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Nessuno più di Felice Gimondi ha rappresentato nel ciclismo la capacità di rimanere ad alto livello mentre tutti attorno si accumulavano altri grandi campioni da cui potenzialmente avrebbe preso la paga.

La quintessenza del talento forgiato negli anni, bergamasco fino al midollo, quindi poche parole e tanti fatti: uno dei più grandi corridori italiani di sempre.

Una carriera ricca di successi a tutte le latitudini, un palmarès completo e di assoluto prestigio, dove spiccano un Tour de France, un titolo mondiale e 3 Giri d’Italia.

Felice Gimondi, il figlio della postina

Tutto in famiglia o quasi per il giovane Felice, la cui mamma di mestiere faceva la postina e girava per il bergamasco recapitando lettere e documenti in bicicletta.

Nulla di meglio per Gimondi che seguendo, in maniera diversa, le orme della signora Angela si sarebbe ben presto innamorato di quel mezzo a due ruote, tanto diffuso e amato in quella zona d’Italia clamoroso vivaio per il ciclismo.

Promettentissimo da dilettante, subito importante nella corazzata Salvarani costruita da Luciano Pezzi, il mitico direttore sportivo che tre decenni dopo avrebbe formato un’altra grande squadra italiana, la Mercatone Uno di Marco Pantani: insomma, Felice Gimondi non un predestinato, ma qualcosa di molto vicino.

I risultati? Immediati. Nel primo anno tra i professionisti, nel 1965, terzo al Giro d’Italia e una sorprendente vittoria al Tour de France.

Vittoria al Tour rimediata quasi per caso, visto che Gimondi venne chiamato all’ultimo in sostituzione di Battista Babini, un gregario: il capitano sarebbe Vittorio Adorni, che però tra una forma scadente e un ritiro poi in corsa inevitabile lascia il passo al bergamasco, che prevale su Poulidor eterno secondo e su Gianni Motta.

Sarebbe stato l’ultimo acuto di un azzurro fino al 1998, quando sui Campi Elisi a Parigi lo stesso Felice Gimondi, a proposito di Pantani, sarebbe andato a premiare il Pirata sul podio.

Un’immagine, quella, davvero commovente.

Un fuoriclasse nell’era di Merckx

Appena in tempo prima dell’arrivo di un coetaneo belga, un certo Eddy Merckx, che avrebbe dominato per quasi un decennio, con il bergamasco a dargli battaglia, uscendone ogni tanto persino vincitore.

Felice Gimondi era il punto di riferimento di un movimento molto ricco, quello dei ciclisti italiani, che cercavano di raccattare le briciole lasciate dal “Cannibale”: non tantissime in realtà, ma alcune di prestigio.

In 13 anni di carriera, dal 1965 al 1978, il bergamasco riesce a vincere oltre al Tour de France anche tre volte il Giro d’Italia (una è quella della cacciata per doping di Merckx) e una Vuelta di Spagna, nella sua unica partecipazione.

Felice Gimondi è quindi uno dei sette ciclisti in grado di conquistare tutte e tre le grandi corse a tappe almeno una volta. Questo lo rende oltre che un fenomeno, un corridore davvero speciale.

In più è anche il ciclista con più podi al Giro d’Italia: ben 9, frutto di 3 vittorie, 2 secondi posti e 4 terzi posti.

Che corridore era Felice Gimondi

Più alto e più robusto della media dei corridori, grande capacità di fondo ma anche abile in montagna, negli sprint e a cronometro, Felice Gimondi è stato un ciclista completissimo.

Non a caso nel suo palmarès troviamo anche una Milano-Sanremo, vinta nel 1974 con un attacco ai meno trenta chilometri dal traguardo, con la maglia di campione del mondo addosso.

Oltre alla Classicissima, Felice Gimondi ha conquistato anche una Parigi-Roubaix nel 1966 spazzando via i rivali e due volte il Giro di Lombardia, di nuovo nel 1966 e nel 1973.

In tutto questo, come spesso succedeva all’epoca, alternava l’attività in pista, con le Sei Giorni anche nei palazzetti in Italia e in generale in giro per il mondo.

Il capolavoro: il Mondiale vinto nel 1973

Poche settimane prima della sua seconda cavalcata trionfale al Giro di Lombardia, Felice Gimondi aveva conquistato il campionato del mondo.

Appuntamento a Barcellona il 2 settembre del 1973, quando ci sono tutti i migliori a giocarsi l’iride. Mancherebbe Gianni Motta, il più in forma della pattuglia azzurra, ma il commissario tecnico Defilippis decide di non convocarlo, suscitando un mare di polemiche.

Felice Gimondi non sta attraversando un grande periodo, ha quasi 31 anni, forse ha già imboccato la parabola discendente della carriera. Eppure è lì a remare ancora, mentre i duellanti più in voga sono il solito Merckx e lo spagnolo Luis Ocaña, che si sono spartiti i tre grandi giri della stagione.

E il bergamasco è lì, assieme ai due favoriti, dopo una fuga partita da lontano, con Merckx spalleggiato dal connazionale Maertens, che appare il trampolino di lancio ideale per il trionfo del “Cannibale”.

Invece no, in volata Gimondi sa farsi valere, come detto si è costruito una bella carriera anche in pista.

Merckx prende l’iniziativa, ma per una volta nella sua vita sbaglia i calcoli nel finale e non approfitta del lavoro di Maertens, che di fatto tira la volata anche a Felice. Colpo di reni decisivo del bergamasco e vittoria, con il “Cannibale” addirittura quarto.

La ciliegina sulla torta di una carriera straordinaria, da grandissimo.