Durante il Summer Game Fest è stato ufficialmente annunciato The Last of Us: Part I, ovvero il remake del primo The Last of Us. La data di uscita del gioco è fissata per il 2 settembre 2022 su PlayStation 5 e poco dopo su PC, ma il titolo ha già iniziato a sollevare discussioni.
Il trailer (che potete vedere qui) presentato durante l’evento ci fa vedere alcune cutscene del titolo originale rimodernate, dichiara la data di uscita e conferma che il gioco non sarà una remastered ma che sarà ricostruito da zero.
A questo punto sorge spontanea la domanda: un remake era davvero necessario?
L’intento dichiarato di Naughty Dog è quello di dare coerenza alla saga, rimodernando il primo titolo non solo per quanto riguarda il comparto grafico ma anche per quanto riguarda il gameplay. Riguardo questo secondo aspetto, però, non si è ancora visto nulla e possiamo quindi solo fare delle congetture.
Ma The Last of Us, che nel 2013 è stato il canto del cigno di PlayStation 3, è inoltre disponibile su Playstation 4 grazie a The Last of Us Remastered. Proprio per questo sorgono dubbi sul remake, dubbi che si diramano almeno in due direzioni.
In primo luogo ci si chiede: The Last of Us Remastered non è più godibile come videogioco?
È evidente che il titolo, seppur ovviamente inferiore al sequel, a livello di comparto grafico si difende bene ancora oggi, anche nel confronto con titoli più attuali.
Il gameplay, invece, non è invecchiato così bene: pad alla mano, nel 2022 risulta piuttosto legnoso. Per di più sono rimasti alcuni aspetti che già all’epoca fecero discutere perfino i fan. Uno è l’intelligenza artificiale dei companion, tanto rudimentale da costringere gli sviluppatori a renderli invisibili ai nemici, per evitare di vederli passeggiare davanti a quest’ultimi.
L’altro è la ripetitività, quantomeno stucchevole, di enigmi ambientali dove il giocatore doveva spostare un oggetto da un punto A ad un punto B: ad esempio una scala, un cassonetto dell’immondizia o un pallet che permetteva alla piccola Ellie di essere trasportata sull’acqua. Certo, erano utili alla console per caricare l’area di gioco successiva, ma anche dannatamente tediosi, tanto che nel sequel gli stessi sviluppatori se ne prendono gioco.
Con a disposizione un hardware più evoluto, queste sbavature dovrebbero essere superabili.
Per quanto riguarda il gameplay più in generale, lo svecchiamento potrebbe avvenire utilizzando quello di The Last of Us Parte 2. Ma questa operazione crea altri dubbi. Ad esempio in merito ai personaggi che nel tempo hanno caratteristiche un po’ diverse: strisciare sotto le automobili o nascondersi nell’erba alta potrebbe non rientrare nello stile di Joel. Ma anche per alcune aree di gioco, estremamente più strette, e un level design completamente diverso. Tutto questo creerà dei problemi?
Come detto, non abbiamo indizi a riguardo, solo la speranza in un team di sviluppo che ha sempre puntato a portare sul mercato prodotti di altissima qualità.
In secondo luogo ci si interroga sul significato stesso delle operazioni remake. È innegabile che gli elementi cardine sono l’effetto nostalgia, che in questo caso punta su una fanbase consolidata, e sulla riduzione dei costi di produzione rispetto allo sviluppo di una nuova IP. In sostanza, la logica è “minima spesa, massima resa”.
Tuttavia, i remake memorabili che abbiamo visto fino ad ora, come ad esempio la Crash Bandicoot N’sane Trilogy, Resident Evil 2 e 3 o Final Fantasy 7, rendevano godibili e disponibili alle nuove generazioni di videogiocatori titoli ormai caduti in completa obsolescenza. Parliamo di titoli pubblicati per la prima PlayStation, motivo per cui l’operazione remake li ha resi dei prodotti preziosi per divulgare la cultura del videogioco.
The Last of Us Part 1 è invece il remake di un gioco che non avrà nemmeno 10 anni al lancio della sua nuova versione, pertanto la valenza puramente “markettara” del battere il ferro finché è caldo risulta quindi più evidente.
Concludendo: The Last of Us Part I era necessario? Per i giocatori probabilmente no, a meno che il gameplay non giustifichi davvero il remake, che dovrebbe essere un prodotto più interessante di una semplice remaster.
Per l’azienda, invece, dipenderà da come andranno le vendite. A questo proposito vale però la pena di ricordare che The Last of Us Part I non è un prodotto da acquistare necessariamente al day one, se non forse per i più sfegatati fan del franchise. Non c’è il rischio di spoiler in un gioco che ormai conosciamo e di cui sentiamo parlare da dieci anni e probabilmente, per la maggior parte del pubblico, nemmeno un grosso hype.
Chi è interessato ma non troppo sicuramente riuscirà, senza lunghissime attese, a prendere il titolo senza pagarlo a prezzo pieno.
Si ringrazia Nicola Benetton per la collaborazione.
Immagine di testa credits ign.com