Il 2021 è stato un anno clamoroso per i cosiddetti Non Fungible Token (NFT).
Chi si aspettava lo scoppio della classica bolla speculativa si è dovuto ricredere. Il mercato degli “oggetti digitali unici” è salito ancora, arrivando a livelli inaspettati dai quali sono sbucati i primi miliardari di questo settore.
Certo, la crescita degli NFT è legata direttamente a quella delle criptovalute che hanno registrato performance da record assoluto. In termini di investimenti nelle monete virtuali si parla di una cifra che supera il totale ottenuto nei 10 anni precedenti. L’ultimo record era stato realizzato nel 2008, con 8 miliardi di dollari investiti. Nel 2021 quella cifra è arrivata a quasi 30 miliardi di dollari.
A riportare il dato è PitchBook Data che indica in 3 trilioni di dollari il giro d’affari complessivo di criptovalute e NFT insieme. Una cifra difficile anche solo da immaginare.
Di NFT abbiamo parlato più volte, evidenziando come questo nuovo settore abbia subito invaso alcuni spazi confinanti, cioè legati al virtuale: quello dei videogame, del gaming sportivo e persino del poker.
Ma gli oggetti digitali unici sono diventati una moda in costante espansione, in grado di “contagiare” settori tradizionalmente legati al mondo reale, quali arte, musica e lusso.
Che poi questa sia una moda destinata a durare nel tempo o a dissolversi in una bolla, non sta a noi ipotizzarlo. Di solido c’è il fatto che gli NFT sono il mezzo esclusivo per certificare l’unicità di un’opera digitale, fosse anche un meme. Ma che molte di queste opere arrivino in tempi brevissimi a valere cifre incredibili, questo è un fenomeno che sa di collezionismo indotto e speculazioni economiche al tempo stesso. Un caso sintomatico di questa deriva è quello delle Bored Ape, grafiche digitali di “scimmiette annoiate”, alcuni delle quali oggi valgono più di un milione di dollari.
Ma è proprio su queste operazioni di mercato digitale che qualcuno ha costruito la propria fortuna.
I nomi sono quelli di Devin Finzer e Alex Atallah. I due businessmen americani sono infatti i fondatori di OpenSea, la startup di blockchain ora diventata il più grande marketplace di NFT del mondo.
Creata nel 2017, OpenSea mette a disposizione degli utenti un sistema peer-to-peer vendere, comprare o, più in generale, registrare gli NFT. Il tutto a fronte di una ragionevole commissione: il 2,5% sulla transazione.
Con quella percentuale, nel 2020 l’azienda ha realizzato un volume d’affari pari 1,1 milioni di dollari al mese. Da gennaio a luglio del 2021 la cifra complessiva è salita a 350 milioni di dollari, grazie al boom degli NFT.
Anche il valore stesso della piattaforma è aumentato esponenzialmente. All’inizio di quest’anno, Finzer e Atallah hanno raccolto 300 milioni di dollari attraverso un finanziamento di serie C. Con 80 milioni di NFT, oltre 750.000 utenti registrati e 90 dipendenti, OpenSea oggi vale 1,5 miliardi di dollari.
E la cifra è destinata a salire, soprattutto se sono in vista – come hanno dichiarato i due soci – migliorie tecniche per la piattaforma (che ha subito alcuni crash e anche un furto di NFT) e nuove assunzioni (altre 60 persone).
Di sicuro i due se lo possono permettere, visto che il loro 18,5% di share azionario a testa ha aumentato i rispettivi patrimoni di 2,2 miliardi di dollari, secondo i calcoli di Forbes.
Sono loro i “Paperoni” del business NFT.
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