Aprire la strada, farsi largo nel gruppo, per Greg LeMond non è mai stato un problema. Il californiano è stato il primo americano a vincere un Tour de France (3 volte) e a conquistare il campionato del mondo.
Ha lottato in un’epoca dove di galli nel pollaio ce n’erano tantissimi e lui riusciva quasi sempre a metterseli tutti alle spalle.
Hinault, Fignon, Delgado, Kelly, Moser e tanti altri: Greg LeMond è stato un pioniere nel suo Paese in uno sport che gli Usa dovevano ancora scoprire.
Greg LeMond spalla di Hinault
Ci poteva essere uno più americano di Greg LeMond? Cresciuto in un ranch, amante dello sport a 360 gradi (lo sci soprattutto), vita all’aria aperta in una famiglia tutto sommato medio borghese.
E il ciclismo, naturalmente. Inevitabile per andare e tornare da scuola, inevitabile allo stesso modo per uno con enormi problemi personali nel legare stabilmente con amici e compagni, quindi senza accesso agli sport di squadra.
Un talento grezzo ma precocissimo, capace a 18 anni di vincere l’oro nel mondiale in linea juniores. A quel punto è anche difficile cosa fare, perché così giovani di professionisti non ce ne sono.
A bagnomaria negli Stati Uniti per altre due stagioni, finalmente Greg Lemond nel 1981 diventa un pro ed entra in una delle migliori squadre del mondo, la Gitane-Renault di Bernard Hinault, miglior corridore del pianeta per l’epoca.
I due stilisticamente si assomigliano moltissimo. LeMond forse è un filo meno forte negli sprint o nelle situazioni di volata ristretta, ma in montagna regge alla grande e soprattutto a cronometro, anche qua senza dover rendere conto a nessuno, detta già legge.
Non può fare il capitano, naturalmente, ma aiutare sì. Partner preziosissimo per il campione bretone, Greg attende solo la prima occasione per “fare da solo”, o per essere lui stesso il leader. Quando non c’è Hinault vince già in scioltezza anche gare importanti.
Ai campionati del mondo, dove rappresenta gli Stati Uniti, è invece il chiaro capitano: il ciclismo negli States è ancora uno sport praticato a livello semi-dilettantistico, che ispira film tipo “All american boys” (Oscar nel 1980 per la miglior sceneggiatura originale) ma poco altro.
Nel 1982 Greg LeMond si arrende alla “Fucilata di Goodwood” di Beppe Saronni, ma già l’anno dopo vince, sbaragliando la concorrenza con un attacco da lontano.
L’incidente di caccia quando è al top
Hinault e LeMond però hanno sette anni di differenza e quindi è inevitabile la staffetta generazionale, che si concretizza in maniera un po’ controversa al Tour de France del 1986.
L’americano ha già al suo attivo due podi alla Grande Boucle e uno al Giro d’Italia. Hinault c’è sempre, ma i gradi di capitano sono per l’americano, che deve compiere uno sforzo mica da ridere in quell’edizione per andare a smorzare gli attacchi del bretone.
L’arrivo in parata, mano nella mano, tra i due della squadra La Vie Claire sull’arrivo all’Alpe d’Huez suggella la pace, ma per metà Tour “il vecchio” Hinault si era dimostrato ancora in grandi condizioni, prima di lasciare spazio a Greg, finalmente vincente.
Il dominio di LeMond sembra solo all’inizio, capitano indiscutibile ormai della corazzata La Vie Claire, ma il destino gli gioca uno scherzo terribile quando nel 1987 rischia davvero la vita, e non per via di una bicicletta.
Durante una battuta di caccia (altra sua passione oltre allo sport) con il cognato, il 20 aprile di quell’anno, rimane gravemente ferito. Per due anni di fatto non correrà più, mentre è al top della carriera.
Con la massa muscolare azzerata, il fisico e la mente da recuperare, molti credono addirittura che Greg LeMond mediti il ritiro dopo l’incidente di caccia. Alla moglie Kathy ha parlato persino di ritiro.
