L’Associazione italiana dell’industria dei videogame ha detto di no all’identificazione tra sport e videogame competitivi. Eppure il CIO li vuole, a condizione che simulino gli sport reali. A creare ulteriore confusione sull’identità degli eSports si aggiunge la mancanza di una legislazione specifica in quasi tutti i Paesi (Francia e Corea del Sud sono due eccezioni).
L’interrogativo sottinteso, però, è semplice: gli eSports possono essere equiparati allo sport agonistico? Una domanda che si accende con sempre maggiore frequenza sui social perché, alla radice del dibattito, c’è l’attenzione per un settore che ha grandi potenzialità di business.
Proviamo a fare un po’ di ordine, cominciando da una definizione di “sport”. Il dizionario di Google (Oxford Languages) riporta questa:
Attività che impegna, sul piano dell’agonismo oppure dell’esercizio individuale o collettivo, le capacità fisico-psichiche, svolta con intenti ricreativi ed igienici o come professione.
E’ evidente che i binomi agonismo/esercizio e intento ricreativo/professione fanno parte delle discipline esportive. Resta invece aperta la questione del tipo di impegno che viene richiesto nelle competizioni e negli allenamenti con i videogiochi. Se nessuno dubita di quello mentale, lo stesso non si può dire per la parte atletica. L’immagine più diffusa del giocatore di videogame è quella di una persona poco attenta al proprio fisico e, di conseguenza, anche alla propria salute.
Dunque, se l’aspetto fisico è carente, gli eSports non possono essere un’attività sportiva.
Premesso che oggi sempre più esporters si dedicano alla forma fisica nelle palestre delle gaming house, ci sono sport nei quali l’impegno mentale è nettamente superiore a quello fisico. Pensiamo a quelli di tiro (al piattello, con l’arco, ad aria compressa, giusto per citarne alcuni).
Oppure al curling e al golf che richiedono sì del movimento, ma si basano principalmente su tecnica, strategia, concentrazione e preparazione mentale. Le stesse skills necessarie negli eSports, con l’aggiunta che davanti a un monitor servono anche ottimi riflessi. Perfino la pesca in tempi recenti è diventata sportiva, con tanto di Federazione.
Quindi gli eSports possono essere a buon diritto inseriti tra gli sport e magari, un giorno, contribuire al medagliere olimpico? Anche questa ipotesi solleva dei problemi. Chi dice che gli eSports sono altro dagli sport tradizionali, ha buoni motivi per farlo.
La differenza principale tra sport e eSport sta nello strumento di quest’ultimo, cioè il videogioco. Un videogame nasce per fornire intrattenimento (agli appassionati) e garantire un profitto (all’azienda).
I titoli sono tanti e diversi, ma in quasi tutti esiste un elemento di casualità. E’ il cosiddetto RNG (Random Number Generator), più evidente in certi giochi (ad es. quelli di carte), meno in altri. Il suo ruolo è quello di impedire che le partite diventino monotone e quindi troppo pianificabili. Senza contare che in alcuni casi il software di un videogame può anche avere bug/glitch più o meno exploitabili.
E anche quando il videogame fosse perfetto, nel senso di una partita assolutamente bilanciata per due o più contendenti, rimarrebbe la questione che il gioco ha un proprietario. Il publisher è un’azienda privata che ha diritto di modificare o addirittura dismettere un videogame se questo non è più redditizio. Un’anomalia che allontana gli eSports dal mondo dello sport tradizionale.
Siamo dunque di fronte a un paradosso, per cui gli eSports un po’ sono sport e un po’ non lo sono?
La realtà è che il paradosso esiste solo nella misura in cui si intende “ingabbiare” questo settore. Il mondo dei videogame è ampio e ricco di sfaccettature, ma di fatto è una realtà unica all’interno della sfera dell’intrattenimento, anche quando questo diventa competitivo. Non ha bisogno di essere assimilato ad altro per avere significato. Ce l’ha già.
Quello che serve agli eSports è una legislazione “ad hoc” che faciliti la formazione di figure professionali specializzate e incentivi gli investimenti. Oltre naturalmente al controllo da parte dello Stato, per impedire abusi e illegalità di qualsiasi tipo.
Alle società sportive serve invece raggiungere le nuove generazioni, usando il virtuale come mezzo di comunicazione. E gli eSports sono un mezzo ottimo per questo obiettivo, senza bisogno di federazioni, etichette e sovrapposizioni.
Per fortuna qualcuno, soprattutto nel mondo del calcio professionistico, tutto questo lo ha già capito.
Foto di testa: Getty Images