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Ripetersi non è mai facile, soprattutto quando si tratta di una grande competizione internazionale. Eppure, in tanti avrebbero scommesso che la squadra italiana di Pro Evolution Soccer avrebbe ben figurato a eEuro 2021.

A cominciare dai protagonisti stessi di quella “spedizione virtuale”: Carmine “Naples17x” Liuzzi, Nicola “Nicaldan” Lillo, Alfonso “AlonsoGrayfox” Mereu e Raffaele “Raf_934” Pagliuca. Un team solido, affiatato e che aveva ben figurato nella qualificazioni, nonostante il ricorso ai Playoff per ottenere l’accesso alla fase finale.

Invece l’Italia di PES è stata eliminata prima dei quarti e ha dovuto fare da spettatore al trionfo della Serbia, avversario sconfitto l’anno scorso nella sfida per il titolo. Qualcosa sicuramente è andato storto. Ma cosa?

Lo abbiamo chiesto a uno dei quattro moschettieri azzurri, Alfonso Mereu. 28 anni, sardo, AlonsoGrayfox (questo il suo nickname quando controlla il joypad) mastica e-calcio tutti i giorni. Non è solo un giocatore pro ma anche streamer (qui il suo canale Twitch), coach di PES (qui quello di YouTube) e commentatore. Chi ha seguito eEuro21 su TIM TV lo avrà certamente visto impegnato con cuffie e microfono durante l’ultima giornata del torneo.

Tutto questo fa di lui un interlocutore ideale per ragionare non solo dell’europeo di PES ma anche di eSports in generale, anche perché la sua visione del settore italiano è davvero a 360°.

Alfonso AlonsoGrayfox Mereu, in tenuta “azzurra” (per gentile concessione dello stesso)

Ciao Alfonso, grazie per la tua disponibilità. Ci racconti come e quando sei arrivato agli eSports?

Un saluto a tutti gli amici di PokerStarsnews.it! Ci sono arrivato abbastanza tardi a dire la verità, anche se di fatto gioco a PES da quando ero bambino. Il competitivo, però, l’ho scoperto solo nel 2018 e in maniera abbastanza casuale. Stavo girando su YouTube quando sono incappato nelle finali del campionato del mondo di PES (eFootball PRO). Parlo di finali dal vivo, almeno allora si poteva. Un evento fantastico e in più a vincerlo è stato un giocatore italiano, Ettore Giannuzzi (Ettorito97, attualmente in forza alla Juventus, ndr). Sono rimasto catturato da quell’episodio e ho capito immediatamente che il competitivo faceva per me.

Iniziare è stato semplice, quindi?

Non del tutto. All’inizio ho trovato alcune difficoltà. Prima di tutto non è stato facile recuperare le informazioni sui tornei, le modalità per partecipare. Su questo devo dire che Konami latita un po’. Anche il circuito stesso del competitivo è un po’ elitario e non sempre aiuta. In ogni caso, nel 2019 riesco a giocare i primi tornei e a raggiungere la finale nazionale.

Com’è andata?

Non benissimo. All’inizio sono stato molto criticato soprattutto per il mio gioco troppo all’italiana, stile catenaccio per capirsi. E poi ero il novellino di turno e forse davo un po’ fastidio. Può essere che questo mi abbia un po’ condizionato, ma la sostanza è che non gioco al meglio e alla fine vengo eliminato. Grande delusione. Sto per mollare tutto, quando incontro Stefano “Stejinn7” Segatori (esporter del Sassuolo, ndr). Con lui stringo una bella amicizia che mi porta al gioco non competitivo in modalità 10vs10. Conosco tante persone, creiamo un bel gruppo e questo mi ridà la voglia di competere. Sempre nel 2019 partecipo a un torneo organizzato da Calciatori Brutti: supero la prima selezione dove c’erano più di 100 giocatori (compreso Ettore), partecipo alla finale live e chiudo tra i primi 4. E da lì è iniziato il percorso di giocatore pro.

La chiamata in nazionale, invece, com’è arrivata?

Più che una chiamata è stata una qualificazione! La Federazione Italiana, a differenza di altre, ha scelto di non selezionare i giocatori azzurri in base ai titoli, ma attraverso una competizione. Per me e anche per gli altri è stata una fortuna, perché altrimenti nessuno di noi, Nicola Lillo a parte, sarebbe stato selezionato. E poi si è avverato il sogno, con la vittoria a eEuro2020.

Un risultato fantastico, davvero. Quest’anno invece non è andata altrettanto bene: cosa non ha funzionato?

