Abbiamo le quattro semifinaliste di Champions League, un quartetto di squadre variegato e molto interessante, con una sorprendente predominanza teutonica data la presenza di Bayern Monaco (prevedibile ma non scontata) e Borussia Dortmund (vero e proprio outsider di questa edizione).
Abbiamo poi il Real Madrid, che ha eliminato i campioni in carica del Manchester City e conferma che la Champions League è il suo ambiente naturale, e il Paris Saint-Germain che anela disperatamente a quel trofeo che sancirebbe definitivamente il suo status di grande d’Europa cancellando quella patina da “parvenu” che ancora oggi non si riescono a scrollare di dosso.
Ancelotti, il blasone e l’essere più forti che belli
Il Real Madrid passa in semifinale nonostante una gara di ritorno quasi completamente in balia del Manchester City grazie al vantaggio arrivato con un lampo di Bellingham (un controllo incredibile su una palla spiovente) che ha portato al vantaggio di Rodrygo e quindi ad una strenua difesa che ha concesso solo il pareggio di De Bruyne.
Ai rigori, nonostante il brutto errore di Luka Modric, decisive le parate di Andriy Lunin sui tiri di Bernardo Silva (più che la parata, l’intuizione nel capire che avrebbe tirato centrale) e Mateo Kovacic.
Nei piani originali del Real Madrid oggi Lunin sarebbe dovuto essere il terzo portiere delle Merengues, con un Courtois titolare ristabilito dall’infortunio al ginocchio e un Kepa che avrebbe fatto il secondo dopo aver sostituito il belga nella prima parte di stagione. Invece Courtois ha subito un nuovo infortunio al menisco e Kepa, complici alcuni problemi fisici, è sceso nelle gerarchie dietro all’ucraino che si è rivelato l’eroe a sorpresa e che, con tutta probabilità, resterà tra i pali anche dopo il recupero di Courtois.
Non è stata una partita candidata a “match dell’anno” come l’andata, ma Ancelotti conosce ormai alla perfezione l’ambiente del Real Madrid e sa bene come si vince: al Bernabeu si può cercare lo spettacolo ed esaltare il talento dei vari Vinicius, Valverde, Bellingham, etc., ma fuori casa è più importante essere forti che belli. E questo Real Madrid è proprio fortissimo.
PSG: Luis Enrique ringrazia i drammi del Barcellona
Il Paris Saint-Germain ha approfittato della polveriera che è diventato il Barcellona negli ultimi tempi. L’episodio che ha deciso la partita è stato il fallo di espulsione commesso da Kounde su Barcola: fallo abbastanza chiaro, forse non nell’immediato ma sicuramente al primo replay che evidenzia oltre alla trattenuta l’incrocio di gambe dei due giocatori.
Ma tanto è bastato per scateneare l’isteria di Xavi e della sua panchina (due espulsi nel corso del match), mentre Gundogan in maniera non troppo elegante ha sottolineato l’ingenuità del compagno di squadra a fine partita, osservazioni che non hanno certamente reso lo spogliatoio blaugrana più sereno.
In tutto questo non è facile capire quale sia l’effettivo valore del PSG, che all’andata a Parigi aveva denotato una certa fragilità a centrocampo e troppa leggerezza in attacco. Luis Enrique ha però apportato i giusti correttivi per il match di ritorno, con il ritorno in formazione di Barcola e Zaire-Emery e lo spostamento di Mbappé in posizione centrale.
E proprio il fenomenale numero 7, già promesso sposo del Real Madrid per la prossima stagione, pur disputando una partita senza particolare acuti ha firmato una doppietta, giusto per ricordarci che si tratta di un giocatore che quando decide di vincere una partita è in grado di farlo anche da solo.
Ma la vera forza di questo PSG non risiede tanto nell’attacco, troppo dipendente dagli umori di Mbappé, Dembele e compagnia, quanto nel centrocampo, rappresentato soprattutto da un Vitinha maturato a livelli incredibili.
Le due tedesche un po’ a sorpresa ma con tanto merito
Mentre in patria il Bayer Leverkusen ha umiliato tutte le concorrenti, comprese Bayern Monaco e Borussia Dortmund, in Champions League le due grandi di Germania tengono alta la bandiera teutonica con un approdo in semifinale per nulla scontato.
Il Bayern Monaco ha eliminato il giovane e veemente Arsenal grazie all’esperienza dei suoi campioni, che quest’anno hanno girato a vuoto in molte occasioni ma quando si tratta di dentro o fuori fanno valere tutta la loro esperienza. I giovani dell’Arsenal hanno corso tantissimo, corso velocissimo, corso per tutto il campo, ma alla fine non sono mai riusciti a superare Neuer mentre il Bayern è riuscito ad abbassare il ritmo della partita e a gestire alla perfezione i momenti del match.
Se a Londra l’esperienza è stata decisiva, a Dortmund invece il Borussia è stato bravo ad approfittare di una difesa dell’Atletico Madrid che in trasferta è decisamente troppo brutta per essere vera.
L’apporto della straordinaria tifoseria giallonera può essere stato un fattore, così come lo era stato il tifo per i Colchoneros all’andata, ma a vedere i buchi lasciati dalla squadra del Cholo Simeone sicuramente aumentano i rimpianti dell’Inter che a San Siro non riuscì ad andare oltre l’1-0 in una gara dominata.
Gli uomini di Edin Terzic sono sicuramente la squadra meno accreditata del quartetto di semifinaliste, ma attenzione che l’essere sfavoriti spesso può portare a sorprese inaspettate. Occhi puntati, per esempio, su Julian Brandt, genio creativo della trequarti giallonera e probabilmente il giocatore più sottovalutato d’Europa in questo momento. La sua stagione con il Dortmund, a sostituire niente meno che Jude Bellingham, finora ha numeri strepitosi: 9 gol e 14 assist in tutte le competizioni.