Interpellato da più parti, il presidente dell’Associazione Italiana Calciatori garantisce massima collaborazione in tema di ripresa, contratti e tutela della salute
Anche stavolta si sta erigendo ad ultimo baluardo davanti alla difesa, proprio come faceva quando era in attività. Allo stesso tempo, guarda con molta attenzione quello che sta succedendo “in campo”, è pronto a far sentire la sua “presenza” onde evitare che la sua squadra subisca gol, aspetta l’occasione giusta per “recuperare la palla” e ribaltare l’azione. Immagine non del tutto figurata quella appena descritta di Damiano Tommasi, nato il 17 maggio del 1974 a Negrar di Valpolicella, centrocampista di qualità e sostanza, Campione d’Italia con la Roma (clun che lo ha inserito nella sua hall of fame) azzurro con l’Italia che disputò il Mondiale del 2002. Dal 9 maggio del 2001, però, Damiano Tommasi è il presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, leadership che ha ereditato da mitico Sergio Campana, colui cioè che creò l’associazione col preciso scopo di tutelare meglio gli interessi di chi scende in campo. In più, nel 2018, dopo l’elezione a capo della Federazione Italiana Giuoco Calcio di Gabriele Gravina, Tommasi ricopre anche il ruolo di consigliere federale. Il presidente dell’Aic, così come le altre componenti del mondo del calcio, si è improvvisamente trovato di fronte ad un “semaforo rosso”. Per tutti, al vaglio ci sono argomenti da affrontare, tutti di importanza non trascurabile: la tutela della salute dei giocatori, il rispetto dei loro contratti, la prospettiva che per molti di loro stiano arrivando difficoltà quotidiane, i tempi di ripresa dell’attività. Tutti argomenti che vedono Damiano Tommasi assumere posizioni ferme, coerenti e ribadite nelle interviste che gli sono state chieste da più parti. Nulla si potrà fare, ovviamente, se i giocatori non sono sulla stessa frequenza di Federazioni, Leghe e Club: è un concetto dal quale parte ogni affermazione recente di Damiano Tommasi.
I TEMPI DI RIPRESA – A Rainews 24, Damiano Tommasi ha dichiarato che: «Il limite imposto dalla UEFA, che ha intimato la chiusura di campionati e coppe entro il 3 agosto, è già un segnale importante per capire se ci saranno i tempi per la possibile ripresa. Attualmente più che di una data per ricominciare si continua a rimarcare ‘non prima di’, il che significa che non siamo assolutamente fuori dal problema e c’è ancora troppa incertezza per poter fare programmi».
GLI ALLENAMENTI – «La situazione è seria e ancora imprevedibile – ha sottolineato a Radio Marte – difficile da prevedere quando finirà, ma da alcune settimane abbiamo alcune certezze, ovvero quella che bisogna stare a casa, che non si può giocare a calcio e che non ci si può allenare. Non si può tornare all’attività calcistica normale anche perché in questo momento l’emergenza oltre che la Lombardia, riguarda l’intero paese. Noi che ci occupiamo di calcio dobbiamo andare avanti e capire settimanalmente cosa si può fare e quali siano le posizioni. L’agenda non la dettiamo noi, né la Fifa, né la Uefa, ma la comunità scientifica, in base ai dati che arrivano quotidianamente da tutti i paesi. Ricordiamo che questa è una pandemia, non è un tema che riguarda Bergamo o l’Italia». «Noi saremmo ben felici di poter tornare in campo – ha ribadito su Rai News 24 -anche in estate naturalmente. La salute arriva prima di tutto. Non dobbiamo fare ragionamenti lontani dalla realtà. Quando ci saranno le condizioni di massima sicurezza per tutti, non solo per gli atleti, ma anche per chi lavora attorno ad una squadra di calcio, si potrà pensare a riprogrammare l’attività».
IL RISPETTO DEI CONTRATTI – «Con la Lega Pro abbiamo fatto passi avanti, con la Lega di A al momento abbiamo soltanto discusso dello spostamento di alcuni termini fissati in Accordo Collettivo – è un altro passaggio dell’intervista a Rai News 24 – ci saranno tempi e modi per trovare delle intese, i calciatori sicuramente faranno la loro parte. La nostra preoccupazione è quella di tutelare i redditi più bassi, non solo quelli dei calciatori di Lega Pro, campionato dove il 70% di loro guadagna meno di 50mila euro lordi annui, ma anche dei dilettanti e del calcio femminile. Dobbiamo capire se le risorse che si riescono a risparmiare nel sistema possano servire da copertura per gli stipendi minori. Sono tantissimi ragazzi che oggi non hanno una prospettiva davanti perché non sanno quando e se si tornerà a giocare: il rischio di chiudere anticipatamente è alto e per molti che vivono di calcio è un problema». «Con la Lega di Serie A – ha detto Tommasi a Radio Punto Nuovo – abbiamo cercato un’intesa che non escludo possa esserci nei prossimi giorni. Abbiamo parlato di norme legate all’accordo collettivo, sullo spostamento di alcuni termini, al quale abbiamo aderito. Vogliamo capire qual è l’idea della Lega che dice soltanto di sospendere gli stipendi. In questo momento fare polemiche è fuori luogo, vista la situazione. Sospensione e cancellazione sono due cose diverse, oggi non c’è nessuno stipendio da sospendere, ci sarà tempo e modo per prendere un accordo a seconda di come si svilupperà la situazione». «Bisogna sottolineare i casi specifici – ha detto Tommasi in un successivo intervento a Radio Marte – perché ad esempio chi è in scadenza non può avere lo stesso trattamento di chi ha un contratto di cinque anni. Le situazione individuali le deve sbrigare il club con i giocatori. Il nostro obiettivo è che società e calciatori trovino l’accordo, vogliamo aiutare le parti a essere in sintonia, non alimentari contrasti. Qualsiasi discorso di riduzione, spostamento o sospensione degli stipendi dipenderà anche dall’eventuale ripresa della stagione in corso. I calciatori sono disponibili a fare la loro parte, ma se dall’altra parte non c’è qualcuno disposto a fare la propria vuol dire che stiamo sbagliando qualcosa. Bisogna capire che tutti in questa fase dovranno perderci qualcosa» «Temo – è un concetto espresso a più riprese da Damiano Tommasi – che sia impossibile la ripresa graduale in Italia. Se appena appena si aprono le porte non seguiamo più le direttive della comunità scientifica si rischia di tornare al punto di partenza. La ripresa della stagione dipende dalla condizione del paese e non del referendum di favorevoli e contrari».