Sull’attesa di Roma vs Inter, in programma sabato 4 dicembre, si potrebbe – forse si dovrebbe – scrivere un libro.
Attenzione, sull’attesa. Perché certe partite tipo questa si vivono durante la settimana, nelle dichiarazioni dei due allenatori, nei dibattiti sugli arbitri, la rivalità, i tifosi.
Allenatori protagonisti
È il ritorno di José Mourinho contro il suo passato per la prima volta in carriera.
Lui, che dopo aver sbancato lo Stadium da allenatore dello United, si rivolgeva con fare sornione ma provocatorio verso i tifosi bianconeri, non può non trafiggere – o provare a farlo – il proprio passato per regalarsi una stagione con un senso. Un po’ come Edipo, il Re parricida e incestuoso nella tragedia di Sofocle, che passa sopra il proprio passato per proiettarsi nel futuro. Con una differenza: che Edipo fa tutto ciò senza saperlo, e finisce per diventare cieco.
Mourinho invece sa benissimo quello che serve alla sua Roma per vivere il domani con speranza. Passare sopra l’Inter, per Mou, è l’unica soluzione. Ed è sapere questo che fa più male all’allenatore portoghese.
Dall’altra parte c’è Simone Inzaghi, l’allenatore silenzioso. Arrivato tra mille perplessità, odiato dal suo passato (la Lazio e i laziali) e discusso dal suo presente (l’Inter e gli interisti), da qualche settimana, tra Champions e campionato, ha dato una sterzata decisa e non questionabile alla stagione dei nerazzurri.
L’Inter è lì, signore e signori. D’altra parte, se hai una rosa profonda e di qualità alla lunga si vede. Ma non passino in secondo piano i meriti – immensi – dell’allenatore piacentino, che a differenza del suo predecessore – e a differenza curiosamente del suo prossimo avversario in panchina, almeno a sentire alcune dichiarazioni del portoghese quest’anno – non si lamenta mai della rosa, non cerca alibi, non invoca invano la voce del padrone.
È lui stesso il padrone del proprio destino, è lui lo scudo dell’undici che scende in campo.
La Roma ad un bivio
Napoli 36, Milan 35, Inter 34 e Atalanta 31. Roma? 25. Poco, pochino. Ma non pochissimo.
Con una vittoria i giallorossi si rilancerebbero non solo a livello di classifica, portandosi a -6 dal posto Champions – l’ultimo è occupato dall’Atalanta, che vincendo andrebbe a pari punti con il biscione –, ma invertirebbero quel disastroso tabù che la vede sempre sconfitta o quasi (mai vincente, questo è il dato) contro le big del nostro campionato – non solo contando quest’anno ma anche lo scorso con Fonseca, e mettendo così in luce un problema che Mourinho condivide col suo predecessore portoghese.
Anche perché poi la Roma incontrerà l’Atalanta. Sono due match, quelli con i nerazzurri, dove la Roma non può permettersi due sconfitte. La classifica alle sue spalle è cortissima e la sconfitta col Bologna sa, in questo senso, di grave passo falso.
Tatticamente, la grande mossa di Mourinho – vittorioso in Conference e col Torino di Juric – è stata quella di mettere Zaniolo accanto a Tammy Abraham.
L’assenza di Pellegrini è un fattore, come potrebbe esserlo a questo punto quella dell’attaccante inglese contro l’Inter – per un giallo a dir poco discutibile estrattogli da Pairetto contro il Bologna.
Mou, che di certo non è uno sprovveduto, proiettandosi già alla sfida con l’Inter, nel post-partita col Bologna si è lasciato andare ad una frase ambigua: «Zaniolo non può giocare in questo campionato». Non perché sia scarso, ma perché gli arbitri non lo tutelano. Così dice Mou, perlomeno, il quale sa benissimo che dovrà affidarsi alle prodezze del canterano nerazzurro – ricorderete tutti il disastroso scambio con Nainggolan più soldi tre estati fa – per portare a casa una partita, sulla carta, a dir poco complicata.
Inter in fiducia
Anche perché l’Inter, dall’altra parte, non solo è in gran forma, ma psicologicamente in grandissima fiducia.
L’11 di Inzaghi non è un 11, sarebbe sbagliato dirlo. Contro lo Spezia sono stati addirittura sei i cambi dalla partita precedente, e pensare che questa squadra ha ancora fuori De Vrij e Bastoni – gastroenterite per lui.
Davanti, Lautaro Martinez e Correa giocano un calcio splendido, intendendosi a meraviglia, ma quando gioca Dzeko la musica non cambia, anzi – a proposito di grandi ritorni contro il proprio passato. Il tucu, favorito di Inzaghi che se l’è portato con sé dalla Lazio, sta compiendo a Milano il definitivo salto di qualità, ma gli manca qualche gol. Ciò che proprio non manca a Dzeko, miglior marcatore dei suoi.
E con un Lautaro così in crescita – tre gol nelle ultime tre in Serie A – per Inzaghi non rimane altro che leccarsi i baffi. Per non parlare poi del centrocampo nerazzurro, dove l’allenatore ex Lazio può pescare innumerevoli carte dal cilindro – il gol di Gagliardini contro lo Spezia parla da solo.
Assenti e duelli
La Roma avrà dunque delle assenze pesanti, perché oltre ai citati Pellegrini e Abraham, lo squalificato di lusso è Karsdorp – se la riserva è Reynolds, tanti auguri.
Non è da escludere una mossa a sorpresa di Mou, magari sempre tenendo i tre centrali dietro ma con Reynolds a destra (anche El Shaarawy out) e Vina a sinistra.
Certo, con un Perisic così in forma, sarebbe dura per chiunque fare la fascia destra sabato pomeriggio. A centrocampo potrebbe rientrare Cristante dal 1’, davanti oltre a Zaniolo probabile il reintegro di Shomourodov, ancora in difficoltà nell’inserimenti degli schemi mourinhiani.
La partita, probabilmente, si deciderà nel duello tra Lautaro e Dzeko e i tre centrali della Roma. Che Dzeko conosce molto bene avendoci giocato fino a poco tempo fa.
Un fattore da non sottovalutare in una partita in cui la Roma si difenderà bassissima provando a ripartire con le sgasate di Zaniolo. È da quest’ultimo che passa gran parte dell’esito della partita per i giallorossi.
Sempre a proposito di sfida al proprio passato.