Non è stata l’espulsione di Milik in Juve-Empoli. Non è stato nemmeno l’autogol di Gatti in Inter-Juve. E no, per quanto sembra facile, non è nemmeno giusto gettare la croce addosso ad Alex Sandro per il rinvio sbilenco in Juve-Udinese che ha portato al gol di Giannetti.
E’ una Juventus diversa. Ci rendiamo conto, no? Delle differenze, di quelle in negativo. Considerando i grandi passi in avanti visti nelle ultime settimane, prima di scelleratissimi quindici giorni da un punto in tre partite, l’addio allo scudetto, adesso certificato, è un dolore la petto. E’ un sogno spezzato. E’ un benvenuto alle illusioni. Anzi: un bentornato. Perché la Juve versione Allegri è sempre stata un po’ illusoria. Inizia a singhiozzo, cresce e fa filotto, quindi crolla. Negli ultimi tre anni, non c’è stata altra strada. E non c’è stato neanche un miglioramento, quindi.
Tutto in discussione
Vien da dire: tutto male. Vien da pensare in total black, tutto nero. Vien da fare poi ragionamenti, più sul passato che sul futuro – per quelli ci sarà tempo -: cos’è stata finora la Juventus? Era tutta qui? Era il colpo di coda – e d’altro – di Monza? La forza di Vlahovic, più potente delle poche occasioni create? Oppure c’è una via di mezzo tra le goleade di Coppa Italia (e un paio di campionato) e i fischi dell’Allianz dopo il ko contro i friulani.
Beato chi possiede una risposta. Da queste parti proprio non se ne trovano. Anzi: si rimette ancora una volta tutto in discussione, in una discussione persino feroce. Perché la critica non può non toccare l’allenatore, anche per le prestazioni fornite nelle ultime settimane. Dall’esclusione di Yildiz e dalla scelta di Milik con l’Empoli, alla Juventus più rinunciataria a San Siro contro l’Inter. Quindi il lavoro mentale scioltosi sotto il colpo di Giannetti nella gara che sancisce la crisi. Dov’è finito il sorriso di Max?
Oh, da parte sua naturalmente nessun dramma: Allegri ha derubricato questa sconfitta nel calderone del “ci può stare”. Non guarda l’avversario, è focalizzato sul momento: dopo un periodo certamente positivo, durante il quale la squadra bianconera ha oggettivamente over performato e beneficiato di iniezioni di buona sorte, per il tecnico questo è un semplice periodo negativo, in cui la ruota è girata dall’altra parte e si fatica a tenere la barra dritta. Ritrovarla, ecco, è la priorità. Nel frattempo tutti quei discorsi sulla posizione di forza, sui rinnovi, sulla prossima stagione che sembrava impossibile senza Max… sì, possono esaurirsi qui.
È il momento di cambiare?
Dunque, la Juve non ha più voglia di continuare con Allegri? No, non è questo il punto. E’ che la crisi di risultati e l’addio alla corsa scudetto – che ha pure la conseguenza di dover tornare a sporcarsi le mani per conquistare la certezza della Champions – certificano un pensiero che sembrava smentito dai numeri: Allegri non ha dato nulla in più di quanto avrebbe potuto dare un altro allenatore. Con una squadra oggettivamente inferiore a una “media” da Juventus, il pensiero generale potrebbe unirsi alle esigenze societarie. Tenere questo Max, con quest’ingaggio, non si può. Almeno per i prossimi anni.
Un discorso che si può legare persino ai fedelissimi dell’allenatore: Alex Sandro e De Sciglio, ingaggi pesanti e poco performanti; Szczesny e Locatelli, giocatori chiave per quest’allenatore ma probabilmente sostituibili (e pure a buon mercato). Insomma: è arrivato il momento delle decisioni, ed è arrivato già a Carnevale, quando la Juve rischia di mettere in standby la stagione in attesa di risvegliarsi con un sussulto in Coppa Italia.
Chissà se Allegri, che ha tutta questa vita juventina in ballo, avrà adesso il coraggio e l’ambizione di cambiare. Juventus–Udinese ha dato la ragionevole certezza che, oltre un certo standard, questa squadra non può andare. E’ finita pure la propulsione della lotta scudetto. E i sogni si sono trasformati in un’illusione profondissima: lascia scorie, lascia incertezze, e lascia sgomenti. Adesso serve altro: non c’è corto muso senza carisma. O un minimo di gioco.