Ormai, da almeno due anni, il canovaccio del mondo del ciclismo è sempre lo stesso: Tadej Pogacar, come pochi eguali avevano fatto nel passato, sta letteralmente dominando la Grande Boucle per il secondo anno consecutivo, lasciando le briciole agli avversari.
Qualcuno pensava che con la tappe pirenaiche degli ultimi giorni di gara, gli avversari avessero potuto quantomeno avvicinare lo sloveno in maglia gialla; la risposta di Pogacar è stata eloquente, con una straordinaria vittoria giovedì 14 sul celebre Col du Portet, bissata piuttosto clamorosamente da un secondo trionfo il giorno successivo, venerdì 15, sul traguardo di Luz Ardiden.
In attesa di un trionfo sui Campi Elisi che sembra sempre più probabile, andiamo a conoscere meglio questo straordinario campione.
Il talento di Komenda
Tadej Pogacar nasce a Komenda, piccolo comune sloveno nei pressi di Kranj, il 21 settembre 1998.
Fin da giovane – indirizzato anche dalla famiglia – Tadej inizia a muoversi in bicicletta e a competere nelle categorie giovanili, tanto da debuttare con grandi speranze nelle categorie juniores a partire dal 2015.
A poco a poco, nel tempo, arrivano i primi successi, in Slovenia e in Italia, tanto da trovare prima l’ingaggio con la formazione Continental Rog – Ljublijana; la conquista del prestigioso Tour de l’Avenir, unitamente al Giro della Regione Friuli Venezia Giulia, gli valgono (è il 2018) un prestigioso contratto con la UAE Team Emirates.
Nel 2019, Pogacar passa quindi al professionismo con la sua nuova squadra, ed è un crescendo di successi: a soli 21 anni conquista il Tour della California (diventando il ciclista più giovane di sempre a vincere una gara a tappe dell’UCI World Tour) e in seguito ben tre tappe alla Vuelta.
L’anno successivo, il 2020, è quello della consacrazione: Tadej fa il suo esordio al Tour de France, dove ottiene tre vittorie di tappa ma soprattutto vince la classifica generale, portando a casa anche la classifica scalatori e quella dei giovani.
In questo 2021, se escludiamo il Tour che sembra quasi in cassaforte, Pogacar aveva già vinto (tra molte altre rassegne) nientemeno che la Liegi-Bastogne-Liegi, dando saggio di essere un atleta che a suo agio in tutte le circostanze, montagna, crono o sprint che sia.
Tra i più grandi nella storia?
Siamo chiaramente di fronte ad un predestinato, questo è molto evidente. Uno di quegli atleti destinati a cambiare la storia di uno sport. Parliamo di un ciclista con un fisico asciutto ma potente, con grande intelligenza tattica e ottimo razionamento delle energie.
Pertanto, gli appassionati di ciclismo si divertono già a paragonare Pogacar a questo o quel ciclista del passato, per capire dove Tadej potrà arrivare.
Considerato infatti che Pogacar ha sia abilità nelle corse in linea, che a cronometro o in scalata, viene automatico il paragone con dei mostri sacri alla Indurain, che negli anni ’90 primeggiava su qualsiasi tipo di tappa. Sicuramente molto meglio di Froome e Contador (ultimi recenti plurivincitori della corsa gialla) se si guardano le capacità di fondo e di recupero, molto più accentuate nel corridore sloveno.
Più in generale, l’adattabilità di Pogacar (anche se fortemente aiutato da un team eccellente come quello della UAE Team Emirates) risulta essere un’arma vincente così impressionante che lo pone alla stregua dei vari Coppi, Bartali e Merckx: ciclisti eccezionali che sono rimasti nella storia per le loro imprese.
Paradossalmente, suonano quasi come un complimento le illazioni su un suo possibile utilizzo di doping, da tanta è la sua superiorità: Tadej rimanda tutto al mittente, spiegando di venire da una buona famiglia e che il suo passo mostruoso sia figlio solo della fatica.
Dovesse portare a Lubiana (come sembra) anche questo secondo Tour, l’obiettivo si sposterebbe su Tokyo, dove diverrebbe (sia per la corsa in linea che per la gara a cronometro) uno dei papabili vincitori.