Calcio Bailado. Ma anche estremamente vincente. Il Brasile ha cambiato il volto del “futebol“, così come l’abbiamo conosciuto e così come lo conosciamo ancora oggi. L’ha fatto con storie di riscatto impossibili da dimenticare, ma anche con racconti di talento secondi a nessuno, nemmeno all’Argentina.
Dopo le generazioni d’oro di Pelé e Garrincha, sono arrivate quelle degli anni Novanta e un’altra sta nascendo. Una sorta di reincarnazione continua, che ogni anno sa di poter contare su purissima qualità e su un gioco che man mano si europeizza, pur restando fedele a se stesso.
Va da sé: considerata la vastissima gamma di giocatori dentro ogni grazia di ogni divinità calcistica, stilare una top 11 non solo è stato complicato, ma ci ha messo di fronte a scelte toste, dure, che non andavano certamente prese a cuor leggero. Ecco perché vogliamo iniziare con un piccolo spoiler: tra Dida e Julio Cesar, alla fine, ha vinto Taffarel. Non perché sia stato più forte o più iconico, semplicemente per la sua storia con la Seleçao, unico parametro per determinare quale stella, in questa lunga scia, meritasse di brillare più di altre.
Sarà un 4-2-3-1 un po’ atipico, sicuramente di livello, dal contorno di grandi emozioni. Pronti a viaggiare con noi nella storia verdeoro? Andiamo!
Portiere: Taffarel
Intanto, piccola chicca: sapevate che Claudio Taffarel oggi è il preparatore di uno dei portieri più forti della storia brasiliana? Sì, proprio così: ha intrapreso un nuovo percorso con Alisson, proprio all’inizio di questa stagione è un tesserato del Liverpool (ma continua il suo lavoro con la nazionale brasiliana).
Prima di diventare un professore, è stato un allievo dal talento incredibile: cresciuto all’Internacional di Porto Alegre, è passato da quel Parma lì, dal 1990 al 1993. Poi Reggiana, Mineiro, tre anni al Galatasaray e la chiusura a Parma dal 2001 al 2003. La storia con la Nazionale è stata meravigliosa: dal 1988 al 1998, elemento imprescindibile.
Ha vinto un Mondiale nel 1994, ne ha sfiorato un altro in Francia quattro anni dopo.
Terzino destro: Cafu
Con la gomma da masticare in bocca e due Mondiali in tasca. Mamma mia, la storia del Pendolino Cafu. Cresciuto al San Paolo, poi Saragozza, Palmeiras e la consacrazione alla Roma, dove arriva nel 2003. Dopo sei anni, il passaggio al Milan, dove vince due Champions League, facendo parte di una delle migliori squadre di sempre.
Ah, a proposito di vittorie: non solo Usa 94 e Corea-Giappone 2022 sul palmarés, anche due Copas America, in Bolivia e Paraguay. Nessuno come lui.
Difensore Centrale: Leo Junior
Torino, Pescara, tanto Flamengo prima e dopo. Dalle parti del Filadelfia, uno così, manca ancora e c’è chi ha paragonato Leo Junior vagamente a Bremer.
Certo, ne ha di strada da fare, soprattutto in nazionale. Ma la strada sembra giusta, sembra quella di “papà Junior”, MVP di quella stagione sotto la guida di Radice, di quando il Toro sfiorò uno storico scudetto.
Difensore Centrale: Thiago Silva
Una traiettoria di carriera particolare, ma da 13 anni, dal Milan al Chelsea, in grado di strabiliare il mondo con il suo talento. Thiago Silva è il difensore brasiliano più forte degli ultimi vent’anni.
Non ha mai vinto un Mondiale (e infatti spera nel prossimo), ma ha sempre tenuto altissima la considerazione dei centrali verdeoro. Dal 2008, dalla prima chiama di Dunga, è leader della difesa della nazionale.
Terzino sinistro: Roberto Carlos
Uno dei più grossi rimpianti dell’Inter, una delle più grandi benedizioni del Real Madrid, ancor prima di essere Galacticos. Roberto Carlos è stato il terzino più devastante del calcio moderno: corsa, potenza, tecnica sublime. Recuperava e faceva gol, tantissimi gol, oltre 100 nella sua carriera. Dal 1992 al 2006, il treno sempre in orario.
