Negli ultimi decenni ci siamo ormai abituati a vedere sul massimo gradino della Champions League, i soli “top team” dell’Europa del calcio che conta (e che fattura). Un gioco ormai ristretto a un ventaglio di pochi nomi che, salvo clamorose sorprese, si giocano la vittoria finale. Eppure c’è stato un tempo dove con una buona programmazione, giovani talenti allevati in casa e quel necessario pizzico di fortuna, anche squadre di paesi non proprio di primo piano potevano ambire al trofeo più prestigioso.
A inizio anni novanta infatti, la coppa dalle grandi orecchie fu sollevata per la prima volta da una squadra Jugoslava, lo Stella Rossa di Belgrado, che raggiunse l’apice di un periodo davvero incredibile per il team serbo, concluso poi l’anno successivo con la vittoria anche della Coppa Intercontinentale.
L’origine della favola della Stella Rossa
Quando una compagine arriva a quel livello però, quasi sempre dietro c’è una storia che parte più da lontano. Il caso dello Stella Rossa non fa eccezione. Intendiamoci, la squadra jugoslava era già ampiamente competitiva in patria, con già 16 titoli sul petto prima degli anni novanta.
Eppure il ciclo aperto da Dzajic e Cvetkovic fu davvero incredibile. L’organico era già certamente di livello, ma riuscirono a trovare diversi giovani ancora più promettenti e affidarli anno dopo anno a tecnici che ne valorizzassero le doti (Vasovic prima, poi Stankovic, Sekularac e infine Petrovic che riuscirà nell’impresa europea).
Ragazzi come Robert Prosinecki (faro del centrocampo serbo), Savicevic (che andrà poi al Milan ad alzare ancora la coppa qualche anno dopo), Dragan Stojkovic (che ironia della sorte si ritroverà i suoi compagni contro andando al Marsiglia proprio l’anno della finale tra le due squadre) o quel Sinisa Mihajlovic che abbiamo poi imparato a conoscere bene anche nel nostro campionato.
L’anno perfetto: la Coppa dei Campioni del 1990-91
Nella Prva Liga slava, la Stella Rossa non ha praticamente rivali. L’anno precedente aveva conquistato il campionato con 11 punti sulla Dinamo Zagabria seconda, e anche nel 91 farà lo stesso aumentando ancora il gap di distacco.
Gli occhi però ora sono sulla Coppa dei Campioni, dove già negli anni precedenti aveva ben figurato a dire il vero, eliminata un anno senza sconfitte dal Real Madrid (gol fuori casa) e l’anno successivo solo dal grande Milan di Sacchi che poi vinse il titolo.
Nel 1991 però, le cose sembrano andare molto meglio. Il tabellone è abbastanza agevole per Petrovic e compagni, che si sbarazzano in successione del Grasshopper, dei Rangers e della Dinamo Dresda ai quarti di finale. Tutte le sfide con una netta vittoria tra le mura amiche, vero e proprio fortino per gli slavi.
In semifinale l’ostacolo è decisamente più ostico, il Bayern Monaco. Ma una vittoria all’andata in baviera sembra indirizzare la sfida che però riserva ancora sorprese. A Belgrado infatti sono i tedeschi in vantaggio sempre per 1-2, lasciando aperta la porta dell’over time. Poi a due minuti la sliding door che segna il destino: prima Wohlfarth centra il palo per il Bayern, poi sul proseguimento dell’azione il contropiede dello Stella Rossa porta a un clamoroso errore di Augenthaler che fa gol nella sua stessa porta dando il pareggio e la qualificazione agli avversari.
La finalissima contro il Marsiglia
A lottare per il titolo lo Stella Rossa trova un Marsiglia che ha eliminato un po’ a sorpresa il Milan e in un modo assai rocambolesco. In vantaggio per 1-0 (dopo l’1-1 dell’andata), i riflettori si spengono proprio nei minuti finali del match, per riaccendersi poi poco dopo. Galliani prende quell’occasione per scendere in campo e richiamare tutti i giocatori negli spogliatoi abbandonando la partita. Morale, sconfitta a tavolino e squalifica del Milan dalle competizioni di un anno per anti sportività.
Il Marsiglia però se l’era già meritata sul campo, ed era una squadra tosta e difficile da battere (non a caso vincerà poi la coppa due anni dopo proprio ai danni del Milan). Papin guidava l’attacco insieme a Pelè, ma c’era anche l’ex Stojkovic in panchina. Insomma posta in palio altissima per entrambe, visto che non solo nessuna delle due aveva mai vinto una Coppa dei Campioni, ma nessuna delle loro nazioni l’aveva fatto (e a tutt’oggi Jugoslavia e Francia hanno alzato solo una coppa, proprio quelle di Stella Rossa e Marsiglia).
La finale infatti non è il massimo dal punto di vista dello spettacolo (forse una delle più brutte mai giocate), con le squadre a lottare più sul piano fisico e nervoso che non in campo aperto. I tempi regolamentari finiscono con un nulla di fatto, e i due tempi supplementari non riescono comunque a sbloccare il risultato. Si deve andare alla lotteria dei rigori.
Prosinecki si prende la responsabilità del primo rigore e lo segna. Ma la tensione gioca invece un brutto scherzo ad Amoros del Marsiglia che sbaglia subito e consegna il testimone del vantaggio allo Stella Rossa. Da quel momento nessuno sbaglierà più, e Pancev metterà in rete il quinto decisivo rigore che consegna la Coppa dei Campioni a quella meravigliosa squadra jugoslava.
Fu però anche l’ultimo atto di quel ciclo straordinario, con quasi tutti i talenti esplosi in quegli anni in maglia bianco rossa, che presero la strada di altri paesi europei (chi in Italia, chi in Spagna), ma soprattutto con lo scoppio della guerra dei balcani, che cambiò per sempre la geografia politica e calcistica di quella che era la Jugoslavia.