Nessun arrivo veramente mitico, ma tante piccole e grandi asperità piazzate qua e là lungo il percorso: il Tour de France 2023 sarà abbastanza particolare come tracciato (una sola cronometro di 22 chilometri in leggera salita), incluse le tappe con traguardo in salita. Vediamole nel dettaglio.
Tour 2023, i Pirenei e il Puy de Dome
Pronti via e dopo le prime tre tappe nei Paesi Baschi il gruppo farà rotta sui Pirenei. Un avvio tutt’altro che morbido, ma nemmeno così duro, visto che in realtà non verranno affrontate “di petto” le grandi cime.
La quinta tappa da Pau a Laruns è un buon aperitivo pirenaico, con questo traguardo che torna al Tour dopo cinque anni, da quando vinse nel 2018 Primoz Roglic una frazione partita da Lourdes. Secondo fu Thomas, futuro trionfatore sui Campi Elisi, e terzo Bardet.
Il giorno dopo da Tarbes a Cauterets si farà ancora più sul serio: tappa breve, di 145 chilometri, e arrivo in uno dei posti più spettacolari di tutti i Pirenei, già cinque volte traguardo del Tour. L’ultimo, nel 2015, col polacco Majka a mettere in fila i rivali. Lungo il percorso di quest’anno si scaleranno sia l’Aspin che il Tourmalet, ma solo a 40 chilometri dall’arrivo, quindi non dovrebbe essere così decisivo.
Rischia di esserlo molto di più il Puy de Dome, che torna sul tracciato del Tour de France dopo 35 anni. In precedenza era stato un arrivo mitico e regolare della Grande Boucle fin dal 1952, quando vinse il nostro Fausto Coppi. In cima a questo vulcano hanno trionfato grandi nomi come Bahamontes, Gimondi, Ocana, Van Impe e Zoetemelk.
Una curiosità: sette volte su 13 chi ha vinto sul PdD è arrivato sul podio a Parigi, o ha addirittura portato a casa il Tour de France. Succederà anche quest’anno?
Il Puy de Dome potrebbe far male soprattutto perché verrà scalato l’ultimo giorno della prima settimana della corsa, con molti big che spingeranno consapevoli che il giorno dopo ci sarà il riposo. Gli ultimi 13 chilometri con una pendenza media al 7,7% rischiano di aprire qualche varco in classifica generale.
Tour 2023, Alpi e Vosgi come arbitri
Otto tappe su 21 di questo Tour de France sono classificate come “di montagna”. E anche se non sembra esserci una vera “tappa regina”, un tappone tipo quelli di altri tempi, come si dice, le trappole sembrano piazzate un po’ ovunque, in alta quota.
La seconda settimana si chiude sulle Alpi con un curioso sconfinamento anche nella terza, dopo il giorno di riposo. Prima però bisogna passare dai 1501 metri del Grand Colombier, nella tredicesima tappa che rimane tranquilla fino all’ultima salita, appunto, con “esplosione” nella lunghissima ultima ascesa, oltre 17 chilometri al 7.1% di media che rischiano di diventare indigesti.
Quello sarà l’inizio di un trittico alpino interrotto solo dal secondo e ultimo giorno di riposo. Dopo il Grand Colombier ecco Morzine col Joux Plane hors categorie, che può far male ma indirizzare abbastanza la classifica della Maglia a Pois, per esempio.
Domenica 16 luglio triplo gran premio della montagna di prima categoria con chiusura a Saint Gervais-Mont Blanc. Da qui si ripartirà curiosamente il mercoledì dopo il riposo e la cronometro individuale, per arrivare a Courchevel, dove Pantani dominò nel 2000 spazzando via tutti gli avversari in quella che sarebbe stata la sua ultima vittoria al Tour.
Il Col de la Loze coi suoi 2304 metri di altitudine sarà il Souvenir Henri Legrange, il punto più alto di questa Grande Boucle.
Ultimo arrivo in quota per la penultima tappa, sui Vosgi, a Le Markstein, inedito come traguardo ma non come punto di passaggio per il Tour de France. Frazione con continui su e giù, compresi i due Ballon d’Alsace, montagne sempre dal grande fascino.