Con un Mondiale, nel 2002, vinto da assoluto protagonista.
Centrocampista centrale: Falcao
Paulo Roberto Falcao, di origini calabresi, con papà portoghese, e nella storia brasiliana. Per sempre.
Il centrocampista che rese grande la Roma, dal 1980 al 1985, e che fece enorme anche il Brasile, o almeno ci provò. Paolo Rossi gli rubò un sogno, regalandolo a tutti gli italiani, ma nessuno è stato in grado di unire calcio bailado e ragionato, un portento in patria e in Europa.
Centrocampista centrale: Socrates
A proposito di giocatori passati per l’Italia. L’immagine di Socrates, almeno qui, sarà sempre quella in maglia viola Fiorentina, nell’unica stagione trascorsa in Italia dal brasiliano.
Socrates aveva un piede delicatissimo, sapeva calciare come pochi, era l’uomo del palleggio e spesso anche della rifinitura. Per Pelé, “il giocatore più intelligente della storia del calcio brasiliano“.
In Nazioanle disputò 60 gare, 22 gol all’attivo. Era il capitano della selezione dell’82: segnò anche all’Italia.
Esterno offensivo: Zico
Piccola nota a margine: se non l’avete mai visto, recuperate almeno il Cameo ne “L’Allenatore nel Pallone“. Se invece conoscete poco di Zico, recuperate qualche video e qualche gol.
Cioè, “qualche” è dir poco: parliamo di un giocatore in grado di segnare 526 gol in 777 partite, la media che supera un gol ogni due incontri disputati. Una vita al Flamengo, due anni in Italia all’Udinese. Con la Nazionale ha sfiorato il Mondiale in Argentina, nel 1978: fu solo bronzo.
Seconda punta: Pelé
Per alcuni, il più forte di sempre. Per altri, comunque nel Gotha, a godersela con Messi e Maradona. Comunque, nessuno come lui, come Pelé.
Per la storia e per l’impatto che ha avuto sulla storia del Brasile, e non parliamo di calcio, non necessariamente almeno. I Mondiali di Svezia, Cile e Messico del ’70. I numeri ufficiali parlano di 757 reti segnate in 816 partite disputate, media di 0,93 gol a partita.
Di Pelé vale ricordare sempre una frase di Tarcisio Burgnich, a proposito del Mondiale del Settanta: “Prima della partita mi ripetevo che era di carne ed ossa come chiunque, ma sbagliavo“.
Esterno offensivo: Ronaldinho
La pura essenza brasiliana, che però fa sfracelli in Europa. In un Barcellona sì, molto forte, ma non ancora quello di Guardiola, ossia macchina perfetta.
Ronaldo de Assis Moreira è il volto della generazione Ottanta del Brasile, che poi è quella del nostro Duemila. Vince il Mondiale nel 2002, ma soprattutto cambia il calcio europeo con il Barça: una Champions nel 2006, il Pallone d’Oro nell’anno precedente. Due Liga e per tre anni miglior giocatore Fifa.
Il secondo più forte brasiliano dell’era moderna? Per il primo, scorrete qui in basso.
Prima punta: Ronaldo
Luis Nazario de Lima, per tanti Ronaldo, per tutti il Fenomeno. A 18 anni aveva già vinto il primo Mondiale, negli Usa; da protagonista assoluto (e capocannoniere) ha però alzato al cielo quello del 2002. E se non fosse stato per la sfortuna, avrebbe probabilmente portato a casa quello in Francia, nel 1998.
Ronaldo è stato semplicemente il Nove moderno: tecnico, veloce, in grado di fare gol a grappoli e allo stesso tempo bravo a mantenersi leggero e duro, efficace eppure leggiadro.
Una contrapposizione vivente e pure vincente. Psv, Barcellona, Inter, Real Madrid e Milan. Due ginocchia troppo fragili, ma non per entrare nella storia del calcio.