L’episodio della testata di Roberto D’Aversa a Thomas Henry, che ha avuto come conseguenza l’esonero del tecnico (oltre alla squalifica per 4 giornate), è solo l’ultima di una lunga lista di “sbroccate” degli allenatori di calcio.
Gli allenatori di calcio e le 7 peggiori sbroccate
Proviamo allora a fare una piccola classifica del meglio, ma sarebbe meglio dire il peggio, offerto dai tecnici del calcio italiano.
7. La testa di Roberto D’Aversa
Partiamo proprio dall’ultimo episodio in ordine di tempo, che ha avuto conseguenze pesanti per il protagonista ma è uno dei meno spettacolari, se così si può dire. Nella scorsa giornata di campionato, al termine di un infuocato Lecce-Verona terminato 0-1 per un successo dall’importanza indicibile per gli ospiti, a Roberto D’Aversa saltano i nervi.
Il tecnico dei salentini raggiunge un capannello di giocatori, tra cui l’attaccante del Verona Thomas Henry che dal finale di gara era in aperta polemica con il difensore del Lecce Pongracic. Dalle immagini di DAZN appare chiaro il gesto di una testata, seppure non violentissima, da parte del tecnico salentino, subito allontanato da giocatori e addetti ai lavori. Ne nasce un ulteriore parapiglia, in cui Henry va alla ricerca del tecnico, non si capisce se per cercare vendetta o spiegazioni. Ciò che conta è che l’attaccante si prende un rosso dopo il fischio finale, mentre il tecnico viene esonerato dal suo club il giorno seguente.
A sua parziale discolpa, pur ammettendo il pessimo gesto, D’Aversa dirà poi che già dal finale di gara che gli avversari provocavano, dichiarando di essersi diretto verso il capannello creatosi solo per evitare che qualcuno dei suoi giocatori si beccasse una squalifica. E invece…
6. Il dito di José Mourinho
Anche se ufficialmente non più allenatore della nostra Serie A e certo non italiano, inseriamo in questa classifica anche José Mourinho per un episodio accaduto ai tempi in cui allenava il Real Madrid.
Siamo al Camp Nou, dove il 17 agosto del 2011 si gioca il ritorno di Supercoppa di Spagna. Un ritorno rovente, per la storica rivalità tra Real Madrid e Barcellona e per il 2-2 dell’andata che lascia tutto aperto.
La partita vede il Barca passare in vantaggio con Iniesta e il Real trovare quasi subito il pareggio con Cristiano Ronaldo. A fine primo tempo, Messi trova il 2-1 ma, a 10 minuti dal termine, Benzema impatta nuovamente.
Sempre Messi trova il gol del decisivo 3-2 all’87’, ma al fischio finale la tensione non si è affatto diradata. José Mourinho si dirige verso Tito Vilanova, vice di Pep Guardiola, e gli infila un dito in un occhio.
Al di là di eventuali simpatie e antipatie, ciò che fa tristezza di questo episodio è la morte di Vilanova, sopraggiunta qualche anno dopo per un male incurabile.
5. L’emozione di Luciano Spalletti
In questa classifica non inseriremo solo sbroccate “fisiche” ma anche qualcuna verbale, e in tal senso non poteva mancare quella di Luciano Spalletti ai tempi in cui allenava in Russia. Con la macchina del tempo torniamo al 10 giugno 2011 all’Arena Khimkhi, che in quel periodo ospitava le gare casalinghe della Dinamo Mosca. Il match contro lo Zenit San Pietroburgo allenato da Luciano Spalletti è di alta classifica e la squadra del tecnico italiano sembra poterla portare a casa, dopo il vantaggio firmato al minuto 82 da Danko Lazovic. Poi però, al quinto minuto di recupero, la Dinamo pareggia con un destro di Samedov.
In conferenza stampa, interpellato sul gol incassato, Lucianone non ci vede più ed esplode: “Ma che emozione, ma che emozione ma che c***o dice? Ma quale emozione?” Poi inizia a gesticolare vistosamente, come per provare a farsi capire direttamente dal giornalista russo, senza passare dall’imbarazzato interprete: “Quattro minuti di recupero, trenta secondi per la sostituzione: 4:30. Niente emozione. Se si fanno le cose regolari come è la regola, e si va tutto a posto. La regola è regola, perché l’ha fatta durà 20 secondi di più? Perché gli fa piacere così!” Il riferimento è ovviamente all’arbitro, a cui Spalletti sosteneva di non stare simpatico, “e anche oggi l’ha fatto vedere!”. Sipario.
4. Lo scatto di Carletto Mazzone
Anche qui nessuna violenza ma tanto, tantissimo folklore, e soprattutto un groppo in gola. Dire che personaggi come Carletto Mazzone mancano al calcio odierno è persino pleonastico, ma è così, dannatamente e profondamente così.
Il 30 settembre del 2001, al “Rigamonti”, il Brescia di Mazzone è sotto 1-3 nel sentitissimo derby con l’Atalanta, per giunta in casa. I tifosi bergamaschi, ringalluzziti dal vantaggio, non perdono occasione per punzecchiare e offendere il tecnico. Al minuto 75, però, risale in cattedra Roby Baggio, che aveva siglato il gol del momentaneo vantaggio nel primo tempo, e firma il 2-3. Mazzone allora si volta verso i tifosi atalantini e fa, minacciando col dito: “Se famo er 3-3 vengo sotto ‘a curva”.
