Ci sono sere in cui il pallone pesa più di una vita. E notti, come quelle che ci aspettano, in cui le luci delle coppe europee si accendono per raccontare storie che non stanno nei numeri, ma negli occhi di chi ancora ci crede.
Eccole qui. Le semifinali di Champions, Europa e Conference League hanno preso forma, e sembrano uscite da un romanzo. Sei duelli, sei squadre per ogni lato, dodici città che sognano. Ma solo tre scriveranno l’ultima riga.
La Champions League
Da dove partire? Arsenal-PSG: Londra sogna, Parigi si gioca tutto. È una sfida da romanzo moderno, piena di stile e contrasti. Da una parte l’Arsenal, che torna a questo punto del torneo vent’anni dopo, e lo fa con una squadra che ha la faccia pulita e il sangue bollente. Dall’altra, un Paris Saint-Germain che sembra ogni anno sul punto di prendersi l’Europa, ma che poi inciampa nei suoi fantasmi.
I Gunners sono un’opera d’arte firmata Mikel Arteta: giovani, rapidi, sfrontati. Hanno travolto il Real Madrid con l’innocenza di chi non conosce la paura. L’Emirates trema di felicità, e quella maglia rossa sembra tornata una corazza. Ma Parigi non si arrende. Luis Enrique ha dato al PSG una struttura mentale, oltre che tecnica. Dembelé è l’uomo copertina, ma occhio a quei mediani silenziosi che fanno girare il mondo parigino.
Sarà una sfida a colpi di fioretto e stoccate improvvise. Un thriller tattico, con il cuore di Londra e l’ambizione di Parigi a contendersi il passaggio più romantico dell’anno.
Poi? Eh, Barcellona-Inter: il destino che s’incrocia, ancora. Perché certe partite non avrebbero bisogno di presentazioni: vivono nella memoria collettiva. Barcellona-Inter è una di quelle. È la semifinale del 2010, è il gol di Piqué sotto il diluvio, è la resistenza di Mourinho, è l’impresa di un’altra era. Ma il calcio, si sa, ha la memoria corta. E il cuore eterno.
Quindici anni dopo, ecco di nuovo loro. Il Barça non è più quello dei 600 passaggi, ma ha ritrovato anima e corsa. L’Inter è forse più matura del 2010, certamente più consapevole. Inzaghi ha costruito un meccanismo perfetto: compattezza, rapidità, verticalità. Lautaro è il capitano di un gruppo solido e affamato. E il Montjuic, da dove si riparte, oggi fa meno paura: non è più la cattedrale inviolabile come sembrò il Nou Camp.
Questa volta il vento può cambiare. Il Barcellona ha la voglia di tornare grande, ma l’Inter ha negli occhi quella lucida follia che serve per arrivare in fondo. Sarà battaglia d’identità, oltre che di gioco. E forse sarà ancora una volta la notte a decidere.
In Europa League
Partita dal sapore estremamente storico. C’è Athletic Bilbao-Manchester United, come prima semifinale: sangue basco contro nobiltà inglese. E San Mamés non è uno stadio, si sa, ma un tempio. E l’Athletic non è una squadra qualunque, e pure questo è risaputo: è l’orgoglio di un popolo intero. Ha eliminato i Rangers ai quarti, e ora aspetta il Manchester United come si aspettano i re, seppur decaduti: con rispetto, ma senza inchini.
Il Manchester arriva a Bilbao portandosi dietro i sogni interrotti di una stagione difficile. Amorim non ha raddrizzato le cose, ma la squadra è ancora viva e ha superato il Lione al cardiopalma. Garnacho è tornato a correre, Bruno Fernandes guida l’orchestra. Ma in casa dei Leoni, nulla è semplice. I fratelli Williams volano, Sancet inventa, e la curva spinge come un’onda di passione.
Sarà una semifinale calda, dentro e fuori. Di quelle in cui la differenza la fanno i dettagli, ma soprattutto il cuore. E San Mamés ne ha da vendere.
Sulla carta, molto più semplice l’incontro di un Tottenham pur disastrato. Gli Spurs affrontano il Bodo/Glimt, che ha avuto la meglio ai rigori contro la Lazio.
Per il Tottenham è una stagione di enormi rimpianti. Dopo troppe illusioni, ora serve concretezza. La semifinale è l’occasione per dare senso a un’annata piena di promesse. Kulusevski guida l’attacco con il vento del nord, Solanke fa il resto. Ma il Bodo è squadra vera: non ha stelle, ma ha un’identità. E sa colpire quando meno te lo aspetti. Sfida atipica, dal fascino nascosto. Ma guai a sottovalutarla: è lì che nascono le storie migliori, chiedere alla Lazio.
Conference League
Ci risiamo: la Viola è per la terza volta di fila in semifinale di Conference League. E stavolta sarà più complicato del solito. La Fiorentina affronterà infatti il Betis: bellezza che incontra passione. È calcio tecnico, ma con l’anima. È la voglia di sorprendere, di riportare la Coppa a casa.
La squadra di Palladino, finalista lo scorso anno e l’anno prima ancora, vuole completare l’opera. Il tecnico ex Monza ha costruito un gruppo leggero e profondo, dove ogni ingranaggio sa come muoversi. Kean e Gudmundsson sono le frecce da scoccare, Beltran all’occorrenza sa colpire. Ma il Betis è una macchina elegante, fatta di piedi buoni e giocate intelligenti. Antony guida il sogno andaluso con l’aria di chi ha ritrovato se stesso. Sarà duello d’intensità e palleggio. E probabilmente sarà spettacolo.
Ci sono poi i favoritissimi: l’altra semifinale sarà tra Chelsea e Djurgarden. E no, nessuno si aspettava che il Djurgarden potesse arrivare fino a qui. E forse proprio per questo fa paura. Gli svedesi hanno fatto fuori Pafos e Rapid Vienna, e ora non hanno più niente da perdere. Il Chelsea invece ha tutto da ritrovare.
I Blues cercano un senso, un’identità. E se per riuscirci serve passare dal nord estremo d’Europa, allora lo faranno. Mudryk, Palmer, Jackson: nomi altisonanti in una Conference che sembra troppo piccola per loro. Ma in realtà, mai come adesso, è il palcoscenico perfetto. Perché vincere un trofeo, in questa stagione caotica, cambierebbe la narrazione.