Il calcio italiano tra gli anni ottanta e novanta ha vissuto momenti davvero particolari ed epici. Basti pensare che in un decennio di Serie A sono state addirittura otto le squadre diverse ad aggiudicarsi lo scudetto. Tra cui anche le due irripetibili stagioni di Verona e soprattutto Sampdoria, capace di costruire un gruppo di campioni che è arrivato ad un passo dal sogno più grande, quello di vincere la Coppa dei Campioni. Era il 1992, e la grande notte europea li vedeva di fronte al Barcellona nella finalissima continentale.
La Sampdoria dello scudetto
Ma la corsa dei blucerchiati al traguardo di quella finalissima, parte da lontano. Si potrebbe dire fin dal 1986, quando sulla panchina arrivò quel Vujadin Boskov che entrerà poi nella storia del club e del calcio intero (grazie anche ai suoi aforismi diventati ormai veri e propri “meme”).
Un allenatore capace non solo di dare un gioco e un’identità alla squadra, ma anche se non soprattutto nel gestire un gruppo che ha cresciuto in casa l’ossatura portante della formazione.
Nello scudetto del 1991 gran parte dei titolari giocava insieme già da diversi anni e si sentiva forte la voglia di riuscire a vincere tutto, tutti insieme. I “gemelli del gol“, Vialli e Mancini, erano ormai inseparabili dentro e fuori dal campo. La loro creatività però era supportata da elementi altrettanto indispensabili, dalla solidità di Vierchowod in difesa, ai motorini di centrocampo come Lombardo e Cerezo.
La voglia di cercare di compiere un’impresa importante la si era già vista nel 1989, quando i doriani arrivarono alla finalissima di Coppa delle Coppe (dopo aver vinto per due anni consecutivi la Coppa Italia), sconfitti però dal Barcellona. Quello stesso che, due anni più tardi, avrebbero trovato sulla loro strada per la storia.
La Coppa dei Campioni del 1992
La squadra che arriva a quella stagione impreziosita dalla Coppa più prestigiosa d’Europa è praticamente la stessa dell’anno prima. Nonostante le sirene milionarie dei più prestigiosi club italiani, nessuno dei grandi nomi blucerchiati volle abbandonare la maglia proprio per cercare tutti insieme l’impresa europea.
La partenza è ottima, i sedicesimi di finale sono poco più di una formalità contro il Rosenborg travolto nel doppio confronto con un 5-0 al Marassi (e 7-1 totale). Più difficili gli ottavi contro l’Honved, capace di vincere in casa per 2-1 ma poi ribaltato al ritorno con un 3-1 che consente ai genovesi di andare ai gironi finali.
In quella stagione infatti, dopo gli ottavi le otto formazioni rimaste sarebbero state divise in due gruppi, la prima di ogni girone andava in finale. Ai doriani toccarono l’Anderlecht, il Panathinaikos e la Stella Rossa (che aveva vinto la competizione l’anno prima).
Un girone difficile che però parte al meglio, battendo proprio al Marassi i campioni uscenti per due reti a zero. Ma la strada diventa tutta in salita quando nelle due partite successive Boskov e i suoi raccolgono solo un punto. Ci vuole un ritorno speciale per mettere la testa avanti a tutti. Decisiva soprattutto la vittoria esterna per 3-1 proprio in Jugoslavia, che consente di giocarsi tutto in casa nell’ultima contro i greci. Finirà 1-1, ma la contemporanea sconfitta della Stella Rossa in Belgio, darà alla Sampdoria il primo posto e la possibilità di giocarsi la finalissima contro il Barcellona, che aveva dominato l’altro girone.
La finalissima di Coppa dei Campioni
Non poteva esserci cornice migliore dello storico stadio di Wembley, uno degli stadi più belli del mondo, per provare a entrare nella storia alla prima apparizione nella Coppa dei Campioni. Gremito in ogni ordine di posti con oltre settantamila presenze, il pubblico sembra pronto a vivere una serata di emozioni intense. E non resterà deluso.
Certo i catalani partono nettamente con i favori del pronostico, ma la squadra italiana ha già dimostrato ampiamente di avere una volontà incredibile di vittoria.
A leggere le formazioni però i blaugrana fanno paura: Koeman, Stoickov, Laudrup, Guardiola, Eusebio. Tutti campioni che possono decidere la partita in ogni momento, peraltro guidati da un “guru” come Johan Cruijff in panchina. Dall’altra parte Boskov risponde con la sua formazione migliore che resterà incisa per sempre nelle pagine di storia blucerchiata: Pagliuca, Mannini, Katanec, Pari, Vierchowod, Lanna, Lombardo, Cerezo, Bonetti, Vialli, Mancini. Per un classico 4-4-2.
E infatti malgrado i pronostici sulla carta, la partita è combattuta e le due squadre sembrano annullare a centrocampo i rispetti pregi di gioco. Difficile per il Barcellona proporre il solito fraseggio, difficile per la Sampdoria costruire l’impostazione del suo gioco offensivo.
C’è la voglia di vincere ma anche la paura di perdere per entrambe. Così il primo tempo fila via senza troppi scossoni e le due compagini bloccate sullo zero zero. Dopo l’intervallo però il Barca sembra essersi dato una scossa e la Samp continua a difendersi agendo solo di rimessa e in contropiede. E infatti è proprio in uno di questi che Vialli sbaglia il colpo vincente dopo la solita volata di Lombardo che gli crossa il pallone in aerea.
La partita in effetti comincia ad aprirsi, complici la stanchezza e le paure che cominciano a lasciar posto alla voglia di chiuderla e portarsi a casa la vittoria in qualche modo. Un’occasione per parte per sbloccare la partita, poi forse l’occasione migliore per i blucerchiati: ancora Vialli solo davanti al portiere con la palla che esce però di poco a lato.
Vialli, che con la valigia già pronta destinazione Juventus sarà uno dei più attivi ma anche dei più imprecisi in questa partita (tanto che venne poi sostituito nei supplementari). Un match peraltro giocato sul filo del rasoio per entrambe, che si chiuse anche al novantesimo senza alcuna rete grazie anche alla bravura dei due estremi difensori.
Nei supplementari ancora più passaggi e ancora meno spazi. Tutto sembra ormai portare le due alla temibile lotteria dei rigori per aggiudicarsi la Coppa. Fino al minuto 112, quando Koeman piazza il pallone qualche metro fuori dall’area per un calcio di punizione dei suoi: il pallone viaggia rasoterra passando sotto le gambe di almeno tre doriani corsi verso la traiettoria, e finisce sulla destra di un Pagliuca leggermente in contro tempo.
Mancano una manciata di minuti alla fine del sogno. La Sampdoria prova in ogni modo l’assedio finale per trovare il meritato pareggio. Ma come sappiamo, non ci riuscirà. Quello splendido ciclo si chiude quella sera, senza capacità di replica, senza possibilità di rivincita.