Doppietta ci si aspettava e doppietta è stata. Ok, non è stata quella più pronosticata, ma alla fine a fare festa è stata sempre l’Olanda.
La Parigi-Roubaix numero 119 della storia non ha tradito le attese della vigilia per l’edizione che ha segnato il ritorno nella canonica collocazione primaverile dopo tre anni.
A succedere nell’albo d’oro a Sonny Colbrelli è stato l’olandese Dylan van Baarle, ovvero il secondo classificato del Giro delle Fiandre, la corsa che aveva consacrato il connazionale Mathieu Van der Poel come il favorito numero uno per la più “infernale” delle Classiche del nord.
Il fuoriclasse della Jumbo-Visma ha invece sbagliato piuttosto clamorosamente i tempi d’azione, arrivando con le gambe pesanti nel momento decisivo della corsa e facendo così la fortuna del connazionale classe ’92.
Davvero strano il ciclismo, se si pensa che su queste strade Van Baarle non si era mai distinto, arrivando addirittura fuori tempo massimo nel 2021, ma capace, appena sei mesi più tardi, di togliersi tre soddisfazioni non da poco: quella di diventare il settimo olandese a vincere la corsa, il primo dal 2014, anno del successo di Niki Terpstra, quella di trionfare nell’edizione più rapida della storia, condotta con una media di 45,762 sui 257,2 km e quella di diventare il primo a vincerla per la Ineos-Grenadiers, la squadra più forte del mondo, ma storicamente battuta alla Roubaix ai tempi di Wiggins.
Così se Van der Poel era atteso alla doppietta col Fiandre per emulare Fabian Cancellara, l’ultimo a riuscirci nel 2013, a eguagliare la Locomotiva di Berna è stato proprio Van Baarle, ma per il distacco sul secondo, 1’47”, mai così ampio dai tempi del secondo trionfo dello svizzero, che nel 2010 rifilò due minuti secchi a Thor Hushovd.
Secondo posto che è andato a Wout Van Aert, uno che ha poco da rimproverarsi dopo aver trascorso la prima parte della primavera a fare i conti con il Coronavirus: il belga ha fatto il possibile, ma la Ineos aveva studiato la corsa nei dettagli e il resto l’ha fatto il momento di grazia di Van Baarle, portatosi in testa ai -25 km dalla fine per poi sferrare l’attacco decisivo laddove in pochi se lo sarebbero aspettati, nel settore numero 5 di pavé a Campin en Pevele.
La gara si è decisa lì, con tanti saluti ai più sfortunati della giornata a partire da Matej Mohoric, lo sloveno protagonista assoluto della prima parte di corsa, ma venuto meno nel finale e alla fine solo quinto.
Tra chi può imprecare con la malasorte c’è anche il contingente di italiani, andati oltre le aspettative, ma tutti vittime di forature nei momenti cruciali, da un Pippo Ganna attivissimo in avvio, ma alla fine solo 35° a 4’47”, lo stesso tempo del migliore dei tricolori, Andrea Pasqualon, 19°, fino a Davide Ballerini, tradito dalla sfortuna ad Arenberg mentre era nel gruppo di testa. Per chi avrà smaltito la fatica e avrà voglia di riscatto l’appuntamento è per le ultime due gare monumento della primavera, Freccia Vallone mercoledì 20 e Liegi-Bastogne-Liegi domenica 24.
Poi, sarà quasi tempo di pensare all’Ungheria, da dove il 6 maggio partirà il Giro d’Italia.