Quando Renato Gaucho Portaluppi atterra a Trigoria in elicottero è in ritardo di cinque anni sull’uscita del primo Cinepanettone dei fratelli Vanzina: Vacanze di Natale.
È estate, certo, ma la sostanza non cambia. Portaluppi ha un capello da Paninaro milanese, lo sguardo da attore anni Ottanta e le movenze lente e sornione di un Boldi o un De Sica.
Il presuntuoso Renato
I tifosi della Roma, sulle prime esaltati per l’acquisto del talento ex Gremio e Flamengo, lo ribattezzeranno “er Moviola”. Almeno per le prestazioni in campo, perché basandosi su quelle extra-campo Portaluppi è un goleador. Di donne, Portaluppi, crede «di averne avute almeno mille, una volta ho fatto l’amore anche in panchina dopo un allenamento».
È un giocatore d’altri tempi, in tutti i sensi. È il terzo di tredici figli e perde il papà quando non ha nemmeno dieci anni. Lavora come panettiere quando ne ha 13, e a 15 è già un prospetto del calcio brasiliano – nelle giovanili dell’Esportivo.
Nel 1982, quando ha 20 anni esatti, passa al Gremio – all’epoca un top club. E col Gremio, che ora naviga nelle basse acque del calcio brasiliano, vincerà una Copa Libertadores da allenatore nel 2017. Al mondiale per club, ne sparerà una delle sue prima di incontrare il Real Madrid in finale (poi persa): «Sono stato un giocatore migliore di CR7, non ho dubbi. Io ero più tecnico e completo. Troppo facile nel Real: se avesse giocato nei miei club, senza prendere quattro mesi di stipendio, cosa avrebbe fatto?».
A CR7 però Portaluppi ci assomigliava davvero poco. Era lento, lentissimo. Era un dribblomane, ciò che potrebbe avvicinarlo ad un Riquelme. Ma non aveva quella visione di gioco.
Alto 185 centimetri, pesante 85 kili, Portaluppi è più sguardi e ammiccamenti, più bevute ai Castelli che giocatore di pallone. La sua fortuna, ma questo non lo dirà mai, è di essere stato calciatore professionista in un’epoca che ha reso iconici gli scansafatiche. Altro che professionismo, quello di Portaluppi era lassismo puro. Lassismo palla al piede, e bocce ai piedi (sic).
Al Gremio, certo, meno al Flamengo dove vive la sua belle époque di calciatore.
Renato: un Gullit bravo quanto Maradona
Quando arriva alla Roma in elicottero (a Trigoria), Liedholm lo accosta a Gullit (ahi), mentre il Guerin Sportivo gli dedica la prima pagina di quel mese scrivendo: “Re Nato”. I tifosi della Roma, inclini all’ironia e adusi alle delusioni, scriveranno su uno striscione leggendario qualche mese dopo: “A Renato, ridacce Cochi”, chissà se il brasiliano avrà capito (no) il gioco di parole, dedicato al duo comico formato da Pozzetto-Ponzoni.
Di sicuro, non se lo sarà fatto spiegare dai compagni di squadra Massaro e Giannini, con cui – gira voce – ha più di qualche diverbio.
Era stato comprato per non far rimpiangere Boniek, se ne è andato facendo rimpiangere pure i portaborracce. «Vedendolo atterrare pensammo: qui è arrivato un fenomeno. Si parlava di Renato Portaluppi come di un giocatore straordinario e quell’arrivo in elicottero fece clamore. Infatti un po’ tutti dissero: è arrivato uno che trascinerà la Roma, un grande campione», ricorda Bruno Conti.
E forse se lo ricordano anche i duemila tifosi lì presenti e festanti: “Con Renato Portaluppi so finiti i tempi cupi!”, cantano in coro i tifosi giallorossi.
A quei tifosi, Portaluppi non dedica nemmeno un palleggio. Sinistro presagio di una sinistra esperienza. Il presidente Viola non ha dubbi, e rincara la dose: “Renato è il primo rinforzo giallorosso di questa stagione, la pietra miliare per un nuovo gioco. Basta con il gioco atletico, soltanto agonistico. Il calcio è bello per la fantasia, la classe, e Renato ne è uno dei massimi rappresentanti. Con un torello come Rizzitelli vicino e un altro grosso acquisto, la Roma sarà di nuovo grandissima. Sarà la nostra stella, come Gullit per il Milan, con la differenza che lui è bravo quanto Maradona”. Ahi, di nuovo.
“Tutti mi dicono che bisogna avere paura del Milan, ma io non temo nessuno, afferma lo stesso Portaluppi. Rispetto tutti i miei avversari, ma sono abituato a vincere e a superare tutti gli ostacoli, e così voglio fare anche a Roma. Giocherò in una squadra da Scudetto perché so di avere compagni di squadra molto forti. Il Napoli ha Careca ed Alemão, ma io non temo i nomi, come non temo le chiacchiere sul mio conto”.
Fallimento e incomprensioni
È una costante dei bidoni: far seguire alle magnificenti promesse una desolante realtà.
La Roma finirà quella stagione in ottava posizione con 34 punti (è il primo anno con 18 squadre). Liedholm lo posizionerà accanto a Voller e poi sulla fascia, dove si perderà tra una donna e una pinta.
Nelle gerarchie del suo allenatore, Portaluppi viene superato da Rizzitelli e Massaro dopo appena sei giornate. L’ex Gremio è protagonista unicamente in Coppa UEFA, quando il 12 ottobre dell’88 trascina la Roma segnando in Germania il 3-1 con cui i giallorossi eliminano il Norimberga ai trentaduesimi di finale.
Dopo quel gol, Portaluppi si farà espellere per la fatal-combo fallaccio + proteste reiterate nei confronti dell’arbitro.
Tornando in Brasile tanto mogio quanto trionfalmente vi era partito, giustificherà il suo fallimento a Roma accusando il Principe: “Alla Roma mi ha rovinato Giannini, mi si è messo contro. In Serie A ci sono calciatori che tecnicamente non giocherebbero neanche nella B brasiliana. Perché non si è visto il vero Renato in Italia? Chiedetelo a Massaro e a Giannini che non mi passavano mai la palla. Come potevo mettermi in evidenza se ero escluso dal gioco? A questi due elementi aggiungerei il Presidente Viola che non mi ha mai difeso”.
Forse Portaluppi si dimentica l’inizio del film. In perfetto stile Cinepanettone.