Totti ha smesso di giocare ormai quattro anni fa, Spalletti ha continuato ad allenare dopo l’addio alla Roma – anch’esso risalente al 2017.
Eppure, curiosamente, le polemiche della tormentata relazione tra l’ultimo Totti e il secondo Spalletti – così definito nel capitolo dedicato alla vicenda nel libro “Un capitano” (scritto insieme a Paolo Condò) – non solo non si sono placate, ma si sono persino inasprite.
Oltre al libro-confessione, infatti, è poi uscita anche una controversa serie tv interpretata da Castellitto jr., “Speravo de morì prima”.
Anni di frecciate
In questi quattro anni, tra libri, serie tv e dichiarazioni sparse, più che un confronto tra Totti e l’ex allenatore giallorosso abbiamo assistito ad un vero e proprio monologo del Pupone. Con tanto di intervento di Hilary Blasi, che ha definito il comportamento di Spalletti nei confronti del merito «da piccolo uomo», eticamente parlando.
Nel frattempo Spalletti ha allenato l’Inter, poi si è fermato, e quest’anno è tornato alla carica sulla panchina del Napoli. Indovinate un po’? Nel corso della sua prima conferenza coi partenopei – quella di presentazione – ha avuto modo di commentare la serie prodotta da Sky: «mi dispiace che la sua fiction non abbia avuto successo, alcune scene potevo fornirle anch’io».
Nelle parole di Luciano Spalletti c’è sicuramente dell’ironia ma, come vuole la più antica tradizione teatrale toscana, si nasconde anche una pesante verità: l’allenatore di Certaldo non ha gradito il monologo del capitano, la versione unilaterale, il confronto continuamente sviato dal 10 giallorosso.
È buffo, perché lo stesso Totti, in una recente intervista, ha dichiarato di non essere affatto un egocentrico: «non sono egocentrico. Non sono uno a cui piace parlare, che sogna di apparire o che smania per stare davanti alla telecamera come tanti altri. Preferisco fare tre passi indietro, nascondermi, sparire, se è possibile. Perché con me c’era sempre un rischio. A me piace scherzare, essere ironico e sdrammatizzare, ma dietro una battuta c’è spesso la verità. E la verità certe volte era meglio non esprimerla. Dire quello che sapevo, o che pensavo, avrebbe creato problemi. Avrei fatto solo danni: a me stesso e alla società. Preferivo evitare».
Hai capito il Capitano. Dietro una battuta, dice, c’è spesso la verità. Proprio come è tipico del teatro toscano, per l’appunto. Totti si dice allergico alle telecamere, ma probabilmente l’operazione fatta col libro e la serie tv è ancor più subdola. Egli infatti non è comparso direttamente sulla scena, ma come attraverso un filtro. Tutto il contrario di quanto capitato dopo quel famoso Atalanta-Roma nell’aprile del 2016: il timbro finale su un rapporto logoro da tempo.
Gli scontri più aspri
A pochi minuti dalla fine di un match equilibrato e sbarazzino, come spesso capita tra i bergamaschi e i giallorossi, Totti riceve un pallone sporco al limite dell’area di rigore e senza pensarci due volte calcia con potenza, rabbia e precisione. La sua esultanza è confusionaria. Alza le braccia al cielo rivolto verso la panchina, si porta il ciuccio in bocca e poi sorride in direzione di Spalletti, che nel frattempo sbraita e chiede ai suoi di rientrare a centrocampo neanche fosse che la Roma ha preso gol. 3-3. Gol di Totti. Ma dopo il triplice fischio, negli spogliatoi, succede il finimondo.
«Negli spogliatoi di Bergamo – scrive Totti nel suo libro – accade l’ultimo litigio con Spalletti. Perdo le staffe anche io e ci devono separare in quattro, altrimenti ce le daremmo di santa ragione». Il motivo? L’accusa, da parte di Spalletti, rivolta a Totti e altri componenti della rosa di aver «giocato a carte malgrado i divieti».
Ma c’è un’accusa ancor più grave nei confronti del capitano: «pretendi di comandare, e questa cosa finisce ora». Sulla vicenda, di cui conosciamo come detto solo una versione, ci si è interrogati a non finire nelle radio romane, dopo l’episodio e in questi quattro anni. E c’è da scommetterci: Roma vs Napoli per Spalletti, col probabile ritorno della gente negli stadi, non sarà una partita semplice sul piano emotivo. Eppure non tutti hanno creduto a Totti.
Il famoso quotidiano giallorosso Il Romanista, ad esempio, commentando un altro celebre episodio, quello precedente il match di febbraio contro il Milan, quando Spalletti «cacciò» (secondo la versione ufficiale del libro) Totti da Trigoria, riporta una versione sensibilmente diversa dei fatti.
«Hai sbagliato», dice Spalletti. «Oggi (contro il Milan, ndr) avresti giocato, ma dopo la tua intervista ora sono costretto a depennarti dall’elenco dei convocati».
