Svizzera – Kosovo valida per le qualificazioni al prossimo europeo, in programma sabato 18 novembre alle 20.45, non è una partita come le altre. I risvolti non solo calcistici e sportivi che stanno dietro a questa gara sono molteplici, infatti.
Andiamo dunque a vederli, per capire come la partita tra queste due due nazionali abbia molto più dei tre punti in palio, nonostante all’apparenza non ci sia nulla che lasci presagire chissà quale profondo aspetto.
Svizzera – Kosovo, questioni geopolitiche
Non confinano, non hanno all’apparenza nulla in comune, ma i rapporti tra Svizzera e Kosovo vanno molto al di là della geografia. Dietro infatti c’è la costruzione di una nazione come quella svizzera, formata in larga parte da immigrati: e tutto sommato basta vedere parte dell’undici titolare dell’ultima partita degli elvetici al mondiale del 2022 in Qatar per rendersene conto.
In difesa infatti c’era Akanji e Rodriguez, in mezzo Edimilson Fernandes mentre davanti Vargas ed Embolo. Dalla panchina, Okafor (non ancora milanista), Seferovic, Zakaria, Comert e Jashari. Lontanissima l’idea di fare del razzismo, ma insomma molti di questi calciatori non solo non sono svizzeri, ma non sono nemmeno nati in uno dei cantoni che formano la conferedazione elvetica.
Non abbiamo citato i due leader carismatici di quella squadra, poi: il centrocampista Granit Xhaka e Xherdan Shaqiri, il fantasista mancino e un po’ tracagnotto che abbiamo visto anche in Italia, all’Inter. Ecco, Xhaka e Shaqiri sono originari del Kosovo. Addirittura il fratello di Granit, Taulant, ha scelto come nazione da rappresentare proprio il Kosovo.
Nell’ultimo mondiale il calendario aveva messo di fronte la Svizzera alla Serbia, le cui relazioni col Kosovo sono tutt’ora abbastanza fredde, a livello di riconoscimento. Del resto in passato, tra il 1998 e il 1999, venne combattuta purtroppo una guerra sanguinosa in quelle terre martoriate. Epoca in cui già molte famiglie kosovare avevano scelto la via della fuga, con l’obiettivo di raggiungere proprio la Svizzera.
Sempre contro la Serbia, ma nel mondiale 2018 in Russia, Granit Xhaka e Shaqiri, come dimenticarlo, celebrarono un gol con il gesto dell’aquila, simbolo dell’Albania. Con quest’altro stato diciamo che c’è un filo meno di empatia.
Buoni rapporti tra stati
Secondo alcune recenti inchieste al giorno d’oggi oltre 100mila kosovari vivono in Svizzera e sono circa 250mila i cittadini elvetici che hanno dichiarato di avere come prima lingua l’albanese, ovverosia la lingua che si parla in Kosovo. Insomma, ormai questa comunità è totalmente radicata e i due Paesi hanno concluso accordi bilaterali in vari settori, da quello politico a quello economico. Del resto dopo il conflitto in Kosovo sono stati cospicui i finanziamenti svizzeri.
Di quei 100mila kosovari qualcuno è anche diventato calciatore, naturalmente: e ogni anno ne arrivano di più, ad alto livello. Tra quelli che hanno smesso dobbiamo ricordare anche Behrami e Dzemaili, fermo restando che anche la nazionale del Kosovo piano piano sta crescendo nel ranking e nei risultati, trascinata da giocatori che conosciamo molto bene: l’attaccante Muriqi del Maiorca ed ex-Lazio, per esempio, oppure il difensore Rrahmani del Napoli.
In questo girone di qualificazione all’Europeo il Kosovo è a un passo dall’eliminazione, mentre la Svizzera ha quasi timbrato il cartellino in vista di Germania 2024. I precedenti fin qua parlano di due pareggi, uno in amichevole e uno nella gara “d’andata”, terminata 2-2 lo scorso 9 settembre. Al campo la prossima sentenza.