È abbastanza raro, nella Formula Uno, che la conclamata “seconda guida” di una scuderia diventi protagonista nel corso di una stagione, e che magari lotti per il titolo assoluto.
In Ferrari è successo nel 1999: l’irlandese Eddie Irvine, all’epoca, prese il posto di protagonista dell’anno a Micheal Schumacher, ed affermò la sua controversa personalità, nel computo di una stagione che ancor oggi rimane indigesta a molti dei tifosi del Cavallino.
Che pilota era Eddie Irvine?
Eddie Irvine nasce nel 1965 in Irlanda del Nord. Dopo una lunga gavetta nei motori, costituita da esperienze in Formula Ford, Formula 3 e Formula 3000 (con risultati altalenanti), nel 1993 si fa notare in quest’ultima categoria trovandosi a combattere per il titolo sino all’ultima gara. Nonostante l’età non più verdissima, Eddie Jordan lo nota e gli offre la possibilità di correre in Formula Uno con la sua vettura negli ultimi due Gran Premi della stagione 1993.
L’impatto in F1 è clamoroso: alla prima gara, in Giappone, non solo arriva sesto (e quindi a punti), ma nel finale si sdoppia da Ayrton Senna, generando tra i due un litigio che terminerà nei box addirittura con una scazzottata.
Eddie Jordan, stupito dal temperamento dell’irlandese, gli offre il rinnovo come pilota ufficiale nelle due stagioni successive. E se nella prima coglie sei punti mondiali (e anzi l’annata passa alla storia per una scorrettezza inflitta a Jos Verstappen), nella seconda centra addirittura un podio in Canada, tanto da suscitare l’interesse di Maranello, alla ricerca di un convincente secondo pilota a fianco di Micheal Schumacher, che in quegli anni stava per spiccare il volo verso anni e anni di successi.
L’arrivo di Irvine alla Ferrari
Come è stato con l’esordio in Jordan, anche la prima gara in Ferrari è da ricordare: l’irlandese arriva terzo in Australia nella prima gara del 1996. È il preludio di una enorme maturazione in termini di tasso tecnico, che negli anni lo porterà più volte al vertice delle classifiche.
Se la stagione 1996 si conclude con 11 punti iridati e qualche ritiro di troppo, infatti, nel 1997 Irvine coglie ben cinque podi, che gli valgono 24 punti complessivi nella classifica iridata. La stagione è segnata da una maxi–polemica con Jacques Villeneuve, con i due venuti a contatto in Australia e una serie di polemiche (e di insulti reciproci) che si protraggono fino a fine stagione.
Il 1998 conferma l’ottimo feeling ormai trovato col Cavallino, dato che prima in Francia poi a Monza l’accoppiata Schumi-Irvine mette a segno due doppiette che ormai certificano il ritorno di Ferrari a protagonista assoluta del campionato mondiale, dopo anni di difficoltà e tempi bui.
La stagione 1999 è dietro l’angolo, ma ciò che succede va per Irvine oltre ogni immaginazione.
Il “quasi” titolo mondiale di Irvine nel 1999
La Ferrari, in questa stagione, è più che competitiva, e Micheal Schumacher punta dichiaratamente al titolo iridato. Tuttavia, è proprio Irvine a vincere la gara inaugurale, trovando in Australia la sua prima affermazione mondiale. Le prime sei gare (eccezion fatta per San Marino) vedono l’irlandese terminare abbastanza regolarmente nelle prime posizioni, fino alla gara di Silverstone.
In Gran Bretagna succede il fattaccio: Schumacher va dritto alla curva Stowe e si schianta sulle protezioni, rimediando la frattura di tibia e perone e compromettendo anzitempo la propria stagione.
Al termine della gara la classifica iridata recita: Hakkinen 40, Schumacher e Irvine 32, Frentzen 26. La scelta appare obbligata: puntare tutto su Irvine e promuoverlo prima guida, nel tentativo di strappare il mondiale ad Hakkinen. Viene ingaggiato Mika Salo a fare da seconda guida, col dichiarato compito di aiutare Irvine nella corsa all’alloro iridato.
La strategia sembra funzionare, tanto che in Austria e in Germania Irvine ottiene due vittorie e va in testa al mondiale. In Ungheria, Belgio e Italia l’irlandese coglie dei piazzamenti, e dopo Monza la classifica vede a pari punti in testa proprio Irvine e Hakkinen a 60 punti.
Nonostante Irvine fosse in testa alla classifica, con ottime chance di spuntarla sul rivale finlandese, nella stampa serpeggia una sorta di malumore (alimentato peraltro dallo stesso Irvine), del tipo “ma quando Schumacher tornerà, sarà nuovamente la prima guida Ferrari? O dovrà piegarsi all’evidenza di un compagno che potrebbe essere Campione del Mondo?“.
Polemiche, queste, che non fanno bene a nessuno. Il sospetto, poi, viene acuito definitivamente da un episodio molto sfortunato e controverso accaduto durante il Gran Premio d’Europa del 1999: pur in una fase concitata di gara, Irvine torna ai box, con i meccanici che letteralmente si perdono una gomma, con la Ferrari che resta ferma su tre ruote per molti secondi.
Gara gettata alle ortiche, e nonostante una discussa vittoria in Malesia che lo riporta in testa al Mondiale, Hakkinen serve la beffa a Suzuka, dove vince e conquista il titolo.
L’addio alla Ferrari
Dopo una stagione di vertice, la Ferrari si trova a fronteggiare il bivio chiacchierato nella stagione precedente: col ritorno di Schumacher in pianta stabile, decide di tornare a supportare il tedesco come prima guida. Irvine, non accettando il ruolo di seconda guida, se ne va sbattendo la porta e si accasa nel neonato team Jaguar. Nonostante l’elevato budget a disposizione, la vettura non decolla e nelle tre stagioni successive coglie più delusioni che altro, prima di ritirarsi dal circus nel 2002.
Ma le stagioni in rosso restano memorabili, non solo per quella del 1999 dove veramente ha sfiorato un titolo che sarebbe stato clamoroso, ma anche per le continue e pittoresche dichiarazioni alla stampa, alle situazioni da rotocalco e addirittura ai guai giudiziari, confermando la sensazione di come Irvine sia stato un po’ un James Hunt dell’era moderna. Che, con un po’ di fortuna, avrebbe pure potuto conquistare un mondiale.