Al minuto 92, Collina assegna un calcio di punizione al Brescia, sulla sinistra vicino al vertice dell’area. Batte Baggio, neanche a dirlo: la palla spiove a rientrare e, dopo aver sfiorato il gomito del difensore atalantino Rinaldi, si accomoda in rete sul secondo palo. La regia inquadra subito i giocatori del Brescia intenti ad abbracciarsi, ma poi qualcosa richiama l’attenzione del regista. È la corsa di Mazzone, totalmente invasato, verso la curva atalantina. Il tecnico romano viene vanamente inseguito da qualcuno dei suoi, ma è irrefrenabile.
Poi, dopo essersi sfogato, ritorna verso la panchina dove c’è Collina ad attenderlo. Mazzone sa già che l’arbitro non può che espellerlo e accetta di buon grado, ma prima di uscire dal campo si rivolge ai suoi tifosi con le braccia in alto, ricevendo un’indimenticabile ovazione.
3. La Royal Rumble di Fabrizio Castori
Qua invece di violenza ce n’è in abbondanza, perché parliamo di un avvenimento che ebbe una coda in tribunale.
Il 20 giugno del 2004, al “Tullio Saleri” di Lumezzane, si gioca il ritorno della finale playoff di Serie C tra la squadra locale e il Cesena. L’andata del “Manuzzi” era terminata 1-1. Le regole dicono che il Cesena è obbligato a vincere per ottenere la promozione, mentre il Lumezzane ha dalla sua 2 risultati su 3.
Dopo lo 0-0 dei tempi regolamentari, si va ai supplementari e il Cesena riesce a sbloccarla con Biserni. Tuttavia, una manciata di minuti dopo, i lombardi trovano il pareggio con un destro all’incrocio di Russo. Ed è proprio in questo momento che scoppia il finimondo.
Qualche giocatore del Lumezzane esulta davanti alla panchina del Cesena, il cui allenatore Fabrizio Castori non ci vede più: entra in campo e scatena una vera e propria royal rumble, una gigantesca rissa durante la quale, peraltro, lo stesso Castori scalcia un giocatore avversario, Pietro Strada, che era a terra per un precedente infortunio.
Il parapiglia viene sedato a fatica, il Cesena riuscirà poi clamorosamente a segnare l’1-2 che significa promozione, ma in Serie B dovrà allenarla qualcun altro: Castori viene infatti squalificato per 3 anni, che poi in appello diventeranno 2.
Soprattutto, l’episodio ha anche una coda giudiziaria. Fabrizio Castori, insieme ai calciatori Rea, Cavalli, Ranalli e Confalone, finisce a processo per lesioni volontarie e rissa.
Finiranno tutti assolti, nel momento in cui Pietro Strada accetta i 25mila euro offerti a titolo di risarcimento e ritira la denuncia.
2. Le labbrate di Delio Rossi
Il 2 maggio del 2012, l’aria all’Artemio Franchi di Firenze non è delle più serene. La Fiorentina è sotto per 0-2 contro il modesto Novara dopo appena mezz’ora. Al minuto 32 del primo tempo, il tecnico Delio Rossi decide di sostituire Adem Ljajić. Il 21enne serbo però evidentemente non gradisce e, tornando in panchina batte sarcasticamente le mani, rivolgendo poi al suo allenatore alcune parole con il dito puntato. Rossi allora rientra verso la panchina e si fionda letteralmente su Ljajic, colpendolo più volte con pugni.
Rossi dirà poi che il calciatore, dopo avergli battuto ironicamente le mani dicendo “bravo maestro, fai il fenomeno”, avrebbe proseguito offendendo in serbo la madre del tecnico. Da qui, probabilmente, la reazione inconsulta di Delio Rossi, il cui destino come allenatore della Fiorentina è segnato. Infatti, i Della Valle lo licenziano di lì a poco.
I due si incroceranno l’anno seguente, in un Sampdoria-Fiorentina 0-3 nel quale Ljajic incanta con un gol e un assist, e un’esultanza in cui porta il dito alla bocca come a zittire qualcuno. Delio Rossi, allenatore della Samp sconfitta, reagisce da signore e glissa, facendo i complimenti al ragazzo per la prestazione.
1. Il calcio in Q di Silvio Baldini
In cima a questa improbabile classifica c’è una sorta di fuoriclasse delle sbroccate: Silvio Baldini, che probabilmente mi darebbe un ceffone per il fatto di averlo menzionato ricordandone un episodio non troppo edificante.
Il 27 agosto 2007, al “Tardini” si gioca un Parma-Catania in teoria tranquillo: è la prima giornata di campionato e si è ancora in piena estate. La partita è anche piacevole, con ben 4 gol nel primo tempo, che termina 2-2.
Nel secondo tempo scende la qualità del gioco e sale la tensione, fino a un concitato finale nel quale Silvio Baldini, al suo esordio sulla panchina del Catania, viene espulso dall’arbitro. Il suo collega avversario, Mimmo Di Carlo, si avvicina per sollecitare la sua uscita dal campo, ma tra i due vola qualche parola di troppo e Baldini, appena l’altro si gira di spalle, gli rifila un bel calcio nel sedere.
Il tecnico toscano si prende un mese di squalifica per il gestaccio, nemmeno troppo. Sarà però la sua ultima esperienza in Serie A, le cui porte gli saranno precluse di lì in avanti. Lui non ne ha mai fatto un dramma, vantandosi anzi di essere sempre rimasto se stesso in un ambiente estremamente ipocrita. Questo, sicuramente, gli va concesso.