Sembra un’astronave e in realtà la chiamano “piazza“, quindi Hiroba. Ma il Sapporo Dome, lo stadio polifunzionale situato proprio nella città di Sapporo, isola di Hokkaido e quindi Giappone, è un gioiello tecnologico che già contiene mille storie nei suoi vent’anni di nascita, crescita, egregio funzionamento.
Qualcuno ha già scavato nei ricordi al solo input del nome, e togliamo immediatamente il primo dubbio: è uno degli impianti che ha ospitato l’Italia negli sfortunati Mondiali del 2002 in Corea e Giappone. Era il 3 giugno di 19 anni fa, era la doppietta di Bobo Vieri che in appena trenta minuti di gioco chiudeva lo scrigno e ci consegnava la vittoria inaugurale nel Gruppo G di quella Coppa del Mondo.
Una vita fa, ma il Sapporo domina ancora. Dall’alto dei suoi quasi 54mila metri quadrati in un’area che ne conta 97503 in totale. Enorme. E bellissima. Perché tutta verde e in grado di subire ogni condizione atmosferica. Un consiglio per gli appassionati: andate a vedere qualche foto sul web di quando c’è tutta la neve intorno, è uno spettacolo nello spettacolo. I giapponesi la vivono in due stagioni diverse e per due sport completamente opposti: ci giocano soprattutto i Fighters Hokkaido Nippon-Ham, squadra di baseball piuttosto conosciuta (è lo sport nazionale), poi la Consadole Sapporo. Colori rossoneri.
Il progetto
Lo stadio è stato progettato dall’idolo dell’architettura Giapponese, Hiroshi Hara. Tra le sue opere c’è la stazione di Kyoto, infinita, e l’Umeda Sky Building a Osaka: una sorta di “Torri Gemelle” unite da una parte sovrastante e dalla forma di una costruzione Lego. Il Sapporo Dome non sfigura per originalità e bellezza: la chiamano “astronave” non a caso, e da chilometri di distanza è possibile vedere la protezione a mo’ di guscio, che ha una funzione certamente “protettrice”, vero tratto distintivo dell’impianto. La cupola, Dome, fa sì che Sapporo abbia due tipi di campo diversi: il prato può essere spostato dall’esterno all’interno e viceversa grazie a un sistema di sollevamento ad aria. Fuori dalla parte coperta, vi è infatti un altro campo.
Nessun impianto ha questo tipo di versatilità e funzionamento. Quasi 42mila posti per uno sport diverso – e un terreno diverso – ogni giornata. Solitamente, la priorità va alla squadra di baseball, in grado di registrare quasi sempre – quando si poteva – sold out e incassi strepitosi. Ma come accade la traslazione? Bella domanda. E bella anche la risposta, con una premessa doverosa: tra calcio e baseball non cambia solo la dimensione del campo, cambia totalmente la forma. Dal rettangolo al diamante, non è un passaggio scontato e immediato.
Dunque, per trasformarsi, cambiano le gradinate nella parte inferiore: ruotano per adeguare gli spalti alla forma – modificata – del campo necessario e all’evento in programma. I posti a sedere, nella parte superiore, sono distribuiti in forma ellittica per garantire visione perfetta agli spettatori, ma è chiaro che, cambiando lo stadio, cambia anche il potenziale numero di chi può seguire la partita: da un minimo di 30mila si passa a una capienza massima di 53796 unità.
I grandi eventi
Non solo calcio e baseball, comunque. Al Sapporo Dome ci sono stati eventi di sci, Rally del Giappone, Coppa del Mondo di rugby. Sempre, l’impianto si è trasformato ed è venuto incontro alle esigenze dei tifosi. Ribadendo con forza il messaggio alla base della sua costruzione: era, è e sarà sempre per la gente, che nella struttura vede un punto di riferimento incredibile. Non è un segreto la passione nipponica per lo sport in generale, a partire dal calcio. E non fu un caso portare alla ribalta, sotto le luci dell’intero mondo, questo stadio così avveniristico già nel Mondiale del 2002.
La prima partita? L’incredibile 8-0 della Germania – poi finalista – contro l’Arabia Saudita; poi arrivò la doppietta di Vieri all’Ecuador. Infine, un altro match dai contorni decisamente “storici”: il successo dell’Inghilterra per 1-0 contro l’Argentina, seconda giornata del gruppo F. Milioni di foto per l’idolo di tutti: David Beckham, autore del gol dal dischetto.
Ovviamente, tutto intorno è diventato commercio. Dai ristoranti ai negozi, a palestre e stands, il Sapporo Dome contiene persino un parco giochi e un punto panoramico incredibile: da 53 metri d’altezza è possibile vedere lo skyline senza tempo della città giapponese. Con il caldo o con il freddo, con il sole o con la neve, al Dome nessun evento è mai stato rimandato. Proprio grazie all’impianto coperto per intero, lo sport riesce a sopravvivere alle grandi escursioni termiche delle stagioni giapponesi. In inverno si toccano anche -20 gradi, in estate l’afa non scherza. Unire l’utile al dilettevole era una missione. Ma l’occhio è finito per forza anche sul bello. Hiroshi Hara, in questo senso, ha agito da garanzia.