Invece torna nel 1989, sono passati due anni e anche solo rivederlo in gruppo è quasi un successo. Il fatto è che Greg LeMond proprio non va, le sensazioni sono pessime e la concorrenza mica è rimasta a guardare.
Al Tour de France hanno vinto due onesti corridori ma non due fenomeni: Stephen Roche (il cui 1987 rimane uno degli acuti individuali più incredibili nella storia del ciclismo) e Pedro “Perico” Delgado.
Gli 8 secondi per la storia
La rivalità vera è con Laurent Fignon, “Il professore”, il francese che corre con gli occhiali da vista e il codino, personaggio unico e corridore di gran classe.
Al Giro d’Italia del 1989 è 39°, una presenza quasi decorativa; tuttavia nell’ultima tappa, una cronometro con arrivo a Firenze, si piazza secondo dando un minuto abbondante a Fignon.
Ha anche cambiato squadra, firmando con la piccola AD Renting, belga, che ha al suo attivo qualche piccolo risultato, ma nessuno lo considera tra i favoriti, al massimo un outsider per qualche tappa.
Invece Greg LeMond si riscopre competitivo, vincendo la cronometro a Rennes alla quinta tappa per esempio e indossando la Maglia Gialla.
La battaglia a distanza con Fignon è colossale e bellissima. Tra i due il distacco nella generale è di 53 secondi a favore del francese, e i due si palleggiano la Maglia Gialla per quasi tutto il Tour de France, mentre gli altri stanno bene o male a guardare incluso un emergente Indurain.
All’inizio dell’ultima tappa sembra fatta per il francese, con 50 secondi di vantaggio e l’ultima cronometro di 24,5 chilometri da Versailles al centro di Parigi.
Fignon in realtà ha dei tremendi dolori al soprassella che gli impediscono persino di dormire. Tuttavia è sufficientemente forte a cronometro per credere di poter mantenere il distacco: basta gestire, in fondo parte per ultimo.
Greg LeMond invece vola: bicicletta speciale, casco e manubrio aerodinamici. Stravince la cronometro andando a una media di 54,545 chilometri di media, la più veloce di sempre al Tour de France.
E FIgnon? Il francese pure va alla grande, ma non è sufficiente. Perde la tappa per 58 secondi e il Tour per 8, lo scarto più basso nella storia della Grande Boucle tra un vincitore e il secondo.
Greg LeMond contro i metodi di Armstrong
Greg LeMond vincerà anche il Tour de France del 1990, stavolta in modalità “ragioniere”, ovvero senza portare a casa nemmeno una tappa.
Lo fa con addosso la maglia del campione del mondo, conquistata nel 1989 a Chambery. Al momento è l’ultimo ad esserci riuscito.
Il suo avversario più pericoloso nel 1990, quello che va più vicino a togliergli la Maglia Gialla, è il nostro Claudio Chiappucci.
Il “Diablo” vola sulle montagne e indossa il simbolo della leadership dopo la dodicesima frazione. Arriva ad avere 2 minuti di vantaggio sull’olandese Breukink, ma crolla nella tappa pirenaica di Luz Ardiden.
La frazione la vince Indurain, ma l’attacco è orchestrato soprattutto da Greg LeMond, che si porta a 5 secondi da Chiappucci prima di superarlo nella generale alla penultima tappa, la cronometro del Lago di Vassivière.
Il “Diablo” non è un cronoman e soccombe, lasciando oltre 2 minuti all’americano e chiudendo secondo nella generale, onorevolissimo piazzamento comunque.
Terzo e ultimo Tour de France per Greg LeMond, che non troverà più in seguito la brillantezza dei giorni migliori.
Un altro americano diventerà il padrone del ciclismo mondiale, quel Lance Armstrong capace di conquistare ben 7 Tour consecutivi prima che venga scoperchiato il pentolone doping.
Mai tenero con il texano, Greg LeMond, che lo criticherà per le sue frequentazioni con il discusso medico Michele Ferrari, una sorta di guru delle pratiche illecite.
Con tutti i trionfi di Armstrong cancellati per doping, appunto, rimangono solo quelli di LeMond, il ciclista che ha portato questo sport alla ribalta anche negli States.