Pochi giorni fa, precisamente il 14 settembre, Valve ha pubblicato sul proprio blog un post che ha lasciato di stucco gli appassionati di Dota 2.
In sintesi, il publisher ha annunciato la chiusura del Dota Pro Circuit, cioè la struttura torneistica professionale che dal 2017 tiene banco nell’eSport del famosissimo MOBA. Non solo, ma il Dota Pro Circuit è di fatto il mezzo principale attraverso il quale i team possono accedere al campionato del mondo di Dota 2, cioè il The International.
La notizia ha scosso la community creando non solo dubbi su come Valve intenda ristrutturare il circuito competitivo ma anche sul destino del torneo più importante che fra tre settimane (12-19/10/2023) andrà in scena per 12ma volta.
In merito a questo secondo interrogativo Valve ha già dato la sua risposta, per quanto parziale. Lo si legge nel già citato post, dove il publisher chiarisce che “il The International continuerà: stiamo già lavorando al The International 2024 e l’anno prossimo spiegheremo meglio come funzionano gli inviti a quell’evento“.
Anche l’eSport nel suo complesso è destinato a durare, ma sulle future modalità regna per ora il mistero: “La scena competitiva di Dota precede il DPC di molti anni e gli sopravviverà per molto tempo ancora“.
Questo riferimento al pre-DPC è alla base delle motivazioni per cui Valve ha deciso di mettere la parola fine sull’attuale circuito.
Il post inizia ripercorrendo le ragioni che hanno condotto a creazione del Dota Pro Circuit.
“Abbiamo lanciato il Dota Pro Circuit nel 2017 per rispondere a una domanda che sorgeva sempre più spesso: come si ottiene un accesso (invito) al The International? Fino ad allora, gli accessi erano legati a una manciata di qualifiche regionali e ai golden ticket di Valve“.
Un sistema quindi molto aperto ma anche poco lineare (e favorevole) per i giocatori professionisti i quali, a loro volta, portano al torneo tanti tifosi e tanta visibilità. Di qui la scelta di strutturare in maniera rigorosa il sistema di accesso al TI creano il Dota Pro Circuit.
Il rovescio della medaglia, però, lo si è sentito nel corso degli anni. Pur rimanendo il più grande evento esportivo al mondo, il percorso verso il The International ha perso un po’ di smalto negli ultimi due anni. Valve ha individuato questa perdita di gradimento nell’irrigidimento dell’eSport stesso, troppo vincolato dalle regole del DPC.
“Sfortunatamente, il DPC ha portato con sé una serie di norme e regolamenti, i quali hanno comportato un costo che ci è diventato sempre più chiaro nel tempo. Il mondo competitivo di Dota è diventato meno entusiasmante, meno vario e, in ultima analisi, molto meno divertente“.
Il publisher si è saggiamente addossato le responsabilità della svolta negativa dovuta al DPC. “Gli organizzatori degli eventi stanno diventando meno innovativi, perché è effettivamente quello che abbiamo chiesto loro di fare. Invece di competere per gli spettatori e i giocatori creando tornei avvincenti e creativi, gli organizzatori ora competono per la conformità alla lunga lista di rigidi requisiti di Valve (numero di squadre, lingue di trasmissione, formato degli eventi e altro ancora)“.
In sostanza, Valve vuole ripartire da un competitivo di Dota 2 meno rigidamente strutturato sul percorso professionistico e “più sano, più robusto e più variegato di quello attuale“.
Vale la pena ricordare che, all’inizio dello scorso agosto, Valve era già intervenuta nell’eSport di Counter-Strike. In quel caso aveva inserito clausole stringenti per impedire che gli organizzatori dei tornei avessero “relazioni di business uniche o altri conflitti di interessi” con i team partecipanti.
Sono entrambe intenzioni virtuose, su questo non c’è dubbio. Resta però da capire come l’azienda statunitense combinerà il ritorno al passato con un mondo degli eSports sempre più professionale e costoso per le società.
Comunque vada, sarà un 2024 decisivo per l’eSport del publisher americano.
Immagine di testa credits Getty Images