Periodo di ritiri eccellenti nel mondo del ciclismo, dopo Rigoberto Uran è toccato a Mark Cavendish, formidabile sprinter inglese dell’Isola di Man, forse uno dei migliori uomini veloci di ogni epoca.
Una carriera lunghissima e di successo, un addio che lascerà un vuoto enorme nel gruppo dopo oltre 15 anni di protagonismo da parte di “Cav”.
Andiamo a vedere comunque i cinque motivi per cui lo ricorderemo sempre con piacere.
Mark Cavendish, l’uomo dei record al Tour de France
Basterebbe solo questo per far entrare nei libri di storia Mark Cavendish: perché nessuno al Tour de France ha vinto più tappe di lui, ben 35, battendo uno come Eddy Merckx.
Anche la rincorsa a questo record si è caricata di significati quasi agonici, i tentativi continui, anche in condizioni proibitive visto che Mark Cavendish ha centrato il 35esimo successo nel 2024, a 39 anni.
Lo scarto di anni, poi, tra la prima e l’ultima vittoria al Tour de France (16), è degno di un corridore straordinario, capace di reinventarsi in più epoche, con avversari diversi.
Nel 2008 per esempio erano quelli della generazione di Zabel, mentre adesso ci sono i Merlier, i Philipsen o i Milan.
Una caparbietà commovente
A tal proposito, il secondo motivo per cui ricorderemo senza dubbio Mark Cavendish è stata la sua “cocciutaggine”, chissà, per raggiungere un record che sembrava imbattibile. Quello, appunto, del maggior numero di tappe vinte al Tour de France.
Ha cambiato squadra, accettando di “scendere di livello” e quindi di qualità del treno verso lo sprint, perché passare dal “Wolfpack” della Quick-Step all’Astana, a questa Astana, è stato un evidente passo indietro.
Tuttavia Mark Cavendish con il team del Kazakistan ha centrato quest’anno a Saint-Vulbas il suo 35esimo timbro alla Grande Boucle.
Quel 2011 da antologia
Tre tappe al Giro d’Italia, cinque al Tour de France e la vittoria nel campionato del mondo a Copenaghen. Si sono visti anni peggiori per un ciclista, come quel 2011 per Mark Cavendish.
Era il periodo della semi-onnipotenza per l’inglese, uno che è stato capace (primo e unico nella storia) di conquistare sempre al Tour de France per quattro anni consecutivi l’ultima tappa allo sprint sugli Champs-Elysées.
Cav comunque in carniere ha anche una Milano-Sanremo, a conferma della sua abilità nel saper trovare le occasioni giuste.
Un fisico esplosivo capace di resistere al tempo
Mark Cavendish è un normotipo, a differenza degli sprinter odierni che ruotano tutti intorno al metro e 90 se non di più come, appunto, il nostro Jonathan Milan.
L’inglese infatti con il suo metro e 75 è riuscito sempre a imporsi in mezzo a tipi più grandi e grossi di lui, ma meno svelti, chissà, sia di gambe che di testa.
Del resto Mark Cavendish ha sempre saputo sfruttare il suo fisico esplosivo per imporsi.
Mark Cavendish sempre competitivo, anche in pista
Mark Cavendish ha sempre dato l’idea di un ciclista a cui piaceva fare il suo lavoro, che fosse nelle gare in strada o in pista. Del resto anche indoor l’inglese è stato una sentenza, vincendo per esempio un argento nell’Omnium a Rio de Janeiro nel 2016.
In un’epoca, quella attuale, in cui ogni dettaglio viene monitorato dai ciclisti e dalle squadre, Mark Cavendish con il suo attaccamento alla bicicletta è stato senza dubbio un esempio.
Talento e costanza, così l’inglese dell’Isola di Man è stato e rimarrà sempre nella leggenda.