Duri, puri, crudi. Il calcio, quello definito “maschio”, l’hanno rappresentato a suon di prestazioni e qualche brutta intenzione. Ecco, anche qualche fallo è entrato nella storia del gioco, perché a prescindere dalle qualità palla al piede, il vero talento è stato spesso quello di incutere timore agli avversari.
Di fatto, metà dell’opera era già completa nel tunnel degli spogliatoi: avete presente incrociare lo sguardo di giocatori come Paolo Montero o Marco Materazzi? Un uno contro uno con Seba Rossi?
La top 11 dei cattivi è un tuffo nei ricordi, per tutti. Anzi: per qualcuno, è un racconto di incubi.
Portiere: Sebastiano Rossi
Un metro e 97 centimetri. 94 chilogrammi. Il portiere del Grande Milan, da 4 scudetti, 3 Supercoppe, una Champions League nel 1994 e poi le Supercoppe Europee e l’Intercontinentale.
Poi? Un brutto episodio, per Seba Rossi: dopo un calcio di rigore trasformato da Nakata, Christian Bucchi si fionda a recuperare il pallone dalla porta. Il Milan era avanti 2-1, in pieno recupero. In preda a un raptus di rabbia, Rossi finì per stendere l’attaccante con una violenta manata.
Risultato? Squalifica di 5 giornate, con le scuse ufficiali: “Sono andato negli spogliatoi del Perugia e ho chiesto scusa a Bucchi per il gesto – dichiara – Ma non sono pentito. Non so nemmeno se l’ho toccato. Ad ogni modo ha fatto bene a buttarsi in terra, anch’io mi sarei comportato così al suo posto. Secondo me l’ammonizione che mi è stata data prima non c’era, eravamo al 90′. Ma sbagliano i giocatori, sbagliano anche gli arbitri“.
Difensore: Montero
Uno dei video più gettonati su Youtube: tutte le espulsioni in carriera di Paolo Montero. Non ve ne pentirete.
Il centrale uruguaiano ha avuto a lungo il record di cartellini rossi in Serie A, una vera e propria storia d’amore portata avanti tra Juventus e Atalanta. Nel frattempo, ha pure vinto tantissimo. Con il suo marchio.
Difensore: Materazzi
Non a caso, uno dei giocatori più amati e odiati del calcio italiano.
Non c’è mezza misura: Materazzi non sta simpatico, semplicemente bisognava assorbire il suo modo di essere e di giocare. Celebre, la provocazione fatta a Zinedine Zidane, che nella finale dei Mondiali rispose con una testata diventata leggenda. Anche quello servì alla Nazionale per portare a casa la quarta stella della storia.
Difensore: Pepe
In Spagna, il suo modo di giocare veniva definito “brutal”. Cioè brutale, barbaro, durissimo.
Non è un caso che venisse chiamato “macellaio”, e quanto infiammava il pubblico del Real Madrid, squadra con cui di fatto ha vinto tutto. Pepe è arrivato nella Liga nel 2009, e nel 2022 è ancora il capitano del Porto: nonostante l’età, fornisce ancora prestazioni di livello meraviglioso. E di cattiveria unica.
Centrocampista: Poulsen
Ah, i mediani del nord. Christian Poulsen non aveva doti eccelse, eppure ha fatto una carriera di assoluto livello: Schalke 04, Siviglia, Juventus, Liverpool.
Non è da tutti, e non era da tutti pure l’impegno che ci metteva, gara dopo gara. I compiti? Prevalentemente quelli di copertura: aveva temperamento e spesso poteva giocare pure in difesa. Durissimo. Oggi? Lo avrete intravisto: è il vice allenatore della Danimarca.
Centrocampista: Gravesen
Galactico, ma non per scelta di madre natura. Il talento è un’altra cosa, Gravesen ne aveva uno particolarissimo: sapeva far male. E tanto è bastato per guadagnarsi un posto nel Real Madrid, uno da fabbro, ma comunque determinante.
Lo chiamavano “Shrek” – ingeneroso, ma un po’ la somiglianza si percepiva -, era la quantità in un centrocampo raffinatissimo. Una volta malmenò Robinho in allenamento: putiferio.
Centrocampista: Keane
La vendetta è un piatto che va servito freddo? Roy Keane ne sa qualcosa. Irlandese puro, qualità incredibile, voglia di aggredire l’avversario superiore a ogni altra cosa.
Il suo talento l’ha portato a giocare e determinare le sorti di uno dei Manchester United più forti di sempre. Nell’aprile del 2001, l’episodio che lo porta di diritto in questa top 11: 3 anni prima, Haaland senior gli aveva procurato un infortunio ai legamenti del ginocchio; 3 anni dopo, in quel 2001, nel derby di Manchester andò dritto sul ginocchio del norvegese, che fu così costretto ad abbandonare il calcio.
Tre turni di squalifica e 5mila sterline di multa: gli andò bene.
Centrocampista: Barton
Non nominatelo davanti a Massimo Marianella, il quale, in una famosa telecronaca, arrivò a definire Barton “un pericoloso criminale“. Oggi spunta ancora sui vari social, Barton invece è finito nel dimenticatoio: dopo aver giocato per anni tra City, Newcastle e QPR, si è ritirato nel 2017 al Burnley. Peccato: aveva doti importanti, ma sarà ricordato per sempre come “il giocatore più volento della Premier”. Del resto, 36 cartellini gialli e 3 rossi: solo in 5 anni al City.
Attaccante: Cantona
King Eric Cantona. Auxerre. Marsiglia. Bordeaux. Montpellier. Nimes. Leeds. United, per cinque anni.
Perché un giocatore così restava soltanto un anno in ogni squadra? Caratterino, quello di Cantona: grande personalità, foga agonistica, interventi durissimi.
Eppure segnava e decideva, è stato a lungo uno dei giocatori più forti in Europa. Il 25 gennaio del 1995 entra di diritto nella storia dei cattivi: Matthew Simmons, tifoso del Crystal Palace, l’aveva insultato da pochi passi, “protetto” dagli spalti.
Senza pensarci due volte, Cantona gli ha rifilato un calcione volante che gli costa pure la Nazionale.
Attaccante: Balotelli
Cattivo per scelta, non di certo per indole. Mario Balotelli è stato un grande talento sprecato: siamo tutti d’accordo.
E forse avrebbe potuto essere anche… più cattivo. “Come Mike Tyson”, risponderebbe Balo, che in campo ha sempre tenuto tutto dentro, salvo poi esplodere fuori, in atteggiamenti per nulla consoni al ruolo e alle occasioni concesse.
Nonostante ciò, è stato in grado di vincere molto in carriera.
Attaccante: Suarez
Lo scontro con Chiellini, quello ben più grave con Evra. Luis Suarez, se non avesse segnato gol a grappoli, chissà come sarebbe stato ricordato.
Di sicuro, come una punta parecchio complicata da gestire, e non solo per i difensori avversari.
Celebre, il morso a Chiellini nel Mondiale 2014: i due poi si sono avvicinati, pace è stata fatta anche se il Pistolero l’ha definito più volte “un provocatore”.
Nota a margine: dopo quel morso, Luis ha iniziato un percorso di terapia: “Anche adesso ci sono situazioni simili che mi infastidiscono ma ora riesco a far finta di niente e me ne vado: mi sento più intelligente“, raccontò nel 2015.