Tutti abbiamo le nostre responsabilità per le quali dobbiamo fare autocritica. Però ci sono dei fattori che sono stati molto penalizzanti. A cominciare dall’essere inseriti in fascia 4, tra i team meno forti nonostante fossimo i campioni d’Europa in carica. Il girone D era davvero impegnativo. L’Ucraina ci ha battuto nei Playoff, di nuovo alle finali ed è andata ai quarti al posto nostro. Israele (che abbiamo battuto) era una delle squadre più in forma. E poi c’era la Francia che ha buoni giocatori e soprattutto un roster sopra la media.

Ma il gioco non dovrebbe essere livellato?

Sì e infatti lo è. Però questo riguarda il valore complessivo di ogni singolo giocatore: le differenze di punteggio sono ridotte nel sistema livellato. Restano le abilità specifiche ma soprattutto le caratteristiche fisiche che fanno la differenza. L’Italia è stata penalizzata perché l’aggiornamento ha tolto alcuni giocatori fisici che non sono stati convocati per l’Europeo “reale” e in più ha abbassato di 6 cm la statura di Locatelli. Sembra una cosa da niente, ma nel livellato conta: con questo PES, l’Italia è forte in difesa ma meno a centrocampo e in fase realizzativa.

Qualche falla nel gioco allora c’è…

E’ inevitabile, però PES rimane un grande videogame calcistico. Lo preferisco nettamente a FIFA, che è più “arcade”, anche se ha un pubblico maggiore. Se di falle vogliamo parlare, quelle di Konami riguardano proprio la parte marketing. Se il publisher vuole togliere una fetta di mercato a EA Sports deve imparare a proporsi meglio. Serve più cura verso il competitivo, più comunicazione e più tornei. Io poi eliminerei la “superlega” di PES (eFootball PRO) e renderei tutto open.

Ma soprattutto PES deve unire alle qualità che già possiede (grafica, realismo, aspetto tattico) elementi che lo rendano più divertente. Adesso lo compri a settembre e a novembre le novità sono finite per l’intera stagione. Konami deve capire che ha una Ferrari ma deve renderla adatta a chi gioca “for fun”, perché sono i giocatori amatoriali che fanno il mercato. Forse lo ha già capito, perché sembra che già con PES 2022 qualcosa cambierà.

Sorteggio e roster a parte, c’è qualche altro rimpianto per questa spedizione un po’ deludente?

In realtà il problema vero è che ci siamo allenati tanto, ma alla fine non si sono create le stesse condizioni dello scorso anno. Bisogna avere il coraggio di dirlo. Le squadre che sono andate avanti sono quelle con giocatori che possono dedicarsi solo alla competizione, perché vengono pagati adeguatamente. Non devono preoccuparsi di avere un altro lavoro o di streammare, fare tanti contenuti, coachare per avere introiti.

Giusto per capirci: Carmine (Liuzzi) e Raffaele (Pagliuca) hanno entrambi un enorme talento però uno fa il panettiere, l’altro (Carmine) era senza lavoro e Raf lo ha preso in negozio. Se devi fare questo tipo di vita, capita che agli eventi arrivi un po’ scarico. E anche allenarsi negli stessi orari diventa difficile. L’anno scorso siamo stati aiutati dalla quarantena che ci ha permesso di concentrarci solo sul gioco.

Stiamo toccando un problema condiviso da tanti esporters italiani: quello di visibilità che cresce, ma denaro che non arriva. E’ così?

Esatto! Il problema italiano è quello degli investimenti. Ci vuole più coraggio da parte degli investitori. La Federazione ha investito, l’Uefa anche, ma i privati molto meno. Il fatto di non avere un mercato come quello degli USA o del Far East, non è una giustificazione. I numeri in Italia ci sono, perfino quelli del publico che ha seguito l’Europeo di PES sono in crescita. Il settore esportivo italiano è un mercato importante, è questo il momento giusto per investire!

Di fronte a questo scenario, come vedi il tuo futuro?

Vorrei che andasse nella direzione che ho iniziato a percorrere. Ho deciso di puntare sugli eSports, su PES, per farne un lavoro. La eSerie A con l’Hellas Verona è andata male, anche se il rapporto con la società è stato – ed è ancora – ottimo. Dopo un buon inizio, sono finito nel Loser Bracket e sono uscito anche da lì. Purtroppo la tendinite ha condizionato il mio torneo, non sarei nemmeno dovuto andare a giocare ma l’evento era troppo importante. Ora sto aspettando di sapere quali sviluppi ci saranno a livello di campionato italiano. Nel frattempo, dopo la vittoria nell’Europeo, mi sono buttato nello streaming e nel coaching, perché i giovani si innamorano degli eSports vedendoli sui social.

Nessuno è mai riuscito ad essere un pro player e un buon creatore di contenuti, io vorrei cambiare questa cosa. A chi dice che è impossibile voglio dimostrare che non è così. Se uno lavora e si dedica con passione ce la può fare.

Foto di testa: Alfonso Mereu (per gentile concessione dello stesso)