Marco Pantani ha vinto poche volte in carriera, almeno numericamente, rispetto ai grandissimi: certo, i suoi trionfi hanno sempre avuto qualcosa di epico, come quello al Santuario di Oropa al Giro del 1999, quando con una rimonta rabbiosa superò tutti, letteralmente, e andò a conquistare la quindicesima tappa.
Fu una dimostrazione di forza senza precedenti, che purtroppo lì per lì sarebbe passata in secondo piano dopo la squalifica improvvisa per ematocrito alto di Madonna di Campiglio, alla vigilia della penultima frazione della corsa rosa.
Oropa e il salto di catena di Pantani
La situazione quel 30 maggio 1999 è abbastanza delineata, al Giro d’Italia: Marco Pantani il giorno precedente ha strappato la Maglia Rosa a Laurent Jalabert e ha 53 secondi di vantaggio sul “Falco” Paolo Savoldelli.
Il “Pirata” è in forma smagliante, secondo i suoi preparatori non è mai stato meglio in vita sua, nemmeno nel 1998 quando aveva completato la leggendaria doppietta Giro-Tour. Nel 1999 sulle strade della corsa rosa ha già vinto sul Gran Sasso e aspetta le grandi montagne per la stoccata definitiva.
Il 30 maggio c’è una tappa tutta in terra piemontese, da Racconigi al Santuario di Oropa, appena fuori Biella, su una salita di circa 12 chilometri e piuttosto dura, al 6.2% di media: siamo nell’ultima settimana del Giro, ormai le carte sono sul tavolo.
Per rispondere alla crisi del giorno precedente Jalabert va all’attacco. Il francese è virtualmente fuori classifica ma punta al podio. A nove chilometri circa dal traguardo di Oropa però Radiocorsa annuncia che Pantani si è dovuto fermare. “Ha forato”, si dice, mentre le telecamere della Rai indugiano sul romagnolo che in Maglia Rosa sta armeggiando a bordo strada sulla sua bici.
In realtà quello che è successo è che Marco ha avuto problemi nel cambio. In un attimo ha dovuto fare un balzo indietro di almeno dieci anni, a quando da dilettante non aveva meccanici e una squadra intera a disposizione, ma doveva arrangiarsi da solo.
Ora è diverso, il salto di catena gli ha fatto perdere un mucchio di tempo da Jalabert, ma mentre si ferma, con i gregari Velo e Borgheresi ad aspettarlo, sta già pensando a come rimontare. Non appena si ricompone tutto il gruppetto della Mercatone Uno, con Garzelli e Zaina sugli scudi, il blocco giallo dagli ultimi posti del gruppo riporta il suo capitano insieme al resto dei corridori.
In faccia a ogni imprevisto
Pantani è diventato il ciclista più amato anche perché in carriera ha dovuto affrontare qualsiasi tipo di imprevisto e di incidente: la macchina contromano che gli aveva rotto la gamba alla Milano-Torino, il gatto che ne aveva provocato il ritiro al Giro d’Italia 1997, sempre qualcosa ad impedirgli di spiccare il volo.
Quello di Oropa è per Pantani un imprevisto “nuovo”, un salto di catena al momento della verità. Forse non avrebbe bisogno di rimontare, ma l’orgoglio del Pirata è più forte anche della strategia da attuare. Ha perso 40 secondi, ma li recupera tutti, con gli interessi, negli ultimi 4-5 chilometri di salita.
Ivan Gotti che se lo vede passare accanto è quasi affranto, affermerà: “Era meglio se non lo guardavo, andava troppo forte”. Si sciolgono tutti i battistrada, dallo stesso Gotti a Miceli, Simoni ed Heras fino a Jalabert, che ai meno 3 osserva Pantani sfilargli accanto con un’agilità impressionante.
In totale trance agonistica Pantani vola verso Oropa appioppando 21 secondi a Jalabert e 35 a Simoni. “Quando la salita si fa dura Pantani è il più forte di tutti”, commenta Adriano De Zan in diretta sulla Rai.
Rabbia e orgoglio per una grande rimonta, grazie anche a una squadra come la Mercatone Uno completamente al servizio del suo capitano. Giro d’Italia ipotecato per Pantani, specie dopo le successive due vittorie dell’Alpe di Pampeago e di Madonna di Campiglio, prima che proprio qui si consumi il dramma della squalifica per ematocrito alto.