pluricampione di Formula 1 e si chiama Graham Hill, la pressione è anche maggiore. Hill sr. è l’unico ad aver vinto il Mondiale di F1, la 24 ore di Le Mans e la 500 miglia di Indianapolis, una vera e propria leggenda. Come il padre, il figlio d’arte ha vinto il campionato del mondo di F1 nel 1996 scrivendo la storia perché mai, prima di allora e tutt’oggi, nessuna coppia padre-figlio era mai riuscita in questa impresa.
Graham Hill
“Sono un artista” diceva Graham Hill, “la pista è la mia tela, la macchina il mio pennello”.
Ha ereditato, racconta, la determinazione dalla madre e l’umorismo dal padre: gli servono entrambi per sopravvivere a Londra negli anni della guerra. Hill entrò nella Lotus come meccanico, ma arrivò rapidamente al posto di guida. La Lotus correva in Formula 1 e questo permise a Graham di debuttare al Gran Premio di Monaco del 1958, dove si ritirò per la rottura di un semiasse. Nel 1960 passò alla BRM, con cui vinse il titolo mondiale nel 1962. Hill fece anche parte della cosiddetta “invasione inglese” di piloti e vetture alla 500 Miglia di Indianapolis a metà degli anni Sessanta, vincendo nel 1966 con una Lola-Ford.
Nel 1967, tornato alla Lotus, prese le redini della squadra, vincendo il suo secondo titolo. In quel periodo, la Lotus aveva fama di vettura fragile e pericolosa, specialmente con i nuovi dispositivi aerodinamici, e nel 1969 fu vittima di un incidente al GP statunitense che gli provocò la frattura delle gambe, interrompendo la sua carriera. Dopo essersi ristabilito, Hill continuò a correre in Formula 1 per alcuni anni, senza però ottenere gli stessi successi. L’ultimo successo in F1 Hill lo ottenne all’International Trophy di Silverstone, nel 1971, gara non valida per il campionato, con la Brabham BT34.
Con il declino della sua carriera in Formula 1, entrò a far parte della squadra Matra di vetture Sport, vincendo la 24 Ore di Le Mans nel 1972, insieme a Henri Pescarolo. Questa vittoria completò la cosiddetta “Tripla Corona” dell’automobilismo (vittoria alla 500 miglia di Indianapolis, alla 24 Ore di Le Mans e nel Campionato mondiale di Formula 1). Hill è ancora l’unica persona ad aver ottenuto queste vittorie, divenendo, già allora, una vera e propria leggenda.
Il 29 novembre del 1975, di ritorno dal circuito francese di Paul Ricard, l’aereo pilotato da Hill si schiantò in un campo da golf a nord di Londra. Insieme a Hill, morirono nell’incidente il team manager Ray Brimble, i meccanici Tony Alcock e Terry Richards, il pilota Tony Brise e il progettista Andy Smallman.
Damon Hill
Dopo l’incidente, Damon inizia a correre in bicicletta, infatti, è proprio papà Graham che gli ha regalato la prima, a 12 anni. Diventa campione a Brands Hatch nel 1984 ma l’anno successivo con l’aiuto di George Harrison, amico del padre che investe nella sua carriera, passa alle quattro ruote.
“C’era un elemento di volontà di continuare questa missione” ha detto Hill junior seguendo le orme del padre.
Fece una lunga gavetta nelle formule minori e debuttò in Formula 1 a trentuno anni, nel 1992. La sua permanenza nella massima serie è stata contrassegnata nelle stagioni 1994, 1995 e 1996 da continui duelli col tedesco Michael Schumacher. Il debutto in gara avvenne al volante di una Brabham nel Gran premio di Gran Bretagna del 1992 in sostituzione di Giovanna Amati.
Nel 1993 Mansell lascia la Williams per andare a gareggiare negli USA. Di questa partenza ne “beneficia” Damon Hill, che viene promosso come secondo pilota del team dietro al campione Alain Prost. Non potendo correre con il numero 1, riservato al campione del mondo in carica, gli viene assegnato il numero di gara 0 (zero), quasi a rimarcare una immeritata promozione. Da qui il soprannome “Capitan zero”.
Vince il suo primo Gran Premio in Ungheria, seguito da altre 2 vittorie, in Italia e in Belgio e conclude il campionato al terzo posto, dietro Alain Prost e Ayrton Senna. Nel 1994 arriva alla Williams Ayrton Senna in sostituzione di Alain Prost, che aveva deciso il ritiro dopo la conquista del titolo. Dopo la tragica morte di Senna, la Williams ripose tutte le sue speranze sull’inglese per controbattere Schumacher e la sua Benetton.
Nel 1994 ci fu una battaglia all’ultimo sangue dato che si presentarono alla gara finale in Australia divisi da un solo punto. Schumacher dominò la prima parte del Gran Premio davanti ad Hill, fino a quando, al 35º giro, il tedesco uscì di pista danneggiando irrimediabilmente la sospensione destra. Nello stesso momento sopraggiungeva Damon Hill, che alla curva successiva lo attaccò: ci fu un contatto che causò il ritiro di entrambi. Il mondiale si chiuse tra le polemiche con Schumacher campione con 92 punti e Hill secondo a 91.
Nel 1995 iniziò la stagione con 2 vittorie in Argentina e San Marino, ma poi iniziò una serie di errori e di sfortune che lo relegarono quasi sempre dietro a Schumacher che dominò quell’annata. Nel 1996 Hill dominò la stagione con 8 vittorie, 10 podi, 97 punti e coronò finalmente il sogno di eguagliare (quantomeno con la vittoria del campionato del mondo di F1) suo padre.
Il ringraziamento della Williams fu il mancato rinnovo del contratto, con il conseguente accordo tra Damon e la Arrows. Hill si accasò, dunque, nella scuderia inglese. La stagione del 1997 fu tribolata, con soli sette punti e un solo podio, nel Gran Premio di Ungheria. La vettura era infatti abbastanza lenta e peccava di affidabilità. Dopo un mancato accordo con la McLaren, nel ‘98 e nel ‘99 firmò con la Jordan, portandola al successo nel Gran Premio del Belgio del 1998. Questa fu anche la sua ultima vittoria e il suo ultimo podio in Formula 1.
“Capitan zero” affrontò, dunque, l’ultima stagione della sua carriera. Ormai demotivato e deciso a lasciare definitivamente il Circus, collezionò molti ritiri e solamente sette punti, esattamente gli stessi del ‘97 in Arrows. Concluse l’ultima gara, a Suzuka, ritirandosi al 21° giro, in seguito ad un testacoda.
La morte del Padre, probabilmente, lo segnò in modo indelebile nel carattere. A differenza di Graham, sempre allegro e scherzoso, Damon era taciturno e schivo.
Certamente, con il titolo del 1996, la leggenda degli Hill divenne ancor più epica.