E Totti: «E io ora che faccio? Me ne devo andare?».
E Spalletti, lapidario: «Fai come vuoi, per me vai in tribuna».
Di quale intervista parla Luciano? Di quella che Totti aveva rilasciato alla Rai appena qualche ora prima: «Mi sento ancora un calciatore e voglio giocare, l’infortunio è alle spalle: sto bene e se sto fuori è solo per scelta tecnica. Spalletti? Con lui buongiorno e buonasera. Speravo che le cose lette sui giornali me le dicesse in faccia».
Parole evidentemente non gradite dal tecnico di Certaldo. Ma va smentita a tutti gli effetti, nonostante questo, la versione ufficiale del libro, a dir poco ingiusta nei confronti di Spalletti, nonché falsa secondo quanto si legge su Il Romanista – che a Roma e nell’ambiente Roma è come dire la Bibbia.
Citiamo dal libro: «Ho saputo che prima del Milan alcuni di voi hanno fatto tardi giocando a carte, dice Spalletti. Non voglio che giochiate a carte, come da regolamento interno».
L’ex capitano della Roma prova a difendersi: «Veramente quel regolamento non è stato firmato da tutti». «Non mi rompere il ca***, Checco – la risposta del tecnico toscano. L’altra volta ti ho permesso tutto, ora non più. Devi correre come gli altri». L’altra volta, detto per inciso, si riferisce ad una sfida col Messina nel lontano 2007. Ci torniamo a breve. Il dialogo tra i due continua.
«Molto bene, accetto la punizione, vedremo se sarò io o sarà lei a pagarne le conseguenze».
Spalletti: «Mi stai per caso minacciando?». T
otti: «Lei sa che a Roma la gente è dalla mia parte, io ho parlato soltanto bene di lei e mi vuole cacciare. Si assuma le sue responsabilità».
Spalletti: «Tu ormai sei come gli altri, dimenticati di quando eri insostituibile».
Totti: «Vigliacco, adesso che non ti servo più mi rompi il cazzo, eh? Sei tornato qui con una missione, portala a termine!».
Il succo è sostanzialmente lo stesso, d’accordo, i toni no. Anche da parte di Totti, che in ogni caso si è sentito trascurato e tradito da chi anni prima lo aveva coccolato come un figlio.
Equilibri ribaltati
Torniamo quindi all’episodio del 2007. Alla vigilia di Roma-Messina Spalletti si era lamentato con Totti e compagni per la stessa identica storia di tanti anni dopo: le partite a carte fino a tarda notte.
Ma in quel caso gli animi si erano presto placati per due motivi fondamentali: il primo è che Totti era nel pieno della sua carriera e in quel momento uno dei giocatori più forti al mondo (nonché Scarpa d’Oro).
Non solo, ma la sua aura a Roma era più potente che mai. Davvero Totti rappresentava in quegli anni l’ottavo Re di Roma. Ancor più che ai tempi dello Scudetto.
Aveva vinto il Mondiale appena l’anno prima, e tra lui e Spalletti non c’era paragone. L’allenatore di Certaldo, reduce dalle esperienze di Empoli e Udinese, aveva tutto da dimostrare. Totti comandava perché in un certo senso era giusto così. Nessuno si sarebbe sognato di metterne in discussione la figura.
Ma i ruoli e gli equilibri tra i due, 10 anni dopo, si ribaltano. Totti non solo è a fine carriera, ma con la Roma non vince dal 2008 (proprio quando c’era ancora Spalletti sulla panchina dei giallorossi). I risultati stentano ad arrivare e il capitano è palesemente a fine carriera.
Spalletti dovrebbe gestirlo, ma fin dal primo momento della sua seconda esperienza a Roma mette le cose in chiaro: qui comando io, e nessun altro deve questionare questo assioma. Si direbbe questo dogma. D’altronde a Roma o sei furbo, o te se magnano. Spalletti ha lasciato a Roma un ricordo splendido, nonostante sia stato protagonista di una delle vicende più discusse e chiacchierate della storia giallorossa. Un autentico scandalo di corte.
Fino alla fine. Fino ai 40’ concessi a Totti nel giorno dell’addio alla Roma, contro il Genoa. Lui, che con Spalletti ha vinto due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana, lui che con Spalletti era diventato l’ottavo Re di Roma, col secondo Spalletti ha chiuso la carriera come peggio non poteva.
«L’allenatore sceglie chi mettere in campo in assoluta autonomia. Mai mi sarei permesso di contestare le sue scelte. Poi però subentra un discorso umano e lì le cose cambiano. Più mi impegnavo più lui cercava la rottura, la provocazione, il litigio. In 25 anni di Roma mai avevo pensato di staccare la spina, ma Spalletti mi portò fino a quel punto».
Si può ben dire, senza avere anche qui una contro-versione sufficientemente attendibile, che anche Totti portò Spalletti fino a quel punto. Fino al punto di dire addio alla Roma nel peggior modo possibile, probabilmente per sempre.