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Che cos’è una loot box? Per i meno esperti di videogame diremo che potrebbe essere considerata un’appendice al gioco stesso. Un’appendice a pagamento, sia chiaro.

Non tutti i videogiochi offrono questa possibilità, ma quelli che lo fanno consentono di acquistare un pacchetto virtuale (di qui l’espressione “spacchettare” usata da molti player). contenente un upgrade che può rendere più interessante il gioco stesso. Per i “meno giovani” è l’equivalente delle vecchie buste speciali delle figurine.

All’interno ci possono essere oggetti, abilità, personaggi a seconda del tipo di gioco (ad esempio, in FIFA di EA Sports le loot box contengono calciatori di fama per rinforzare le squadre) che vengono riscattati in-game per un immediato utilizzo. Non sono indispensabili, si può giocare anche senza loot box, ma fanno gola e per questa ragione possono creare dipendenza. E qui sta il problema, almeno in alcuni Paesi.

Che dietro alle loot box ci sia un prodotto che consente ai publisher di fare ulteriore profitto è lapalissiano. Se da un lato è vero che il mercato ha bloccato il prezzo dei videogiochi negli ultimi 10-15 anni nonostante un continuo aumento dei costi di produzione, le loot box sono un sistema per monetizzare molto semplice e rapido e soprattutto alla portata di tutti, anche dei giocatori minorenni.

Su questo punto è scattata una presa di posizione molto forte in alcuni Paesi europei e d’oltreoceano. I primi a muoversi sono stati Belgio e Olanda che hanno etichettato le loot box come gioco d’azzardo. Due elementi fondamentali per rientrare in questa categoria in effetti ci sono: viene investito denaro (reale) per ottenere un premio in maniera del tutto fortuita. Che poi questo “ritorno” sia in denaro o abbia un valore economico, terzo elemento decisivo per parlare di gambling, è più discutibile anche se di fatto la maggior parte degli upgrade possono essere scambiati, creando così una sorta di mercato virtuale ma che non esclude una parallela monetizzazione. In Belgio, poi, la regolamentazione è ancora più restrittiva: non importa se il premio non può essere rivenduto o scambiato, è sufficiente che abbia un valore agli occhi del giocatore. (fonte Tom’s Harware.it)

Per quanto su quest’ultimo elemento ci sia margine di discussione – tant’è che la maggior parte dei Paesi UE sta ancora valutando la situazione – una volta definite le loot box come gioco d’azzardo, Belgio e Olanda hanno dovuto prendere provvedimenti, dal momento che l’acquisto degli upgrade in-game è alla portata anche dei minorenni. L’intenzione dei due Paesi del Benelux è chiara: tutelare quest’ultimi dal rischio di dipendenza.

Il “casus belli” è stato il gioco free to play, ma con molti upgrade a pagamento, Genshin Impact (miHoYo) che è stato bandito in Belgio e in Olanda. L’attenzione, però, adesso è rivolta a un videogame di ben altro impatto per numeri e attrattiva: il già citato FIFA di Electronic Arts, nella versione Ultimate Team costituita da acquisti in-game sotto forma di pacchetti di carte giocatori.

A dire il vero, la battaglia al videogioco calcistico più diffuso al mondo era iniziata qualche mese prima del caso Genshin Impact, con una doppia causa legale intentata in Francia ai danni di EA. Risultato: già dal gennaio 2020 il publisher ha accettato di smettere di vendere FIFA Point (a valuta di gioco che viene acquistata tramite denaro reale) in Francia e in Belgio, dove adesso i pacchetti Ultimate Team possono essere acquistati solo con una valuta virtuale guadagnata nel gioco. (fonte eurogamer.it)

Da lì si è innescata una reazione a catena, a cominciare dal Regno Unito che sta tuttora valutando se classificare le loot box come gioco d’azzardo. Più decisa, invece, l’azione negli States dove, nell’agosto di quest’anno, un gruppo di consumatori della California ha avviato una class action anche in questo caso contro Electronic Arts: al centro c’è la medesima convinzione che le loot box per Ultime Team siano gioco d’azzardo che coinvolge i minori, a fronte della quale il comitato promotore ha chiesto al publisher un risarcimento totale di 5 milioni di dollari.

La stessa azione è scattata pochi giorni fa in Canada, promossa da due individui che si descrivono come “clienti di EA”, non per FIFA ma per altri due videogiochi sportivi. Il primo afferma di aver acquistato una serie di loot box per Madden NFL, mentre il secondo afferma di averne acquistate in vari giochi della serie NHL.

Insomma, anche se si tratta di azioni civili, la pressione sulle aziende che producono giochi con loot box adesso è molto alta: i governi che non hanno ancora preso una posizione decisa sugli upgrade a pagamento potrebbero farlo, inserendo le loot box bella “black list” dei giochi d’azzardo, con un danno economico ingente per i publisher.

 

Immagine di testa by eurogamer.net

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