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A luglio è stato il 35° anniversario della saga di Metal Gear, iniziata nel 1987 con Metal Gear per MSX2 e conclusa nel 2015 con Metal Gear Solid V: The Phantom Pain (PlayStation 4, PC).

Il capitolo più interessante dal punto di vista storico – anche se probabilmente non il migliore della saga – è però Metal Gear Solid pubblicato per PlayStation nel 1998.

Immagine credits PlayStation

TRAMA

La trama Metal Gear Solid prende in considerazione gli eventi dei primi due Metal Gear ma, fino alla pubblicazione di Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty, si può considerare un titolo indipendente ed autoconclusivo. È una spy story ricca di fantapolitica che attinge sia alla cultura cinematografica americana sia a quella manga e anime giapponese.

Solid Snake, un soldato leggendario specializzato in operazioni di infiltrazione, ha il compito di penetrare in una struttura per lo smaltimento di testate nucleari, situata nell’immaginaria isola di Shadow Moses in Alaska. In ballo c’è la minaccia di un attacco nucleare da parte dell’unità Foxhound, micidiale squadra di agenti segreti capitanata proprio dal fratello di Solid, Liquid Snake. Il protagonista è supportato via radio da un team di commilitoni ed tecnici vari e poi in loco da alleati improvvisati.

Procedendo nell’avventura si scoprirà che Snake non solo è una pedina del governo americano che lo sta usando solo per infettare i terroristi con il letale virus Fox Die, ma sarà anche sfruttato dai suoi nemici dichiarati per attivare il Metal Gear Rex, un carro armato bipede ispirato ai Mecha giapponesi. Snake porterà comunque a termine la sua ultima missione distruggendo il Metal Gear e sconfiggendo Foxhound e il fratello Liquid.

GAMEPLAY

Metal Gear Solid può essere considerato un action-stealth con spiccate meccaniche arcade. La visuale in terza persona permette di muovere Snake in ambienti tridimensionali a telecamera dinamica.

Il gameplay, considerando che stiamo parlando di un videogioco del 1998, combina elementi estremamente raffinati ad altri molto più semplici, talvolta quasi grezzi. Snake infatti non può camminare, ma solo correre. Il sistema di mira con pistole e mitragliatori è elementare quanto il combattimento corpo a corpo. A fare da contraltare a queste componenti molto essenziali ci sono possibilità che all’epoca erano eccezionali: ad esempio bussare su un muro per attirare i soldati nemici in un determinato punto, strisciare al riparo per sfuggire alle guardie o osservare l’area di gioco con un binocolo regolabile.

Inoltre Metal Gear Solid offre al giocatore un gameplay estremamente vario.

Sebbene nelle normali aree di gioco l’approccio stealth sia praticamente obbligatorio, le situazioni da affrontare sono estremamente diversificate e variegate. In questo senso, è doveroso menzionare le boss fight che sono completamente diverse una dall’altra e ciascuna superabile in più modi. Tra queste cui spicca l’episodio in cui Snake affronta Psycho Mantis: probabilmente la boss fight più innovativa dell’intera storia del videogioco, superabile cambiando la porta d’entrata del controller.

Senza dimenticare il Codec. Questa radio particolare consente a Snake di contattare, in qualsiasi momento, i diversi membri della squadra di supporto. Questi gli possono fornire aiuto e informazioni collaterali: sulle armi, sugli equipaggiamenti, sull’ambiente o anche solo semplici curiosità che consentono al giocatore un coinvolgimento davvero completo.

L’INIZIO DEL VIDEOGIOCO MODERNO

Per quanto possa non piacere Metal Gear Solid, o si possa perfino detestare l’opera di Hideo Kojima, è innegabile che questo titolo entri di diritto nella storia dei videogame. Insieme a pochi o pochissimi altri titoli della stessa epoca, Metal Geat Solid fa da apripista a quello che diventerà il videogioco moderno.

Non sono solo le tematiche mature di denuncia contro la guerra a differenziarlo da altri titoli dello stesso periodo: c’è soprattutto la forte compenetrazione fra il mondo del videogioco e quello del cinema.

Metal Gear Solid, infatti, ha una sceneggiatura complessa e una regia davvero di valore.

I personaggi di Metal Gear Solid non sono macchiette, sono personaggi scritti in maniera tale da renderli vivi. Perfino quelli secondari hanno un passato, hanno un’identità, degli obiettivi e una morale che guida le loro azioni.

Un esempio è quando Snake prova a salvare Baker, l’anziano e avido presidente dell’azienda che ha prodotto il Metal Gear. Durante la loro conversazione, Baker “picchierà” la gamba del protagonista con il bastone che usa per camminare, esattamente come farebbe davvero un debole anziano adirato. E ancora. Meryl, la soldatessa che Snake incontra a Shadow Moses, è esplicitamente donna ma non una “idol in divisa”. E’ muscolosa, mascolina, esattamente come sarebbe una donna che ha intrapreso la carriera militare. Eppure, nonostante il fisico muscoloso e l’attitudine da guerriero, in lei c’è l’indole della ragazzina. Lo si capisce, ad esempio, quando dichiara che il tatuaggio sul suo braccio è finto.

La regia di Kojima, sempre presente durante tutta l’avventura, dà autorialità e personalità all’opera. Non solo, ma in alcune situazioni permette al giocatore un coinvolgimento che altrimenti non sarebbe stato possibile, o quantomeno non sarebbe stato altrettanto potente.

Un esempio su tutti è la morte di Sniper Wolf. Dopo averla colpita a morte, Snake ascolta le ultime parole della cecchina curda. Qui Hideo Kojima non usa un “classico” campo-controcampo. Porta invece la telecamera in prima persona per creare una soggettiva della moribonda che ci fa vedere solo il cielo e le cime degli alberi. Kojima era consapevole che, nonostante il comparto grafico di Metal Gear Solid all’epoca fosse qualcosa di inarrivabile su console, la modesta espressività dei volti avrebbe privato la scena di tutta la sua potenza.

La ciliegina sulla torta è la rottura della “quarta parete”, cioè l’ampliamento dell’azione al di fuori del mondo digitale. In Metal Gear Solid succede quando al giocatore viene chiesto di cercare la frequenza Codec di Meryl sul retro della custodia del CD. E’ una tecnica spesso usata da Kojima ma non così frequente in giochi di questo calibro a fine anni novanta.

A nostro avviso, sono proprio la cura nei dettagli di regia e l’autorialità narrativa i tratti distintivi di Metal Gear Solid.

Si ringrazia Nicola Benetton per la consulenza tecnica

Immagine di testa credits PlayStation