C’è stato un tempo, e non molto lontano, in cui la Uefa dedicava i periodi estivi a dare una seconda possibilità ai club di diverse dimensioni sociali e sportive.
Offriva una vera e propria occasione di giocare in una competizione europea. Dal 1995, quando la stessa organizzazione assunse l’onere di portare avanti la Coppa Intertoto, tanti club ebbero un luogo di riscatto: lo avevano le grandi squadre, in grado così di correggere le stagioni scarse appena passate, lo avevano le piccole, nel loro regno di speranza, di crescita, di desiderio di palcoscenici sempre più importanti.
Ecco, l’Intertoto ha dato la possibilità di godere di duelli tra squadre di seconda e terza fascia dei paesi membri dell’Uefa. E non erano solo amichevoli: i vincitori del torneo ricevevano un biglietto d’argento, valido per la seconda competizione continentale più importante, la Coppa Uefa. Oggi, Europa League.
Le partite più bizzarre
In questa competizione abbiamo visto la Juventus superare a fatica il Ceahlul Piatro Neamt (1999), il Borussia Dortmund eliminato dal Genk (2004) e il Fulham vincere il titolo dopo aver battuto il Bologna e il Sochaux (2002). Non si può poi dimenticare una delle prime edizioni, quella del 1997, in cui i tre vincitori erano della stessa federazione, quella francese. E cioè: il Bastia, l’Olympique Lyon, l’Auxerre. Curiosamente, sono proprio i francesi ad aver vinto il maggior numero di titoli – 16 – in questa competizione.
Chiariamo: non è stata un’idea così rivoluzionaria. Prima che l’Uefa ‘prendesse provvedimenti’ nel 1995, c’era già una competizione nota come International Football Cup. Esisteva fin dagli anni Sessanta, con i club più quotati nei loro campionati che non avevano vinto un posto nella Champions League o nella Coppa delle Coppe. I club partecipanti, solo dai paesi dell’Europa centrale, disputavano una fase a gironi e successivi spareggi che si concludevano un unico campione, la squadra vincitrice non otteneva solo un posto per le competizioni europee nella stagione successiva, riusciva a strappare pure un premio economico. Importantissimo, per l’epoca. Le scommesse sportive sono un’altra delle motivazioni per cui è stata organizzata questa competizione.
Alla fine degli anni Sessanta, e a causa delle difficoltà incontrate dall’organizzazione, le fasi finali furono abolite e i campioni di ogni fase a gironi si divisero il premio in denaro. L’idea rimase: era quella di creare una sorte di torneo ufficiale in cui i club che non sono riusciti a qualificarsi per la competizione europea potevano incassare durante l’estate e mettersi in mostra.
L’idea divenne dell’Uefa
Ecco, con la crescita del torneo, nel 1995 l’Uefa decise di partecipare all’organizzazione del torneo, rinominandolo proprio Coppa Intertoto e assegnando ai vincitori un posto nella successiva edizione della Coppa Uefa come premio finale. Dal 1995 al 2005, la coppa partì con un mega format: partecipavano 60 squadre, dal 2003 addirittura 61. Dunque, una per federazione, ad eccezione delle prime dodici nella classifica Uefa, che potevano presentare due squadre.
In un primo momento, erano due le squadre vincitrici del titolo dopo una fase a gironi. Poi, spareggio finale, andata e ritorno. Capitò però che il Bordeaux, che dopo aver vinto l’Intertoto inaugurale, raggiunse la finale Uefa perdendo contro il Bayern Monaco. Questo spinse l’Uefa a ripensare il formato e aprire il campo a tre diversi vincitori invece dei due dell’edizione 1996. Da allora, e fino al 2008 – anno dell’ultima edizione – quattro squadre italiane sono riuscite a vincere. Una ciascuno. E sono: Bologna, Juventus, Udinese e Perugia. Niente male. Ma niente come Francia, Germania e Spagna. Che ci mettevano il cuore, senza sottovalutare.
Del resto, le speranze delle squadre ‘umili’ del continente di partecipare alla Coppa Uefa sono state al centro di ogni estate al 1996. C’erano club finlandesi, azeri, rumeni, polacchi. Si battevano in due tappe contro le migliori squadre europee che non avevano fatto il proprio dovere durante la stagione regolare. Molte di queste non vinceranno mai un titolo nazionale, ma riuscirono ad ottenere le attenzioni dei giornali e la voglia di alzare un trofeo in una calda giornata estiva.
Il declino e la ‘fortuna’ delle italiane
Era una festa, insomma. Dell’unità e soprattutto della condivisione. Delle possibilità, poi. Allargate a tutte e in un modo che piaceva e coinvolgeva. Dunque, com’è potuto finire? Premesso che dalla prossima stagione tornerà la Uefa Conference League – più snella, simile significato -, del declino dell’Intertoto potrete intuire i motivi: soldi, sempre soldi. Del resto, restava una competizione ‘emarginata’ e finanziariamente non redditizia per le squadre partecipanti. Molti club, particolarmente in Gran Bretagna, iniziarono a rinunciare ai loro posti nella competizione. L’Uefa provò a resistere: fu tutto inutile. Platini, appena salito al potere alla FIFA, decise di abolire la competizione dal 2009: più spazio all’Europa League.
E le italiane? C’era una grande competizione. Era la più temuta ma allo stesso tempo la grande occasione di riscatto. La prima squadra della A a vincerla fu il Bologna, nel 1998: al terzo turno superò con fatica il National Bucarest, poi le semifinali-derby con la Sampdoria e la finale con il Ruch Chorzow, club polacco. Nota a margine: fu la prima edizione alla quale parteciparono i club del nostro campionato, finora tenuti da parte. Nel 1999, fu la volta della Juventus. Inevitabile, quasi scontato: era la squadra, di Conte, Inzaghi, Ferrara, Montero. E non solo. Vi partecipò anche il Perugia, uscito al terzo turno con il Trabzonspor. I bianconeri faticarono, però. Eccome. Decise un gol in Romania contro il Ceahlaul; goleada in semifinale con il Rostselmas, 4-2 totale con il Rennes, in finale.
Per il terzo anno di fila, a trionfare per l’Italia è stata invece l’Udinese. Per i friulani, prima l’esame Aalborg, poi la doppia vittoria con l’Austria Vienna, quindi la finale – ai tempi supplementari – con i cechi del Sigma Olomouc. Nel 2003, la vittoria del super Perugia di Cosmi, poi retrocesso. Quello di Fabio Grosso e Ze Maria, di Hubner e Brienza. Superò i finlandesi dell’Alianssi, il Nantes e il Wolfsburg in finale.