Il Milan nella sua storia ha avuto una sfilza di campioni. Tanto è vero che almeno in 8 hanno alzato il prestigioso Pallone D’oro e sono infiniti i podi raggiunti da calciatori con la maglia rossonera. Ma davanti a così tanti fenomeni, ci sono stati anche molti bidoni. Giocatori che hanno reso molto meno di quanto sperato e altri che si sono rivelati delle assolute meteore a Milanello e dintorni.
La lista anche in questo caso è lunga e dunque abbiamo provato a stilare la top 11 dei bidoni.
Ovviamente, come i ogni squadra che si rispetti, ecco la riserva per ogni ruolo in modo da tirare fuori una squadra di bidoni al completo. Vi assicuriamo che ne esce un riassunto molto significativo e per certi aspetti grottesco. Capita nel mondo del calcio: come è possibile scegliere futuri talenti o assicurarsi campioni affermati, succede anche di prendere delle cantonate assurde. Ancor di più nel calcio moderno, con le frontiere aperte e i procuratori a farla da padroni.
Lehmann cinque mesi da urlo
Quando si parla di portieri in casa Milan è un contrasto di emozioni. Dai vincenti Galli, Rossi, Abbiati e Dida, passando per Donnarumma, fino ad arrivare a coloro che di papere ne hanno commesse a bizzeffe fra i pali rossoneri. Il più clamoroso per certi aspetti e Jens Lehmann.
Il portiere tedesco arrivò con grandi aspettative in Italia e con la nomea di essere un grande para-rigori. Sta di fatto che a fine ottobre del 1998, Zaccheroni aveva ristabilito le gerarchie: Rossi titolare (fino al famoso gancio a Bucchi), il giovane e decisivo Abbiati secondo e il tedesco mestamente terzo portiere con le valigie già pronte.
A novembre lascerà il Milan, con Frezzolini al suo posto e la truppa rossonera che vincerà un incredibile scudetto. Nella storia recente dei meneghini meritano un posto nella rosa dei bidoni, altri due portieri: Angelo Pagotto e Massimo Taibi.
Il primo arrivò da fresco campione d’Europa con l’Under 21 nel 1996. Bastarono 3 gare e un clamoroso liscio fuori area contro la Sampdoria per non vederlo più in campo. Taibi invece, tenta il grande salto, dopo aver ottenuti grandi risultati in provincia. Non finirà come sperava.
Tra errori ed orrori in difesa
Una volta c’era la famosa linea maginot nel Milan, composta da Tassotti, Costacurta, Filippo Galli, Baresi e Maldini, che aveva fatto le fortune prima del Milan di Sacchi e poi di quello degli «invincibili» di Fabio Capello.
Ma ci sono stati anche difensori che hanno tentanto di lasciare crepe in quel muro umano. Partiamo dal terzino destro e una delle più grandi delusioni rossonere fu Michael Reiziger, 23enne di belle speranze che con l’Ajax aveva battuto il Milan un anno prima in finale di Champions, lascerà pessimi ricordi a Milano. Tabarez ci crede su di lui, ma i risultati saranno scarsi in appena 10 presenze.
Al centro della difesa domina la coppia, Wiston Bogarde e Dario Smoje.
Il primo arrivò a sua volta dall’Ajax e il secondo dal Rijeka in Croazia. Bogarde gioca poco e male, finendo presto ai margini del progetto rossonero. Di lui ricorda Costacurta: “Non credo di averlo mai sentito parlare nello spogliatoio”.
Sul croato invece, bastarono 6 gare ad appena 20 anni per parcheggiarlo in prestito a Monza e Ternana, prima che lo stesso Smoje torni a giocare in Patria.
Completa il pacchetto arretrato, un certo Taiwo. Taye arriva al Milan nell’estate del 2011, dopo 7 stagioni e 191 presenze al Marsiglia. Gioca 4 gare con i Meneghini e poi sparisce nell’oblio.
