Sulla scrivania del presidente della Federcalcio Gabriele Gravina sono presenti alcune ipotesi di riforma dei campionati professionistici italiani attualmente allo studio. Dal 18 gennaio si stanno tenendo, ogni giovedì, dei tavoli tecnici tra i rappresentanti della Federcalcio e della Lega di Serie A, di Serie B e di Serie C in vista dell’assemblea straordinaria prevista per l’11 marzo che dovrebbe mettere sul tavolo la bozza di riforma dei campionati
L’idea di base è quella di ridurre, per motivi differenti, il numero di squadre partecipanti ai campionati professionistici, dalla Serie A alla Serie C, un cambiamento che soprattutto per la terza divisione sarebbe davvero epocale. Andiamo a vedere come e perché si vogliono cambiare i campionati di calcio italiani.
Serie A: tramonta l’ipotesi 18 squadre, si pensa ad un play-out con la Serie B
Partiamo dalla Serie A: la massima serie oggi come oggi, riassorbito l’impatto della pandemia globale, non presenta particolari problemi economici, anche se la perdita degli aiuti fiscali governativi ha nuovamente sollevato il problema della competitività con gli altri maggiori campionati europei.
L’idea di Gravina di ridurre le squadre partecipanti da 20 a 18 nasce in realtà, più che per restringere la platea di squadre che si dividano gli introiti del campionato, dal fatto che nei prossimi anni gli impegni internazionali, tra la nuova formula della Champions League e il nuovo Mondiale per Club, a cui si aggiungono gli impegni delle nazionali, sono destinati a crescere.
Meno squadre in Serie A significherebbe maggior competizione per qualificarsi alle coppe europee e meno partite ad intasare il calendario, offrendo quindi la possibilità di ridurre il rischio infortuni e avere rose più ridotte.
Avere un calendario domestico più snello potrebbe portare poi anche a maggiori finestre in cui cercare di sviluppare e rendere più appetibile anche la Coppa Italia.
Ad oggi la proposta è stata però di fatto rigettata dalle società, per il motivo principale che meno partite vorrebbero dire anche contratti televisivi ridiscussi al ribasso, e al momento è da lì che arrivano le risorse maggiori non solo per la Serie A, ma per tutto il sistema calcio italiano.
Una novità che potrebbe essere introdotta presto è lo spareggio retrocessione tra la terzultima classificata in Serie A e la terza classificata della Serie B, ipotesi vista con molto favore dalla Lega Serie A e meno da quella di Serie B, come vedremo nel prossimo paragrafo.
Guardando al resto d’Europa è difficile dire se le 18 squadre siano effettivamente la strada giusta da percorrere: i due campionati di maggior successo al mondo, Premier League e La Liga, sono stabilmente a 20 squadre, mentre la Bundesliga è sempre stata a 18. La Ligue 1 francese proprio quest’anno ha diminuito le squadre da 20 a 18.
La Serie A non ha la potenza economica delle squadre inglesi o il prestigio internazionale di Real Madrid e Barcellona che possono contare sempre sui giocatori più famosi al mondo, ma allo stesso tempo Juventus, Milan e Inter da sole hanno un appeal decisamente maggiore delle squadre tedesche e francesi (che possono contare in pratica solo su Bayern Monaco e Paris Saint-Germain).
Serie B: una mutualità più efficiente per tutelare chi retrocede
Una riforma della Serie B è allo studio da tempo: un paio d’anni fa lo stesso Gravina prospettava, a partire da quest’anno, la scissione della Serie B in due gironi e una sorta di fusione tra Serie C e Serie D in un campionato semiprofessionistico.
Ora questa ipotesi sembra tramontata, ma si pensa innanzitutto a ridurre le squadre da 20 a 18 e di rivedere il meccanismo di redistribuzione degli introiti in maniera da diminuire l’asimmetria che crea squilibrio tra squadre promosse e quelle retrocesse.
La storia recente ci ha mostrato come 1 squadra su 4 tra quelle che dalla Serie B retrocede in Serie C fallisce nel corso di poche stagioni.
Sul lato della struttura del campionato, si discute del possibile spareggio promozione-retrocessione tra la terza classificata in Serie B e la terzultima della Serie A. Un’ipotesi che suscita interesse, ma che potrebbe andare ad inficiare la struttura attuale dei play-off di Serie B che è stata la chiave per mantenere alto l’interesse anche nelle fasi finali della stagione, dando alle squadre fino all’ottava posizione qualcosa per cui lottare fino alla fine.
Serie C: una vera e propria rivoluzione con il taglio di due terzi delle squadre
Infine, le vere e proprie note dolenti del sistema calcio italiano: la Serie C. Negli ultimi anni, tra fallimenti, ripescaggi, penalizzazioni e ritiri in corsa, è stato difficile trovare un campionato di Serie C che abbia avuto lo stesso numero di partecipanti per due stagioni di fila.
Appare evidente che la struttura attuale, che prevederebbe ben 60 società professionistiche suddivise in tre gironi, non è sostenibile.
L’idea più radicale è quella di un girone unico di Serie C da 18 squadre, a cui farebbe seguito una Serie C2 semiprofessionistica. Ma, per quanto la riduzione delle squadre nella terza serie sia un provvedimento che tutti vedono come necessario, una riforma così radicale lascia tutti perplessi.
L’idea di sviluppare il campionato su base nazionale metterebbe sul tavolo troppe trasferte lunghe, rischiando così di penalizzare le presenze negli stadi, e potrebbe risultare in un grande squilibrio di rappresentazione territoriale, concentrando la maggior parte delle squadre in zone già di per sé ricche di società calcistiche di alto profilo (soprattutto se la presenza delle seconde squadre dovesse allargarsi oltre a Juventus e Atalanta).
Potrebbe essere possibile ridurre il numero di squadre partecipanti, anche fino a 16, ma mantenendo la struttura in tre gironi presente oggi. In termini di indebitamento complessivo del sistema calcio, però, bisogna anche considerare che 20 squadre di Serie B pesano in pratica come 1 di Serie A.