Cosa porta milioni di tifosi in tutto il mondo a seguire così assiduamente di le partite di calcio? Questo è un quesito che i non appassionati si pongono sovente e paiono non riuscire mai a trovare una risposta esaustiva. D’altro canto, i tifosi rispondo il più delle volte che si tratta di fede. Sia essa legata alla propria infanzia o all’attaccamento alla propria città.
In realtà, ciò che tiene il più delle volte gli spettatori con l’attenzione rivolta a ciò che accade sui campi da calcio sono le storie. Quelle favole a lieto fine che spesso vedono protagoniste compagini poco blasonate, il cui andamento è un andirivieni tra massima serie e campionato cadetto fino ai dilettanti.
Il protagonista di una di queste vicende totalizzanti, che raccontate a distanza di qualche anno provocano un brivido di commozione e nostalgia, è stato il Vicenza. Il club veneto ha vinto inaspettatamente la Coppa Italia nel 1997 e ad oggi questo resta un trofeo in bacheca da coccolare e del quale andare molto fieri.
Il tifoso italiano ha spesso un difetto fatale, ovvero lodare ciò che accade all’estero dimenticandosi così delle favole tricolori. È stato celebrato giustamente Claudio Ranieri dopo l’impresa con il Leicester. Oppure la vittoria del campionato europeo da parte della Grecia, guidata da Otto Rehhagel, nel 2004 ai danni del ben più blasonato Portogallo.
L’ascesa richiede un cambio. Guidolin al posto di Ulivieri
Le basi per ciò che sarebbe accaduto sono state messe qualche anno prima. Il tutto parte da un cambio in panchina. Nel 1994 Ulivieri decide di ritornare ad allenare in Serie C1 per aiutare il Bologna a risalire la china. Da qui la squadra viene affidata Guidolin. Ritornò in Serie A dopo la tutt’altro che lusinghiera esperienza all’Atalanta, esperienza terminata con l’esonero dopo solo 10 giornate.
La scelta di Guidolin non convinceva nessuno. Era considerato un allenatore mediocre adatto per una squadra di media classifica di Serie B. Eppure Vicenza ed al contempo il tecnico si rendono conto di poter puntare più in alto. Questa convinzione persiste nonostante alcune lacune a livello di rosa che si fanno sentire specie nella prima parte di campionato.
Il girone di andata è caratterizzato da una solida fase difensiva grazie alla quale riescono molto spesso a mantenere la porta inviolata ma a noN decollare è l’attacco. Innumerevoli gli 0-0 che a fine stagione saranno complessivamente 12. Vale la pena ricordare che uno di essi ha rappresentato uno dei match più discussi degli anni 90′.
Nel corso del girone di ritorno il Vicenza sembra ridestato ed il cambio di marcia è evidente. Tant’è che i veneti quell’anno riescono ad ottenere la promozione con una giornata di anticipo. Gli uomini di Guidolin si piazzano dietro al Piacenza di uno dei giocatori destinati a diventare simbolo della Serie A, ovvero Pippo Inzaghi e alle spalle anche dell’Udinese.
Questo passaggio alla massima serie sarà il primo passo verso una favola. I più erano convinti che quello del Vicenza sarebbe stata una presenza flash e che il suo destino verso il ritorno al campionato cadetto fosse segnato. Questa convinzione viene presto spazzata via e gli uomini di Guidolin mostrano di meritare un posto in Serie A.
Il Vicenza si piazza nona nella stagione 1995/1996 e non rischia mai di finire nella zona retrocessione. Il 4-4-2 messo in campo da Guidolin è vincente e convincente ed in poco tempo il tempo riesce a farsi apprezzare anche dai più reticenti. Sarà lo stadio Romeo Menti la cornice nella quale sono andate in scena le più grandi soddisfazioni. Tra di esse il pareggio contro il Milan futuro campione d’Italia.
Stagione 1996/1997: l’anno dei sogni del Vicenza
Il secondo anno in Serie A si dimostrerà essere quello della definitiva consacrazione. Il destino dei biancorossi si incrocerà di nuovo e fatalmente con quello del Milan. Partendo dall’inizio, il Vicenza ha espugnato il Franchi grazie ad un poker messo a segno di Otero. I veneti a novembre si sono persino ritrovati primi in classifica grazie al 2-0 rifilato alla Reggiana.
Il Vicenza è impegnato contemporaneamente su due fronti. Il campionato e la Coppa Italia. La seconda prosegue senza particolari colpi di scena ma sempre con la solidità caratteristica che Guidolin è riuscito ad imprimere ai suoi. I biancorossi si liberano una dopo l’altra di Lucchese, Genoa e Milan.
I rossoneri potevano vantare in rosa nomi del calibro di Baggio, Weah e Savicevic eppure furono travolti dall’entusiasmo della squadra allenata da Guidolin. Nonché penalizzati dalla regola del gol fuori casa. Tuttavia, è interessante ricordare come il Menti fosse il fortino del Vicenza. Luogo in cui in quegli anni i padroni di casa furono assoluti protagonisti.
Lo stesso Guidolin ha ricordato come i suoi considerassero la sfida contro il Milan il crocevia per un possibile grande obiettivo. Queste le parole dell’ex tecnico: “A Milano disputammo una partita molto buona, ma la seconda fu ancora più bella. Io ero squalificato, la vidi dalla tribuna. La squadra giocò una partita entusiasmante. Lì cominciammo a capire che la coppa poteva essere nostra“.
E così fu. Lo 0-0 del ritorno, dopo l’1-1 dell’andata regalò la semifinale al Vicenza. Ironia della sorte, si sarebbe dovuto giocare l’accesso alla finale con il Bologna. Sulla cui panchina si trovava il non più compianto ex Renzo Ulivieri. Nella prima doppia sfida al Menti i biancorossi si impongono per 1-0.
Degno di nota è il match di ritorno. Il Vicenza si appresta ad affrontare il Bologna al Dall’Ara. Gli emiliani passano a fine primo tempo grazie alla rete di Scapolo. La squadra di Ulivieri sembra in gestione e la strada verso i supplementari definita. Qui invece accada l’impensabile: gol di Cornacchini ad un minuto dal novantesimo.
La finale è del Vicenza. A fare la differenza è anche stavolta il gol in trasferta. Ad aspettarli il Napoli che ha appena esonerato Gigi Simoni che ha già un accordo con l’Inter per la stagione successiva. I partenopei hanno momentaneamente affidato la panchina al tecnico della Primavera Vincenzo Montefusco.
Il 8 maggio 1997 il Vicenza vuole giocarsi le proprie carte per imporsi e l’atteggiamento inizialmente sommesso non deve trarre in inganno. La finale di andata ha visto la vittoria del Napoli per 1-0. All’epoca era ancora denominato Stadio San Paolo e fu la cornice per il successo dei propri beniamini che però non fu sufficiente per vincere la coppa.
Tuttavia, ad essere decisiva per il Vicenza è stata la sfida di ritorno. Giocata tra le mura amiche del Menti il 29 maggio 1997. I più tifavano nella speranza di un ribaltamento di fronte, gli altri vivevano in trepidante attesa la realizzazione del sogno. I biancorossi, forti dei loro sostenitori si rivelano decisivi sin da subito. Vincono 3-0 e si portano a casa il trofeo.
L’immagine di Giò Lopez, il capitano, che alza al cielo la Coppa vinta dal Vicenza è storia. Il sogno è divenuto realtà come in ogni favola calcistica che si rispetti. Ed i protagonisti di questo successo avranno sempre uno spazio speciale nella memoria di chi il pallone l’ha vissuto e lo vive come uno stato d’animo.