Per quanto concerne le riserve, a destra merita una menzione Daniele Daino: prodotto del vivaio rossonero, colleziona 20 presenze e poi saluta “San Siro”. Al centro della difesa, meritano una citazione come riserve Julio Cesar e Martin Laursen. Il primo, da non confondere con l’omonimo difensore brasiliano ex Juventus dei primi anni ’90, arrivò dal Real Madrid a dicembre del 1999: appena 1 mese aveva già rescisso il contratto.
Laursen era diventato una sorta di rebus per i tifosi del Milan. Forte sulle palle alte (segnando anche qualche gol) e disastroso con i piedi. Vincerà da gregario la Champions del 2003, per poi cambiare squadra. Infine a sinistra, attenti a Grimi. Arrivato dal Portogallo con tanti buoni propositi, l’argentino tra gennaio e giugno 2007 metterà assieme pochissimi minuti.
Che falle a centrocampo
E’ nel mezzo che si vincono le battaglie. Al Milan lo sanno bene visto il fior fiore dei giocatori passati a comandare la mediana rossonera. Ma anche in questo settore del campo, non mancano le noti dolenti.
In epoca recente, meritano una maglia da titolare i vari Jose Mauri, Sosa e Traorè.
Il primo arriva dal Parma, dopo aver impressionato tutti. In tre anni al Milan gioca una manciata di gare e poi a scadenza di contratto saluta. Sosa al Milan ci arriva da “ex giocatore” e lo si intuisce dai ritmi con cui prova a giocare. La tecnica è indiscutibilmente buona, ma sulla quantità restano parecchi dubbi.
Infine Traorè al Milan ci arriva nel 2012: oggetto a dir poco misterioso, saluta dopo un solo anno e 7 impalpabili presenze. A supporto di questi tre centrocampisti, ecco tre riserve di lusso: “Jimmy” Maini si leverà parecchie soddisfazioni al Vicenza, ma al Milan le sue tracce sono davvero poche.
Per non parlare di Umit Davala. Da perno di centrocampo al Galatasaray e nella nazionale Turca, al Milan va più lento di una lumaca e San Siro già dopo un tempo lo mette alla gogna.
Infine Sam Dalla Bona. Emigrato da minorenne alla corte del Chelsea, il Milan lo recupera nel 2002. Gioca poco e non bene, ma nell’unica stagione rossonera, vince Champions e Coppa Italia.
Attacco spuntato
Da Van Basten a Cerci, c’è di mezzo il mare. Eppure è andata così nella storia del Milan. Alessio Cerci dopo aver ben impressionato al Fiorentina decolla verso Madrid, sponda Atletico ma non sfonda. Ci prova al Milan e finisce ancora peggio. Diciamo che è in buona compagnia, se teniamo conto dei vari Javi Moreno e Mattia Destro.
L’iberico non sarà stato un fulmine di guerra, ma qualche gol di rapina lo ha messo a segno. Destro, lo si ricorda più per la scampanellata di Galliani il giorno della firma che per altro.
Non mancano nomi di spicco fra le riserve. Patrick Kluivert in maglia rossonera è stato una sorta di Bidone. Tante ottime premesse, gol al debutto contro la Juventus nel Trofeo Berlusconi e poi il nulla cosmico. Fatto eccezione per il dito medio mostrato alla tribuna di San Siro, dopo essere stato sostituito in un derby.
Altro bel “Pippero” il buon Josè Mari. Debutta contro la Roma e segna 20 secondi dopo su azione da calcio d’angolo. Poi molti errori sotto porta. Infine, il dopo Sheva doveva essere Ricardo Olivera nell’estate del 2006. Il brasiliano debutta con un gol contro la Lazio alla prima di campionato. Per fortuna del diavolo a Gennaio il Milan prende Ronaldo dal Real e le cose cambiano specie in Champions, con Inzaghi che riposa in Patria e segna a raffica in Europa.